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Il terzo genere nelle diverse culture
Non vogliono passare per donne, ma si identificano con Hirja, loro non sono uomini che vogliono essere donne (diverso dai transessuali MtF, che essendo nati biologicamente maschi e avendo un'identità di genere femminile vogliono fare la transizione al genere femminile e una volta fatta vogliono essere considerate delle donne).
Un altro terzo genere è presente negli indiani d'America, che cambia il nome a seconda della tribù, caso di Wewha, faceva parte del terzo sesso degli Zuni che si definisce "Ihamana". Gli appartenenti a questo terzo genere sono bambini biologicamente maschi del tutto normali che verso 3-4 anni di età sviluppano un'identità di genere in direzione femminile (i pellerossa attribuiscono il genere verso 5-6 anni e non alla nascita come avviene da noi, fino a quel periodo il bambino ha un genere neutro, poi viene attribuito il genere non solo sulla componente biologica ma anche da come si comporta e da altri segni).
Anche se la maggior parte è coerente col sesso biologico). Quindi il terzo genere è composto da uomini biologici, che hanno le caratteristiche di propensione femminile (si comportano e si vestono come donne) e hanno capacità spirituali particolari e all'interno della società Zuni hanno un elevato status sociale poiché hanno particolari doti. Queste persone non vogliono passare per donne ma si identificano nel terzo genere. Si possono sposare con maschi, che all'interno della società vengono accettati e non vengono considerati omosessuali perché seguono la classica visione che finché un maschio è attivo dove lo mette è irrilevante e quindi è maschio, il problema è quando è passivo. Il concetto di omosessualità nei pellerossa non è contemplata, poiché per loro non lo è. (il transessuale, tecnicamente, è solo quello che ha fatto riattribuzione di genere completa,
modificando anche i loro genitali, non solo cambioparziale). All’inizio del 700, Lord Cornbury si presentava vestito da donna alle cerimonie, ma non può essere considerato disforia poiché all’epoca una persona di classe elevata poteva concedersi qualche stranezza. Il cavaliere D’eon, aristocratico francese, amava molto spesso assumere un’identità femminile e quando fuggì in Inghilterra mantenne un’identità femminile fino alla morte. Il trio Billy Tipton, Billy Tipton in realtà era una donna. il generale dell’esercito inglese James Berry, si scopri alla morte che era una donna. Le dame di Loden, due donne aristocratiche lesbiche che vivevano insieme si presentavano vestite dalla vita in sue da uomini, mentre in giù da donne. Quindi ciascuno di noi sviluppa un’identità di genere, talvolta non congruente al genere assegnato, talvolta va in una direzione opposta a quello assegnato o verso qualcosa di nuovo.Di diverso. Solitamente i bambini fissano la loro identità di genere verso 3-4 anni e riescono a riconoscere i generi e sanno a quale genere appartengono, tanto è vero che la disforia di genere in età evolutiva sorge a questa età. E diventano via via sempre più bravi a recitare il ruolo di genere, a adeguarsi alle aspettative culturali relative al ruolo di genere, i maschi si comportano sempre più da maschi e le femmine sempre più da femmine. La questione scientifica riguarda il fatto: questa identità di genere che sviluppiamo, dipende dal fatto che alla nascita siamo stati attribuiti a un determinato genere e quindi ci adeguiamo alle aspettative dei genitori e delle altre persone che comportandosi nei nostri confronti, in base al fatto che siamo detti maschi o femmine, si comportano nei nostri confronti in maniera con un doppio standard (nei maschi si aspettano che facciano determinate cose e anche premiano i comportamenti considerati
adeguati rispetto al genere o puniscono i comportamenti non ritenuti adeguati rispetto al genere). Ovviamente ci sono delle pressioni anche da parte dei genitori, cercando di impostare un determinato ruolo di genere, che portano inevitabili conseguenze (gli uomini non devono esprimere emozioni, solo rabbia; mentre le donne tutte le emozioni più tenere tranne la rabbia). Quindi cosa può accadere, c'è una base fondamentale di apprendimento oppure tutto deriva dalla biologia? Cioè se ho un cervello maschile e va una in una certa direzione, se ho un cervello femminile va in un'altra direzione. Fondamentalmente, il fatto che i maschi abbiano certe predisposizioni è dato dal fatto che il cervello maschile è stato esposto a certi ormoni durante il periodo fetale e il cervello delle donne non è stato esposto a questi ormoni in età fetale. Il dibattito su questo è stato molto acceso, finché non è uscito il libro diApparente soluzione, di Money e Ehrhardt, uomo donna ragazzo ragazza. Questi due sessuologi si erano occupati di riattribuzioni di sesso precoci (bambini e bambine che per alcuni motivi sono stati riattribuiti al genere opposto), dissero che semplicemente passare dall'allevare un bambino come se fosse una bambina, o viceversa, modificava in modo completo e adeguato l'identità di genere del bambino o della bambina e in questo modo c'era uno sviluppo dell'identità di genere e del ruolo di genere in modo adeguato. Quindi l'apprendimento del ruolo di genere era la cosa più importante, la componente biologica non aveva nessuna rilevanza. (Non si può fare completamente tutto quello che si vuole però tutto dipende da come uno viene allevato). Il famoso Caso di David Rimer citato da Money di un gemello omozigote maschio che aveva avuto un incidente chirurgico durante la circoncisione e subito un'amputazione del pene e quindi
Riattribuito al sesso femminile, dopo castrazione e terapia ormonale sostitutiva alla pubertà, con una femminilizzazione che era stata considerata molto ben riuscita sotto tutti i punti di vista. Ciò avrebbe dimostrato l'importanza dei fattori di allevamento e culturali nella costruzione dell'identità di genere, in opposizione alla mascolinizzazione ormonale pre e post Natale fino al momento della castrazione. Ma si è appurato che il soggetto in questione, ormai più che trentenne, era tornato all'identità maschile. Negli anni a seguire, dopo l'articolo di Diamond che revisionò gli studi principali di Money, la sessuologia mutò in direzione del fatto che è vero che l'apprendimento delle esperienze è importante ma che l'organizzazione cerebrale in seguito all'androgenizzazione che avviene in età fetale e la definitiva androgenizzazione in età adolescenziale è importante.
