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CINEMATICA
L’unità funzionale spinale comprende 2 vertebre e i tessuti molli interposti (disco, faccette, legamenti), si
definiscono 3 gdl di rotazione e 3 gdl di traslazione. La definizione di questa unità consente di studiare la risposta
dei componenti in diverse condizioni.
Effettuando test cinematici sull’unità si esprime l’angolo di rotazione in funzione del momento applicato, si ottiene
un’isteresi e non-linearità, sono presenti delle componenti non-lineari (legamenti) e i dischi tendono a pressurizzarsi
e all’interno si ha movimentazione di fluido (nucleo). Per un numero sufficiente di cicli, il comportamento va a
regime e la curva si assesta, a questo punto è possibile calcolare il ROM: Range Of Motion, escursione angolare che
identifica il range a flessione ed estensione.
Si effettua lo studio del movimento relativo tra vertebre, con lo studio del centro di istantanea rotazione. Partendo
da radiografie, si identificano le limitanti a riposo, effettuando un movimento si identifica lo spostamento dei punti
di riferimento, l’intersezione dei vettori è il CIR.
Il carico applicato sulla colonna varia in funzione della posizione e dell’attività svolta. Quantificare i carichi serve
per dimensionare i dispositivi. Nell’unità funzionale 10% è supportato dalle faccette, il resto da disco e vertebre,
diviso sulla parte anteriore e posteriore. La pressione cambia nella parte anteriore e posteriore, nella parte
posteriore si ha un picco che tende ad aumentare quanto più il disco è patologico, il picco viene usato per definire
il grado di patologia.
Si effettuano analisi numeriche per identificare il carico distribuito sulle varie strutture e quantificarne la forza.
Oppure con modelli muscolo-scheletrici, si parte dall’ipotesi che le ossa sono corpi rigidi non deformabili, si
evidenziano i fasci muscolari per studiare la strategia motoria con cui le componenti si muovono relativamente fra
loro.
3. Patologie
• Degenerazione discale: riguarda il disco intervertebrale che prevede una cascata degenerativa
o Cambiamento della composizione e proprietà del nucleo
o Perdita di acqua
o Riduzione di altezza del disco
o Più carico supportato dalle fascette
o Artrosi della cartilagine e ossa
o Riduzione dello spazio foraminale (consente alle radici nervose di uscire)
o Compressione delle radici nervose e riduzione di sensibilità
o Danneggiamento del disco (fessurazioni, che propagano)
o Sovraccarico dell’anulo fibroso e protrusione discale (ernie)
o Compressione del midollo dovuto alle ernie
o Dolore, perdita sensibilità, paralisi
Le alterazioni di pressione consentono di classificare il processo degenerativo, il picco di sovrasollecitazione
posteriormente identifica una degenerazione; se il profilo dopo il picco è irregolare, la degenerazione è
molto avanzata.
• Trauma: fratture vertebrali. Classificazione di Dennis: si definiscono 3 colonne, a seconda del numero di
colonne coinvolte nella frattura il chirurgo individua due situazioni: se viene coinvolta solo una colonna non
si rischiano disallineamenti o danni neurologici permanenti. Se vengono coinvolte due o tre colonne, allora
il danno dipende dall’area coinvolta, la colonna non può sostenere il carico, sono presenti deformità e danni
neurologici dovuti alla progressione della frattura. Le modalità di intervento dipendono dalle colonne
coinvolte.
Classificazione di McCormack: identifica il grado di frammentazione della frattura, il grado di
sovrapposizione dei frammenti e il grado di deformità, se i frammenti sono vicini o lontani possono anche
causare deformità. Le fratture più comuni sono da compressione, in cui il corpo vertebrale tende a
incunearsi, questo comporta un disallineamento e aumento della cifosi o perdita di lordosi.
• Tumori vertebrali: possono colpire tessuto osseo e tessuti soffici. La classificazione va da 1 a 7, tiene conto
del grado di gravità o di estensione del tumore. Da 1-3 tumori intra-compartimentali; 4-6 tumori extra-
compartimentali, non solo dell’osso ma anche le radici e i peduncoli; 7 multiplo. La gravità cresce perché
sono coinvolti più gruppi vertebrali.
• Deformità spinali, comportano anomalie, classificate in base al periodo in cui si presentano
o Congenite, comportano difetti di segmentazione, formazione anomala delle vertebre. La colonna
non è più simmetrica sul piano frontale ma devia; difetti di formazione, con vertebre fuse, colonna
a cuneo. Questi difetti comportano una deviazione della colonna vertebrale e asimmetria sul piano
frontale
o Adolescente, si parla si scoliosi, il parametro quantitativo è l’angolo relativo su più vertebre
deformate, sul piano frontale. Teoria del circolo vizioso: quando l’incuneamento si instaura si
autoalimenta per effetto dell’asimmetria del carico, anche per effetto dei muscoli; le zone soggette
a trazione crescono più velocemente
o Adulto (anziani), deformità dovuta a traumi o degenerazione del disco, si manifestano come uno
sbilanciamento delle curve di lordosi e cifosi sul piano sagittale. Si ha uno sbilanciamento anteriore
del soggetto. Ci sono degli iniziali meccanismi di compensazione fino ad un certo grado di
avanzamento
4. Soluzioni progettuali
CLASSIFICAZIONE
• Filosofia di impianto
o Di fissazione: impianti con lo scopo di annullare tutti i gradi di libertà di un’articolazione.
o Di fusione, o artrodesi: l’obiettivo è sostituire un’articolazione (disco o fascette) con tessuto osseo
maturo, si annullano tutti i gdl ma si sostituisce un’articolazione nata per consentire i gdl. Viene
usata per immobilizzare delle fratture.
o Dinamico o di conservazione della mobilità, preserva tutti i gdl, per garantire i carichi fisiologici.
