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DISTURBO DEL DESIDERIO SESSUALE E DELL’ECCITAZIONE SESSUALE FEMMINILE
Il modello del ciclo della risposta sessuale di Master e johnson (eccitazione, plateau, orgasmo, risoluzione) è
detto “lineare” e non prevede una fase del desiderio.
È stata Kaplan a distinguere la fase dell’eccitazione e quella del desiderio, sebbene non consideri il disturbo
del desiderio; inoltre nella femmina femmina l’eccitazione sessuale fisiologica (oggettiva) può essere
indipendente da quella psicologica (soggettiva), aspetti che invece nel maschio sono in genere appaiati.
Più recentemente (2002) la Basson ha proposto un modello di risposta sessuale femminile (originariamente
era stato proposto per entrambi i generi) di tipo “circolare”, per cui ci può essere prima eccitazione e poi
desiderio.
Nel DSM-IV vi era una distinzione tra
- il Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo femminile,
- il Disturbo dell’eccitazione sessuale femminile (in cui si faceva riferimento solo all’eccitazione
fisiologica),
- l’Anedonia sessuale (considerata una Disfunzione sessuale non altrimenti specificata).
Basandosi sul modello della Basson – che comunque non gode ancora di ampie conferme scientifiche -
questi tre disturbi sono stati riuniti nel DSM-5 nell’unica categoria del “Disturbo del desiderio sessuale e
dell’eccitazione sessuale femminile”.
Vi sono tuttavia alcuni aspetti positivi nella concettualizzazione del disturbo operata dal DSM-5. Un
vantaggio della nuova diagnosi è quello per cui è venuto meno il focalizzarsi unicamente sulla lubrificazione
come parametro per la diagnosi; tuttavia adesso gli aspetti relativi alla lubrificazione non vengono
nemmeno contemplati come sintomi. Inoltre uno dei criteri unisce “eccitazione/piacere”, quando queste
sono condizioni diverse, soprattutto nella femmina in cui eccitazione oggettiva e soggettiva possono essere
dissociate.
Nell’ICD-11 invece la Disfunzione da desiderio sessuale ipoattivo (senza specificazione per il genere) e la
Disfunzione dell’eccitazione sessuale femminile rimangono distinti.
Diagnosi
Criterio A: presenza di almeno tre fra le seguenti condizioni problematiche:
- assenza o riduzione dell’interesse per le attività sessuali,
- assenza o riduzione di pensieri e fantasie erotiche,
- assenza o riduzione del prendere l’iniziativa nel rapporto sessuale e rifiuto delle iniziative del partner,
- assenza o riduzione dell’eccitazione/piacere in tutti o quasi i rapporti sessuali,
- assenza o riduzione del desiderio e/o dell’eccitazione in risposta a possibili stimoli erotici esterni o interni,
- assenza o riduzione delle sensazioni genitali e non in quasi tutti i rapporti sessuali.
Tale disturbo deve presentarsi da almeno sei mesi, deve creare disagio significativo, non deve essere
imputabile a un altro disturbo mentale non sessuale, dall’effetto di farmaci o da altre condizioni
mediche.
Diagnosi differenziale
Disturbo dell’orgasmo femminile: in questo disturbo la fase dell’eccitazione è presente.
Disfunzione sessuale indotta da sostenze/farmaci: in questo caso la mancanza di lubrificazione (intesa come
aspetto organico, a prescindere da desiderio e eccitazione) è chiaramente dovuta all’assunzione di sostanze
o di farmaci.
Asessualità.
Prevalenza
Non esistono dati certi riguardo a questo disturbo.
Eziopatogenesi desiderio ipoattivo
Per quanto riguarda il le cause sono riconducibili in buona parte a quelle del Disturbo
del desiderio sessuale ipoattivo maschile, tra le quali
- ansia da prestazione,
- fattori di rischio affettivi o relazionali (esperienze negative precoci, bassa soddisfazione o conflitti di
coppia),
- convinzioni religiose,
- personalità ossessivo-compulsiva (caratterizzata da perfezionismo e poco interessata agli aspetti
ludici della sessualità),
- fobie sessuali specifiche (in questo caso il disturbo del desiderio è secondario a un disturbo da
avversione sessuale),
- timore di avere o di indurre una gravidanza,
- sindrome del vedovo (quadro depressivo che colpisce generalmente i maschi ed è legata al fatto di
sentire di non avere ancora elaborato il lutto con la precedente moglie dal sentirsi quindi in colpa
per il fatto di “tradirla” con nuove partner),
- preoccupazioni per l’invecchiamento (legato al fatto che il soggetto ritiene che il suo fisico non sia
più desiderabile e all’altezza di eccitare il partner),
- stress e affaticamento (in questi casi occorre distinguere se lo stress non sia una scusa per evitare la
sessualità; in questi casi la durata dei sintomi costituisce un indicatore sufficiente in quanto i
periodi di stress sono limitati temporalmente),
- mancanza di attrazione verso il partner (può essere anche dovuto a aspetti come il partner che
inizia a fumare o modifica il suo aspetto radicalmente),
- scarse abilità sessuali del partner (a volte esistono persone effettivamente goffe o che hanno
convinzioni strane),
- differenze circa il grado di vicinanza ottimale reciproca (sono gli aspetti legati all’intimità e alla
condivisione, aspetto tipicamente femminile, legato spesso a abusi subiti o visti o a traumi in
relazioni passate),
- conflitti coniugali e soluzioni passivo-aggressive degli squilibri di potere (il controllo della sessualità
diventa un mezzo per manipolare o punire il partner).
disturbo dell’eccitazione
Per quanto riguarda il sicuramente un’influenza significativa ce l’ha l’ansia, anche
se non è chiaro il funzionamento riguardo all’eccitazione può dipendere da vari fattori.