Perciò attualmente si ritiene che la fissazione dell’identità di genere e l’elaborazione del ruolo di genere siano basati su predisposizioni biologiche su cui si innestano apprendimenti legati alla cultura. Alcune predisposizioni sono puramente biologiche come la predisposizione delle donne a maggiori capacità verbali e gli uomini a maggiori capacità spazio-temporali, sono determinati dalla biologia. Da un punto di vista psicologico, secondo Freud, si ritiene che la persona impari il ruolo di genere attraverso il processo di identificazione, l’identificazione è l’assimilazione di un Io a un Io estraneo. In conseguenza della quale il primo Io si comporta sotto determinati riguardi come l’altro, lo imita, lo accoglie in certo qual modo in sé. Freud sostiene che il bambino si dovesse identificare con il genitore del solito sesso, e imparasse a comportarsi in quel modo. Kohlberg, psicologo dello sviluppo, sosteneva che il puntoFondamentale non era tanto l'aspetto del complesso edipico, che portava il bambino a identificarsi con il padre e poi diventare rivale del padre per l'amore della madre, la bambina identificarsi con la madre e poi diventare rivale della madre per contendersi l'amore del padre. Dice che l'elemento centrale è l'attribuzione del bambino a un determinato genere alla nascita. È quello l'elemento centrale, non il complesso edipico. Nel momento in cui il bambino capisce di essere attribuito a un genere, di conseguenza si identifica con il genitore dello stesso sesso, non per lo sviluppo del complesso edipico ma perché ha imparato che gli è stato attribuito quel genere (del padre o della madre) e quindi l'identificazione è la conseguenza dell'attribuzione. Quindi la caratterizzazione sessuale non viene considerata risultato dell'identificazione, ma questa sarebbe la conseguenza della formazione della tipologia sessuale.
Tali autoconcetti del bambino a proposito del suo ruolo sessuale sono stabilizzati verso i 5-6 anni e producono valori e atteggiamenti caratterizzati secondo il sesso. Money ed Ehrhardt sottolineano un altro aspetto, noi non solo ci identifichiamo con il genitore del nostro sesso ma abbiamo un comportamento complementare (concetto di complementarietà) rispetto al genitore dell'altro sesso (cerchiamo di fare quello che fa il genitore del nostro stesso sesso e cerchiamo di non fare quello che fa il genitore di sesso opposto), quindi utilizziamo i genitori come dei modelli, uno positivo e uno negativo (se sono un maschio devo fare quello che fa papà e non quello che fa la mamma). Quindi c'è anche un modello negativo che ci indica i comportamenti che non dobbiamo fare e uno positivo che ci dice quello che dobbiamo fare, perciò l'apprendimento è più completo. Sulla base di questo dato, sul fatto dell'identificazione della complementarietà,
Nascono dei dubbi circa l'omogenitorialità, se i genitori sono entrambi dello stesso genere ci può essere un'identificazione, se il figlio è dello stesso genere dei genitori c'è l'identificazione ma manca la complementarietà, se il figlio è del genere opposto a quello dei genitori manca un modello del proprio genere (nel caso siano tutti e 3 maschi manca un modello complementare), ed è una delle critiche che vengono solitamente attribuite all'allevamento di bambini da parte da coppie dello stesso sesso. In taluni casi manca il modello con cui identificarsi, talvolta il modello complementare da usare come modello negativo. Sono stati fatti degli studi in questo senso, i dati emersi indicano come i figli delle coppie omogenitoriali (soprattutto figli di coppie lesbiche) abbiano identità di genere congruenti con il proprio genere attribuito alla nascita ma hanno ruoli di genere meno rigidi, più elastici.
(possono giocare con giochi maschili o femminili) perciò sono meno stereotipici nel ruolo di genere, e ciò non è negativo anzi. In sessuologia si ritiene che tanto meno sono rigidi e stereotipati i ruoli di genere e tanto meglio è.