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COMUNICARE NOTIZIE DIFFICILI

Perché è importante farlo bene?

  • Perché i pazienti e i loro famigliari desiderano e si aspettano che gli operatori sanitari informino sulle cattive notizie con chiarezza e con partecipazione.
  • Perché i pazienti e i loro famigliari si ricordano il momento in cui viene comunicata loro una cattiva notizia per il resto della loro vita e la modalità di comunicazione impatta l'elaborazione del lutto.
  • Perché giudicano la qualità delle cure in base a una buona comunicazione (informazioni chiare, sensibilità, partecipazione) (Mack et al, 2005).
  • Perché è parte del lavoro dei professionisti sanitari. Il colloquio di comunicazione di cattive notizie è "asimmetrico", siamo noi i responsabili della conduzione.
  • Perché è parte della deontologia professionale.
  • Perché le patologie oncologiche, cronico-degenerative, disabilitanti sono in aumento.
sarete più soddisfatti. Perché è difficile? Paura di generare dolore Paura di esprimere le proprie emozioni Paura di essere accusato Paura del fallimento terapeutico Paura di ciò che non è stato insegnato Paura di non saper rispondere Paura di scatenare una reazione ingestibile Paura della morte (Buckman, 1984) Strategie spontanee di gestione delle cattive notizie: - Nel comunicare cattive notizie molte volte purtroppo ci viene spontaneo: - dare poche informazioni; - rassicurare. SPIKES: UN PERCORSO IN SEI PASSI (Buckman) 1) Setting: creare un contesto adeguato e avviare il colloquio 2) Perception: esplorare che cosa sa il paziente 3) Invitation: capire quanto desidera sapere il paziente 4) Knowledge: condividere le informazioni 5) Emotions: gestire i sentimenti 6) Strategy/Summary: offrire un piano 1. Avviare il Colloquio - Prepararsi - Creare un contesto adeguato, Dove? - Chi deve essere presente (medico, infermiere?) - Sec’è un visitatore chiedere il ruolo: <q>Lei è un parente della signora Rossi?</q>2. Esplorare che cosa il paziente sa<ul><li>Che cosa le ha detto il medico rispetto alla malattia?</li><li>Lei come sta oggi?</li><li>Come ha affrontato la malattia finora?</li></ul>3. Esplorare che cosa il paziente desidera sapere<ul><li>Raccogliere informazioni dai precedenti colloqui: <q>Se dovesse emergere qualcosa di serio, lei desidera sapere esattamente cosa succede?</q></li><li>Chiedere il permesso di condividere le informazioni (o se si vuole comunicare a un famigliare): <q>Vuole che le dia i dettagli della sua situazione o c’è qualcuno con cui lei preferisce che io parli?</q></li><li>Chiedere quante informazioni vuole sapere</li></ul>4. Informare<ul><li>Dare il colpo di allerta</li><li>Dare le informazioni a piccoli pezzi.</li><li>Usare un linguaggio semplice, i disegni sono utili</li><li>Verificare spesso la comprensione del paziente e chiarire</li><li>Ascoltare e raccogliere l’agenda del paziente</li></ul>

paziente• Cercare di integrare la nostra agenda con quella del paziente

5. Rispondere ai Sentimenti del Paziente• Identificare e «riflettere» le reazioni del paziente - Empatia• Consentire silenzio e lacrime, evitando l’urgenza di parlare per superare la propria difficoltà.• Non promettete nulla che non potete mantenere• Rassicurare sul fatto che il paziente non verrà abbandonato

6. Pianificare e accompagnare• Pianificare azioni future• Stabilire un accordo e rispettarlo

VA BENE MOSTRARE LE MIE EMOZIONI?

- La maggior parte dei famigliari considera l’espressione di emozioni da parte dei clinici come segno di cura.

- Il nostro compito sarà quello di:

• Monitorare e osservare cosa ci si muove dentro

• Cercare momenti per processare e comprendere le nostre emozioni(Meyer et al., 2002)

E di fronte ai sentimenti dei pazienti?

• Offrire legittimazione ed empatia“… Deve essere difficile per

lei...”“Credo che possa sembrarvi un terribile brutto sogno...”“Vedo che è un momento davvero difficile...”• NON comportarsi così…“Capisco come si senta…”“È successo anche a me un’esperienza simile…”• Contatto fisico• Silenzio

EMPATIA- Per empatia si intende la capacità di comprendere i sentimenti e lo schema di riferimento del paziente e di comunicare questa comprensione.“…to sense the client's private world as if it were your own, but without ever losing the “as if” quality-this is empathy. To sense the client's anger, fear, or confusion as if it were your own, yet without your own anger, fear, or confusion getting bound up in it” (Rogers, 1980)- Dalla definizione precedente emergono i due punti seguenti:• •Empatia ≠ Simpatia Empatia ≠ Essere d’accordo

LE REAZIONI DEI PAZIENTI: IL PROCESSO DI

ELABORAZIONE DEL LUTTO (E. Kubler Ross)

Prima fase: rifiuto

Seconda fase: la collera

Terza fase: venire a patti

Quarta fase: la depressione

Quinta fase: l'accettazione

All'interno di tali fasi si può riconoscere un elemento fondamentale che è rappresentato dalla speranza.

1) Prima fase: negazione e isolamento

"Non può essere vero, non io, non ancora!"