Nei soggetti non ansiosi l’ansia infatti fa salire l’attivazione seguendo la curva della legge di Yerkes-Dodson
e in generale comunque ha meno effetti negativi sull’eccitazione, mentre in quelli ansiosi crea una risposta
estrema che fa diminuire l’eccitazione sessuale.
Inoltre l’ansia ha effetto nelle femmine soprattutto sull’eccitazione psicologica (soggettiva), mentre
quella fisiologica (oggettiva), rappresentata dalla lubrificazione, è meno suscettibile, confermando la
divisione di questi due aspetti nella femmina e l’importanza della dimensione cognitiva nella risposta
sessuale.
Per spiegare l’equilibrio tra eccitazione e inibizione sessuale è stato introdotto il “modello del doppio
controllo”. Secondo questo modello eccitazione e inibizione sarebbero due aspetti che si equilibrano a
vicenda: l’eccitazione è una risposta sessuale, mentre l’inibizione blocca l’azione nelle situazioni in cui il
comportamento sessuale è pericoloso o inappropriato. Individui con bassa propensione all’eccitazione
sessuale e alta propensione all’inibizione sessuale sarebbero più predisposti a sviluppare dei disturbi
sessuali rispetto agli individui che mostrano tendenze opposte.
Problemi di eccitazione possono essere conseguenti anche a fobie sessuali specifiche, a un rapporto vissuto
con ansia o a conflitti di coppia anche di tipo non sessuale.
Trattamento
L’unione dei due disturbi operata dal DSM-5 pone anche il problema della specificità del trattamento per
una specifica diagnosi, aspetto necessario in quanto si tratta di disturbi molto diversi tra loro; se il Disturbo
del desiderio sessuale ipoattivo ha una prognosi discreta, il Disturbo dell’eccitazione sessuale e l’Anedonia
sessuale hanno una prognosi difficile.
desiderio ipoattivo
Per quanto riguarda il il trattamento è simile a quello maschile.
Si tratta dunque di affrontare il problema come un problema di coppia, analizzando innanzitutto quali
potrebbero esserne le cause alla base.
Spesso è importante lavorare anche sul recupero dell’espressione dell’affettività; spesso infatti il partner a
basso desiderio sessuale evita le manifestazioni di affettività perché teme che possano essere scambiate
per avance sessuali, mentre il partner a desiderio normale tenta di coinvolgere il partner con manifestazioni
più pacate ma questi non risponde perché sa che è solo un modo più indiretto di iniziare un approccio
sessuale. Questi meccanismi devono essere chiariti e portati alla luce, invitando la coppia a riprendere tali
manifestazioni affettuose.
Si deve lavorare inoltre sulle convinzioni riguardanti i ruoli sessuali attribuiti a se stessi e al partner e sulle
concezioni errate a proposito della sessualità (sesso come peccato, sesso come sporco, sesso come mezzo
di punizione o di ricatto, sesso come prestazione, sesso come spontaneità e naturalezza, ecc.).
Si può fare anche la cosiddetta “terapia di stimolazione” in cui si cerca di incoraggiare e stimolare le
fantasie sessuali attraverso la visione di materiali erotici; non è infrequente che le persone ritengano
anormali le loro fantasie o che comunque considerino disdicevole abbandonarsi a fantasie sessuali durante
il rapporto con i proprio partner, come se fosse una sorta di tradimento. In questo caso si può normalizzare
il fatto di utilizzare fantasie erotiche durante il rapporto, per esempio per un effetto Coolidge, o anche
perché nelle fantasie spesso le figure non sono specifiche.
Infine si può applicare il modello di LoPiccolo per il Disturbo da desiderio ipoattivo maschile e che
comprende quattro fasi in cui si lavora sul saper riconoscere gli aspetti positivi, sulla la genesi di quelli
negativi, sull’immagine di sé e gli schemi di comportamento e sulle fantasie.
disturbo dell’eccitazione
Il è spesso difficile da trattare.
Kegel ha ipotizzato che questo disturbo potrebbe essere causato da un ipotono dei muscoli del pavimento
pelvico che fanno sì che la vagina non aderisca bene al pene durante la penetrazione; per questo motivo il
primo trattamento si inizia provando a far fare gli esercizi di Kegel, ma in genere non hanno successo.
Poi si passa a vedere se la femmina per caso non usa fantasie erotiche e nel caso si può fare una “terapia di
stimolazione” come per il disturbo del desiderio.
In femmine particolarmente inesperte si può fare un training insegnando la masturbazione o
recuperandone l’uso.
Si può fare focalizzazione sensoriale.
In alcuni casi ci possono essere fobie sessuali specifiche (nel DSM-IV era presente il Disturbo di avversione
sessuale che nel DSM-5 è finito tra le Disfunziono sessuali con altra specificazione). In tal caso si usano
procedure di esposizione graduata, con molta gradualità perché spesso nelle fobie sessuali è coinvolto il
disgusto e non solo l’ansia.
Ci possono essere problemi legati a incompetenze sessuali, di comunicazione o di coppia.
La terapia locale con estrogeni è particolarmente indicata per le femmine con atrofia vulvovaginale (da
menopausa o dopo isterec