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Tassonomia di eventi casuali
1. Un evento è casuale perché non conosciamo con assoluta precisione le condizioni iniziali relative alle cause che lo hanno fatto accadere, come nel caso del lancio del proiettile.
2. Un evento è casuale perché non conosciamo le sue cause ma qualora le conoscessimo lo potremmo trattare in modo deterministico.
3. Un evento è casuale perché crediamo che non ci siano cause, come affermano alcuni sostenitori dell'interpretazione della meccanica quantistica secondo cui questa teoria è probabilistica perché il mondo è ontologicamente tale.
4. Un evento è casuale perché non potevamo prevedere l'intersezione fra due catene casuali, come accade quando cade un vaso in testa a qualcuno mentre sta camminando per strada.
5. Un evento...
è casuale perché la direzione del processo cui esso partecipa non è determinata: la teoria darwiniana afferma che l'evoluzione è casuale esattamente in questo senso. 6. Un evento è casuale perché vi è un numero talmente alto di cause che non riusciamo a determinarle analiticamente e siamo costretti a ricorrere alla probabilità, come accade quando trattiamo gli urti fra i componenti di una cellula. 7. Un evento è casuale perché la sua realizzazione e la realizzazione delle sue alternative sono equiprobabili, come nel caso del lancio di una moneta in cui l'uscita di ognuna delle due facce è equiprobabile. DICOTOMIA INNATO/APPRESO Le dicotomie natura/cultura e innato/appreso consistono nell'idea che ci siano degli aspetti diversi: alcuni aspetti della vita sono riconducibili ad un piano genetico, altri invece determinati da influenze di carattere socio culturale, che quindi non sono naturali. L'espressioneinnato evoca la determinazione genetica di un carattere fenotipico. Un fenotipo si manifesta perché diretta produzione di un genotipo. Innato -> determinato geneticamente, non sono necessari fattori ambientali. Fenotipo -> determinato geneticamente. Questa dicotomia oppone ciò che è innato (nel nostro caso determinato geneticamente, ma innato in termini generali significa presente fin dalla nascita) a ciò che è appreso, acquisito (il fatto che esistano dei tratti psicologici che sono frutto di apprendimento, di acquisizione in un determinato ambiente a seguito di interazioni sociali). La psicologia evoluzionistica ha cercato di sfumare questa dicotomia: un comportamento non si può classificare esclusivamente come innato o appreso ma è piuttosto il frutto di una storia evolutiva nella quale aspetti filogenetici e input ambientali hanno contribuito inegual misura. Un carattere fenotipico è un adattamento quando favorisce lasopravvivenza e le capacità riproduttive di un individuo in un determinato ambiente. Un adattamento è una risposta ad un input ambientale, una pressione, quindi non possiamo fare a meno di includere gli aspetti ambientali. Quando una mutazione morfologica avviene a seguito di una mutazione casuale sul piano genetico, se questa aumenta la fitness (grado di adattamento all'ambiente), allora questo carattere viene ereditato perché gli individui che lo hanno sopravviveranno maggiormente di quelli che non lo hanno o si riprodurranno maggiormente. Di conseguenza, statisticamente aumenta il numero di individui che hanno quel carattere. L'ambiente è fondamentale per lo sviluppo di caratteri fenotipici, inclusi quelli del comportamento. Evoluti e appresi non sono opposti, ma uno include l'altro, c'è una combinazione di fattori genetici e fattori ambientali, quindi la dicotomia non esiste. Del resto, se cercassimo di avanzare una definizione precisa dicarattere biologico innato ci troveremmo davanti a delle difficoltà. Tra le definizioni proposte troviamo (da Boniolo, Giaimo 2008):- Influenza genetica dei fenotipi -> Un fenotipo è innato se e solo se nient'altro che i geni contribuiscono al suo sviluppo. La manifestazione di un certo tratto è tale solo ed esclusivamente perché così è codificato dai geni. A questa definizione si può sollevare l'obiezione avanzata da Buss vista prima: non esistono caratteri fenotipici per il cui sviluppo non sia richiesto un fattore ambientale. Tutto lo sviluppo ontogenetico e filogenetico di un individuo è caratterizzato da un'interazione tra organismo e ambiente (il meccanismo si attiva in risposta ad un input ambientale).
- Influenza dell'evoluzione sui fenotipi -> Un fenotipo è innato se e solo se è un adattamento darwiniano. Darwin stesso utilizza la parola 'innato' in questa accezione,
modularità dei fenotipi -> Abbiamo detto che, secondo la psicologia evoluzionistica, i moduli che definiscono l'architettura della mente sono innati. Possiamo definire innato un carattere cognitivo se questo è identificabile con uno specifico modulo? Anche in questo caso si può replicare, come fanno molti psicologi evoluzionistici, che i moduli si evolvono attraverso diversi processi di sviluppo, inclusi i processi ambientali. I processi psicologici si sono formati a seguito di stimoli ambientali.
GLI ALGORITMI E LA MACCHINA DI TURING
Già filosofi come Hobbes e Leibniz avevano avanzato la supposizione che il pensiero avesse natura meccanica. Alan Turing si inserirà in questa tradizione.
L'idea guida è che un determinato comportamento intelligente può essere meccanicamente portato a termine se il compito viene scomposto in una successione di passi, ciascuno dei quali è ben specificato, privo di ambiguità e
Analizzeremo l'approccio classico di Donald Knuth.
Secondo l'approccio classico di Donald Knuth (The Art of Computer Programming. Addison-Wesley. 1973) un algoritmo è una successione finita di istruzioni che soddisfa cinque importanti proprietà:
- Finitezza: un algoritmo deve sempre terminare dopo un numero finito di passi.
- Definitezza: ogni passo di un algoritmo deve essere definito con precisione; le azioni da svolgere devono essere specificate in modo rigoroso e inequivocabile per ciascun caso.
- Input: un algoritmo ha 0 o più input.
- Output: un algoritmo ha 0 o più output.
- Effettività: le operazioni dell'algoritmo devono essere sufficientemente elementari tali da poter essere svolte in un tempo finito da un essere umano utilizzando carta e penna.
Un algoritmo è dunque un metodo effettivo, ovvero un metodo che consente di giungere sempre alla soluzione di un problema, passo dopo passo, senza far ricorso all'intuizione.
Questo scopo le istruzioni devono essere elementari, cioè atomiche, non ulteriormente scomponibili e inequivocabili. I passi devono essere finiti proprio per garantire il raggiungimento della soluzione al problema.
Non tutti gli algoritmi operano su input numerici. Pensiamo all'insieme delle istruzioni che un navigatore ci fornisce per raggiungere una meta a cominciare da un luogo di partenza. È facile constatare le istruzioni di un navigatore soddisfano la definizione di algoritmo data sopra.
Per considerare un esempio più preciso, consideriamo il seguente problema:
Determinare se una parola è palindroma, ovvero se può essere letta da sinistra verso destra e da destra verso sinistra.
Proviamo a pensare ad un algoritmo per la soluzione di questo problema.
Algoritmo per determinare se una parola è palindroma:
Input: una parola
Output: 'sì' se la parola è palindroma, 'no' se non lo è
Istruzioni:
1. Se la prima lettera
Il problema, è diversa dall'ultima, termina con output 'no', altrimenti, se vi sono almeno due lettere rimaste, cancella la prima e l'ultima lettera e ripeti l'istruzione 12. Se non vi sono lettere rimaste, o se ne è rimasta una sola, termina con output 'sı'.