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CASCATA COAGULATIVA

Ci sono proenzimi sintetizzati che possono essere attivati a seguito di adeguati stimoli in sequenza uno dopo l’altro,

fino ad arrivare alla trasformazione del proenzima protrombina a trombina.

La trombina lavora sul substrato finale che è il fibrinogeno, il quale viene trasformato in monomeri di fibrina che si

legano tra loro per formare una maglia in cui rimangono intrappolati anche gli elementi corpuscolati per fare massa.

Si ha la trasformazione di una proteina solubile che è il fibrinogeno in un gel insolubile di fibrina.

Gli enzimi presenti in circolo sono precursori inattivi, e una volta attivati agiscono in presenza di un cofattore che li

coadiuva (se manca non funzionano). Inoltre, devono essere stabilizzati, ancorati su una superficie che solitamente è

fosfolipidica e carica negativamente. Per questo è essenziale il calcio e lo stretch policarbossilico che caratterizza

alcuni dei proenzimi sintetizzati, che serve per mantenere ancorato l’enzima sulla superficie fosfolipidica.

Altra cosa generale è che nel sito catalitico hanno una serina, e quindi sono serin-proteasi.

Gli stretch di policarbossili, che sono frutto di un perfezionamento post-traduzionale, hanno l’acido carbossilico N-

terminale che deve essere carbossilato per legare il calcio e legare le superfici fosfolipidiche, ed è talmente importante

che se manca non riesce a lavorare. Questa carbossilazione è vitamina K dipendente, ci sono anticoagulanti orali di 1°

generazione che sono farmaci che impediscano il lavoro di vitamina K.

Abbiamo rappresentato l’intero processo come una bilancia in equilibrio, ma se ci dovesse essere uno squilibrio, per

esempio che porta a uno stato trombofilico, questo può essere perché c’è una maggior attivazione di procoagulanti o

perché mancano i fattori anticoagulanti, o viceversa per una patologia di impronta emorragica.

L’emostasi può essere spiegata come un processo a cascata, ma anche con la teoria cellulare, in vivo, che è più attuale

e spiega ciò che non sarebbe stato spiegato con la teoria a cascata.

TEORIA A CASCATA

La teoria a cascata è vecchia ma utile, e dice che la coagulazione è attivata secondo due percorsi che sono:

- Via estrinseca (necessita di fattori tissutali, in secondi)

- Via intrinseca (sistema di contatto, in minuti)

Le due vie convergono nella via comune.

Il principale sistema che agisce in vivo è il sistema estrinseco.

Gli esami di laboratorio per la valutazione della coagulazione hanno questo di caratteristico.

Abbiamo il plasma con tutti i fattori della coagulazione non coagulato, e possiamo attivare la coagulazione con

l’innesco che vogliamo e valuto il tempo che ci mette a coagulare: se faccio entrambi gli esami valuto la via finale,

mentre ai due percorsi corrispondono i due test di screening che sono il tempo di protrombina e il tempo di

tromboplastina parziale attivata.

La cascata coagulativa è composta dalla via intrinseca e dalla via estrinseca.

Via intrinseca

Nella via intrinseca il fattore XII attivato lavora sul fattore XI, attivandolo.

Quest’ultimo lavora sul fattore IX che, attivato, in presenza del cofattore VIII, di calcio, di fosfolipidi di superficie,

lavora sul fattore X.

Il fattore X, attivato e insieme al cofattore V, calcio e fosfolipidi, è in grado di lavorare sulla protrombina che viene

trasformata in trombina, che lavora sul fibrinogeno che viene trasformato in fibrina.

La fibrina polimerizza e forma il coagulo che viene stabilizzato dal fattore XIII.

Quali sono i fattori di regolazione che agiscono su questa via? Si tratta di elementi che lavorano sui fattori attivati per

toglierli di mezzo quando non servono più, abbiamo:

- Proteina C e la proteina S che lavorano sui cofattori VIII e V attivati

- Inibitore del fattore tissutale del plasminogeno che lavora sul fattore VII (e anche sul X)

- Antitrombina III che lega il fattore X attivato e la trombina attivata

Via estrinseca

In seguito al danno tissutale si ha il rilascio di fattore

tissutale che attiva il fattore VII che lavora sul fattore X

che, attivato, va sulla protrombina.

In realtà il fattore VII attivato lavora anche sul fattore IX, le

due vie sono intrecciate.

La via intrinseca è quella che si attiva quando si forma un

coagulo in provetta in assenza di anticoagulante, qui non ci

sono fattori tissutali, viene attivata la via intrinseca.

Ricordiamo che tutti i fattori sono sintetizzati dal fegato, fa

eccezione il fattore VIII che viene sintetizzato in grande

quantità anche dall’endotelio.

TEORIA CELLULARE

Essa trova nella superficie e nel contenuto delle piastrine un qualcosa che amplifica un meccanismo che è già

comunque presente in vivo.

È suddivisa in diverse fasi:

1. Fase di attivazione in cui si genera una piccola quantità di fattori attivi

2. Fase di amplificazione e propagazione che aumenta la quantità di fattori attivati grazie alle piastrine. I fattori

attivati si legano ai recettori sulla membrana delle piastrine attivate con generazione di fibrina.

3. Fase di spegnimento: a riposo esiste una piccola quantità (1%) di fattore VII attivato che attiva

proteoliticamente piccole quantità di fattori IX e X, il fattore X attivato lega il fattore V formando la TENasi

estrinseca e trasforma un po’ di protrombina in trombina. Il processo è limitato e la trombina non è

sufficiente a trasformare molto fibrinogeno.