Negazione e Isolamento sono strategie messe in atto dal paziente per non parlare dell'argomento.

Tale atteggiamento è tipico della prima fase ma può ripresentarsi ad intervalli durante le diverse fasi.

Il nostro compito sarà quello di rispettare la chiusura del paziente in quanto questa rappresenta una difesa naturale che ha la funzione di prendere tempo per mettere in atto altre difese più funzionali.

2) Seconda fase: la collera

"Perché io?!"

I bersagli della rabbia del paziente sono:

- Operatori sanitari

- Parenti

Si tratta

di una fase difficile da affrontare sia per gli operatori sanitari sia per le persone più vicine al soggetto in questione. Dobbiamo pensare che siamo il bersaglio di una rabbia che non ha niente a che fare con noi personalmente. 3) Terza fase: venire a patti "Se Dio non risponde alle mie arrabbiate suppliche, forse sarà meglio disposto se glielo chiedo con delicatezza." - In questa fase i pazienti "entrano in trattativa" con i medici, con Dio o con un'entità superiore per allontanare la morte ("faccio il bravo, seguo tutte le terapie così magari..."). - I patti e le promesse che il paziente fa con sé stesso o con altri vengono solitamente mantenuti segreti dal soggetto. - I patti e le promesse possono nascondere sensi di colpa (per esempio per non aver seguito delle terapie precauzionali che erano state consigliate in precedenza). 4) Quarta fase: la depressione - Riconosciamo essenzialmente due tipi di

depressione:

  • DEPRESSIONE REATTIVA
    • Tristezza, sconforto per quello che ho perso (il mio lavoro, la mia autonomia, i miei capelli...)
    • Cosa possiamo fare per aiutare il paziente?
    • In questa fase posso essere utili interventi attivi.
  • DEPRESSIONE PREPARATORIA
    • Tristezza, sconforto per quello che perderò (anticipazione della morte)
    • Cosa possiamo fare per aiutare il paziente?
    • Intervento passivo (lasciare che la sofferenza esca)

Quinta fase: l'accettazione

La fase di accettazione dell'avvenimento da parte del paziente avviene solo se:

  • il paziente ha avuto tempo sufficiente;
  • il paziente ha potuto superare le fasi precedenti.

La fase di accettazione rappresenta una fase in cui prevale la serenità (i pazienti non sono né tristi né felici).

L'accettazione corrisponde per cui ad una sorta di "vuoto di sentimenti" da parte del paziente.

Spesso in questa fase i pazienti sono stanchi e deboli, non

Vogliono parlare o fare. Tuttavia, è importante cercare di essere comunque presenti per il soggetto, ovviamente senza infastidirlo ulteriormente. - In questa fase è la famiglia che ha maggiore bisogno di aiuto perché interpreta il distacco come non-amore.

LA SPERANZA COME ELEMENTO TRASVERSALE - Per il paziente la speranza costituisce la sensazione che quello che stiamo passando debba avere un significato. - Un'errata gestione della speranza da parte dei famigliari, del malato o degli operatori sanitari può portare a due scenari diversi:
- La famiglia o il personale non danno speranza a chi ancora ne ha bisogno.
- I famigliari non riescono ad accettare che non c'è più speranza.

I MECCANISMI DI DIFESA
Definizione (Cramer, 1998) - "Con il termine meccanismo di difesa ci riferiamo a un'operazione mentale che avviene per lo più in modo inconsapevole, la cui funzione è di proteggere l'individuo dal provare"

Secondo la teoria psicoanalitica classica, l'eccessiva ansia si manifesterebbe nel caso in cui l'individuo diventasse conscio di pensieri, impulsi o desideri inaccettabili.

In una moderna concezione delle difese, una funzione ulteriore è la protezione del "Sé dell'autostima" e, in casi estremi, dell'integrazione del Sé.

Ogni giorno ci imbattiamo in minacce alla stima di noi stessi: un'iniziativa andata male, una brutta figura, un'umiliazione ricevuta... Tutto questo ci fa sentire deboli, incerti, non amati. Il nostro io ne soffre e si affretta a medicare la ferita narcisista. Come la psiche, anche il corpo si premunisce dall'eccessiva stimolazione. Chiudere gli occhi, guardare da un'altra parte, osservare in modo sfuocato, estraniarsi dai rumori: tutte azioni che ci riparano da stimoli noiosi.

L'autodifesa è la più antica legge della natura.

Meccanismi di difesa:

introduzione- I meccanismi di difesa esercitano delle funzioni positive quali:
  1. Evitare o comunque gestire qualche sentimento minaccioso, solitamente l'angoscia, o altre esperienze emotive dolorose o disorganizzanti.
  2. Mantenere la stima di sé.
I meccanismi di difesa hanno tre caratteristiche comuni:
  • Generalmente sono automatici.
  • Negano, falsificano o deformano la realtà interna e esterna.
  • Operano nell'inconscio così che la persona non è consapevole di ciò che avviene.
L'origine del concetto: Sigmund Freud [Le psiconevrosi di difesa, 1894] "... nella loro vita ideativa si era presentato un caso di incompatibilità [...] che aveva suscitato un affetto talmente penoso, che il soggetto aveva deciso di dimenticarlo, convinto di non avere la forza..."
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
19 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher andrecarbo99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze precliniche e biomediche umane e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Lamiani Giulia.