• Zona di impianto
o Anteriori
o Posteriori
PATOLOGIE – IMPIANTO Processi degenerativi
• Degenerazione lieve
o Conservativo
o Stabilizzazione posteriore dinamica o semi-rigido, mantenendo i gdl e la distribuzione dei carichi
• Degenerazione media
o Stabilizzazione posteriore dinamica
o Fissazione posteriore rigida
• Degenerazione grave
o Fusione anteriore e fissazione posteriore rigida
Processi traumatici e tumorali
• frattura isolata stabile
o conservativo
o stabilizzazione posteriore dinamica, meno invasiva
• fratture multiple instabili (rischio di propagazione alle strutture nervose) e per tumori isolati e multipli
o fusione anteriore (rimozione di aree estese) e fissazione posteriore rigida
Processi degenerativi
• scoliosi lieve
o fisioterapia correttiva
o stabilizzazione anteriore dinamica
• scoliosi grave e sbilanciamento sagittale grave
o fissazione posteriore rigida
Nel caso di fissatori i carichi sono maggiori nella fase iniziale e diminuiscono nel lungo termine, quando viene
raggiunta la fusione (4 mesi); per gli stabilizzatori i carichi sono minori ma costanti nel tempo.
FISSATORE SPINALE
SPECIFICHE DI PROGETTO
1. Facilmente impiantabile
2. Carichi statici applicati durante la chirurgia
3. Stabilità primaria e secondaria
4. Sopportare i carichi della postura eretta. Sono carichi statici diversi da quelli applicati durante la chirurgia
ma vengono mantenuti
5. Resistere alla fatica ciclica. Il ciclo del passo grava sui dispositivi per 1 mln di cicli all’anno, le normative
prevedono prove con 5 mln di cicli, con carichi di flessione, compressione, trazione.
6. Materiali biocompatibili
7. Garantire un adeguato stimolo meccanico, tale da favorire il rimodellamento osseo, sulla colonna
vertebrale lo stimolo deve essere tale da garantire la fusione del dispositivo, viene posto a cavallo delle
vertebre o al posto delle faccette rimosse
8. Meccanismi di interconnessione, i componenti vengono assemblati per forma o incastri, devono essere
resistenti al disassemblaggio, all’usura, alla corrosione, tali da non indurre risposte indesiderate
9. Facilmente sostituibili, per via della modularità del dispositivo è possibile sostituire solo i componenti
compromessi
MATERIALI
Devono garantire elevata biocompatibilità, resistenza alla corrosione, elevate proprietà meccaniche. Vengono
usate principalmente le leghe di acciaio, leghe di titanio e la lega cobalto cromo.
• Sistemi di ancoraggio alla vertebra: uncini laminari leghe Ti Al V o acciaio inossidabile SS 316Lo viti
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peduncolari leghe titanio, sia per il fusto inserito nel peduncolo sia per il bicchiere ovvero la testa della vite
su cui si interfacciano altre componenti, i grani di chiusura sono in titanio, vincolano le barre nel bicchiere
fungendo da vite mordente in base a come viene chiuso
• Sistemi longitudinali di connessione, sono barre rigide. Leghe dell’acciaio inossidabile 110 GPa e leghe
cobalto cromo 240 GPa o Nichel Titanio 50-70 MPa a memoria di forma. Si usano barre a profilo filettato
per facilitare l’incastro con i grani. Si usano anche placche da osteosintesi
• Sistemi trasversali di connessione, sono trasversali alla colonna vertebrale. Connettori o domina, sul lato
destro e sinistro, aumentano la rigidezza del sistema di fissazione e quindi la sua stabilità sulla colonna
vertebrale. Si usano gli stessi materiali delle barre
COMPONENTI
Uncini laminari. Vengono posti sui processi spinali, sulle faccette oppure rimuovendo le faccette vengono messi tra
lamina e midollo spinale. Si interfaccia alla barra con accoppiamento di forma e al grano cilindrico. L’orientazione
dipende dalla correzione della deformità, vengono usati per applicare forze di opposizione. Inserendolo vicino al
midollo spinale si riduce lo spazio per il midollo, se si mobilizza può causare danni alle strutture nervose.
Viti peduncolari. Prodotte in varie taglie e lunghezze. Costituite dal corpo filettato inserito nel peduncolo o corpo
della vertebra, e dalla testa con accoppiamento di forma per la barra, se un componente vite mono assiale, se più
componenti viti poli assiali. L’angolazione del corpo rispetto alla testa consente massima libertà di impianto. Viti
uni planari, accoppiamento sferico solo sul piano della barra, viti poli planari, con snodo dell’accoppiamento sferico.
La testa ha varie forme. Il filetto del corpo può essere variegato, una parte autofilettante per l’osso trabecolare e
una filettatura fitta per osso corticale. Viti coniche, cilindriche, cannate per l’inserimento di cemento. Viti in
materiale composito PIC con fibre di carbonio sono radiotrasparenti, per studiare meglio la zona di impianto.
Viti trabecolari. Diametro di nocciolo e cresta molto distanti, autofilettante, massimizza il contatto con le trabecole
e la distribuzione di carico è massima. Vite corticale, diametri simili, si fa un pre-foro di diametro di nocciolo, la vite
vien