Fase di attivazione

Nella fase di attivazione (ex estrinseca e comune, è l’innesco), a seguito di una lesione vasale, le cellule endoteliali si

rompono e succedono due cose:

- Le membrane delle cellule lese perdono attività anticoagulanti di superficie (vengono perse proteine

normalmente espresse dalle cellule endoteliali come eparansolfati, trombomodulina, TFPI). Le membrane

lese assumono attività pro-coagulante per trasferimento in superficie di fosfolipidi (fosfatidil-serina e

fosfatidil-etalonammina)

- Il fattore VII circolante riconosce e lega il Fattore Tissutale (TF) sottoendoteliale attivandosi in quantità. Il TF

(o tromboplastina tissutale) è una glicoproteina transmembrana chiamata anche CD142 espressa da cellule

del subendotelio.

Fase di amplificazione e propagazione

Nella fase di amplificazione e propagazione (ex intrinseca e comune), la trombina che si forma nei pressi di cellule che

esprimono TF attiva le piastrine che hanno aderito in corrispondenza della lesione. Le piastrine attivate modificano la

membrana in senso procoagulante e rilasciano il contenuto dei granuli che attivano la cascata coagulativa.

A questo punto abbiamo abbastanza trombina per amplificare il processo, in particolare la trombina:

- Attiva il fattore VIII che fa da cofattore per fattore IXa che lavora sul fattore X in modo 100 volte più energico

- Attiva il fattore V che, insieme al fattore Xa, è cofattore attivo sulla protrombina trasformandola in trombina

- Attiva il fattore XI (entra in gioco la via intrinseca)

La fase di amplificazione/propagazione sfrutta le superfici procoagulanti per trasformare i fattori coagulativi e far

agganciare i fattori a queste superfici (per l’aggancio è fondamentale il calcio).

A questo punto abbiamo la trasformazione del fibrinogeno in fibrina da parte della trombina, la fibrina polimerizza e

il fattore XIII (attivato dalla trombina) stabilizza il coagulo.

Formazione della fibrina

Il fibrinogeno è formato da 6 catene peptidiche, a due a due uguali, che formano un dominio centrale (dominio E), la

parte periferica, invece, termina con 2 domini laterali (domini D).

Si tratta di una molecola grossa, che pesa circa 340 kilodalton.

La trombina lavora sul dominio centrale, stacca due fibrinopeptidi sul dominio E

rendendolo appiccicoso nei confronti di domini D di molecole adiacenti, ecco

perché la fibrina ora può polimerizzare: monomeri di fibrina uno accanto all’altro

polimerizzano perché il dominio E lega domini D di monomeri di fibrina

adiacenti, formando tralci insolubili.

Il fattore XIII trova il suo substrato nei domini D della fibrina, è in grado di legare

covalentemente due domini D adiacenti (legame lisina-glutammina).

È un legame stabile e questo è importante per l’esame del D dimero.

La plasmina è una proteasi che solubilizza il coagulo di fibrina esercitando azione

proteolitica sui polimeri di fibrina nella porzione tra dominio E e domini D, nella

porzione fibrosa e periferica. La plasmina può anche agire sul fibrinogeno:

- Se lavora sul fibrinogeno si libera un dominio D isolato

- Se lavora su polimeri di fibrina si liberano dei D-dimeri

Trovare grandi quantità di D-dimero nel sangue, significa che da qualche parte si

è attivato un processo coagulativo per intero, tanto che si è attivata anche la

cascata fibrinolitica che sta liberando D-dimero, si trova D-dimero solo se si è

formata fibrina.

INIBITORI NATURALI DELLA COAGULAZIONE

Esistono dei sistemi di proteine che contrastano l’attivazione della coagulazione a diversi livelli:

- Trombomodulina

- Proteina C e proteina S

- Antitrombina III

- Inibitore del fattore tissutale (TFPI)

Proteina C e proteina S

La proteina C è l’enzima mentre la proteina S è il suo cofattore.

La proteina C viene attivata dalla trombina quando lega la trombomodulina e l’azione proteolitica della proteina C si

espleta sui cofattori V e VIII attivati, li lega e li degrada.

Fattore V di Leiden: si tratta di soggetti che posseggono un particolare allele del gene codificante per il fattore V,

quest’ultimo, in questi soggetti, viene prodotto normalmente ma non si lascia degradare correttamente dal sistema

proteina C-proteina S, rimane più a lungo attivo, la bilancia è spostata sul versante trombotico, si tratta di soggetti

predisposti a sviluppare trombosi.

La trombomodulina è una proteina integrale di membrana dell’endotelio; la trombina, quando si lega alla TM, perde la

capacità di lavorare sul fibrinogeno (capacità procoagulante) e diventa capace di attivare la proteina C.

Antitrombina III

È uno pseudosubstrato per alcuni enzimi, si lega al posto del substrato naturale di questi enzimi e li blocca.

Questi enzimi sono la trombina e il fattore X attivato principalmente.

L’antitrombina III occupa il sito catalitico dell’enzima e lo blocca, lo fa meglio quando è legata a eparina. In vivo

abbiamo catene eparino-simili che emergono dalle superfici endoteliali, questo legame eparina-antitrombina,

modifica in senso migliorativo il sito dell’antitrombina III che andrà a legare il sito catalitico dell’enzima, l’antitrombina

lavora 1000 volte meglio quando legata a eparina (sia eparina in provetta, sia catene eparino-simile sulla superficie

endoteliale).

L’antitrombina III è un inibitore fisiologico del

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
163 pagine
SSD Scienze mediche MED/05 Patologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher CL18_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisiopatologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Caponi Laura.