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PROBLEMATICHE NELLA CHIUSURA ANTICIPATA IN PENDENZA DI GIUDIZI
Chiara nella sua finalità, la chiusura "anticipata" presenta, tuttavia, non banali problemi applicativi.
Prima di esaminare alcuni di questi problemi, va però chiarito che la richiesta di chiusura "anticipata" è una
facoltà rimessa al curatore, che dovrà valutare se ne ricorrono le condizioni e se la stessa possa essere
funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
Un primo punto delicato riguarda la quantificazione delle spese future e degli eventuali oneri relativi ai giudizi
pendenti.
Poiché la pendenza di giudizi espone la curatela a possibili spese ed oneri (es.: compensi legali; compensi
eventuali consulenti tecnici; rischio di soccombenza e di condanna alle spese in favore di controparte), il
curatore dovrà procedere ad una stima prognostica degli stessi, provvedendo al relativo accantonamento in
sede di riparto finale.
Per quanto riguarda l'ampiezza della legittimazione processuale del curatore dopo la chiusura, essa
comprende i giudizi o procedimenti esecutivi, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, nonché i
procedimenti, compresi quelli cautelari e esecutivi, strumentali all'attuazione delle decisioni favorevoli alla
liquidazione giudiziale, anche se instaurati dopo la chiusura della procedura (ARTICOLO 234 COMMA 2).
Se, ad esempio, al momento della chiusura è pendente in primo grado un'azione risarcitoria, il curatore è
legittimato a proseguire questa azione anche eventualmente in appello e cassazione, oltre a poter avviare le
successive azioni esecutive se il giudizio abbia avuto esito positivo per la procedura e la controparte non
abbia spontaneamente provveduto al pagamento.
Altro profilo delicato attiene alle scelte che possono essere compiute durante i giudizi in relazione
all'andamento degli stessi, alla condotta delle controparti e ad ogni altra possibile circostanza.
Al riguardo, è previsto che le rinunzie alle liti e le transazioni siano autorizzate dal giudice delegato
(ARTICOLO 234 COMMA 2).
Se i giudizi hanno esito positivo per la curatela, le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti
definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti sono fatti oggetto di riparto supplementare fra i creditori
secondo le modalità disposte dal tribunale con il decreto di chiusura (ARTICOLO 234 COMMA 4).
Poiché dopo la chiusura anticipata il curatore conserva una sua legittimazione, permangono anche le
esigenze informative in ordine alla sua condotta e, pertanto, sarà tenuto, secondo le disposizioni del
tribunale, a rendere i rapporti riepilogativi periodici.
Quando i giudizi e le relative azioni esecutive saranno terminate, il curatore dovrà, altresì, depositare il
supplemento di rendiconto ed il rapporto riepilogativo finale (ARTICOLO 234 COMMA 6).
Eseguito l'ultimo progetto di ripartizione (se è stato acquisito nuovo attivo)o comunque definiti i giudizi e
procedimenti pendenti, il curatore chiede, infine, al tribunale di archiviare la procedura di liquidazione
giudiziale (ARTICOLO 234 COMMA 7) ed a questo punto la procedura può dirsi davvero chiusa sotto tutti i
profili ed effetti. MANCANZA DI ATTIVO
Il quarto caso di chiusura è rappresentato dalla cd. "mancanza di attivo", che si verifica quando nel corso
della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i
creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura.
Se la prosecuzione della procedura non apporta alcuna utilità per i creditori, che nessuna soddisfazione
ulteriore riceveranno, e tantomeno consente di soddisfare i crediti prededucibili e le spese di procedura,
viene meno la sua funzione e se ne dispone la cessazione.
Questa situazione può verificarsi tanto nell'ipotesi in cui non vi sia e non sia realizzabile alcun attivo
(nemmeno attraverso azioni risarcitorie e/o recuperatorie), quanto nell'ipotesi in cui delle risorse ve ne
siano ma le spese necessarie per la loro eventuale conservazione, acquisizionee liquidazione siano
presumibilmente superiori rispetto al valore di realizzo (si pensi, ad esempio, ad una possibile azione
recuperatoria da proporre contro un debitore che non ha un patrimonio aggredibile, così che l'eventuale
esercizio dell'azione espone la procedura al rischio di pagare le spese legali e l'imposta di registro senza
recuperare alcun attivo).
La sussistenza della mancanza di attivo può essere accertata dal curatore con la relazione o con i
successivi rapporti riepilogativi, ma la chiusura è poi sempre disposta dal tribunale.
IL PROCEDIMENTO
RICHIESTA DI CHIUSURA
La chiusura della procedura di liquidazione giudiziale è dichiarata dal tribunale, che vi provvede d'ufficio,
oppure su istanza del curatore o del debitore; quando la richiesta è presentata dal curatore, egli deve
depositare un rapporto riepilogativo finale delle attività svolte (ARTICOLO 235 COMMA 1).
I creditori ed i terzi non sono legittimati a chiedere direttamente la chiusura della procedura, ma possono
sollecitare il curatore o lo stesso tribunale ad attivare i rispettivi poteri.
DECRETO DI CHIUSURA
Il tribunale, accertata la sussistenza di uno dei casi previsti, dichiara chiusa la procedura con decreto
motivato, con il quale sono impartite anche le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della
decisione; il decreto di chiusura va iscritto nel registro delle imprese nelle stesse forme prescritte per la
sentenza di apertura.
Quando la chiusura è dichiarata per mancanza di attivo prima dell'approvazione del programma di
liquidazione, il tribunale, prima di adottare il decreto, deve sentire il curatore, il comitato dei creditori e il
debitore (ARTICOLO 235 COMMA 2), evidentemente al fine di meglio valutare l'effettiva impossibilità di
ogni possibilità di recupero dell'attivo in caso di prosieguo della procedura.
IMPUGNAZIONE DEL DECRETO DI CHIUSURA
Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è ammesso reclamo a norma
dell'ARTICOLO 124 innanzi alla corte di appello nel termine perentorio di dieci giorni, che decorre dalla
comunicazione o dalla notificazione per il curatore, per il debitore e per il comitato dei creditori, mentre
decorre dalla iscrizione nel registro delle imprese per gli altri interessati.
Contro il decreto della corte di appello, è proponibile il ricorso per cassazione nel termine perentorio di trenta
giorni, che decorre dalla notificazione o comunicazione del provvedimento per il curatore, per il debitore, per
il comitato dei creditori e per chi ha proposto il reclamo o è intervenuto nel procedimento, mentre decorre
dall'iscrizione nel registro delle imprese per ogni altro interessato (ARTICOLO 235 COMMA 3).
Il decreto di chiusura acquista efficacia quando è decorso il termine per il reclamo, senza che questo sia stato
proposto, ovvero quando il reclamo è definitivamente rigettato (ARTICOLO 235 COMMA 4).
Fino al momento del vano decorso del termine del reclamo o del definitivo rigetto dello stesso, quindi, la
procedura di liquidazione giudiziale resta aperta.
GLI EFFETTI DELLA CHIUSURA
La chiusura della procedura di liquidazione giudiziale produce effetti nei confronti del debitore, dei
creditori e degli organi.
Si tratta, in larga parte, degli stessi effetti conseguenti all'apertura della procedura, ma che operano in
senso speculare ed opposto, dovendosi comunque tenere conto delle modificazioni prodotte dalla
gestione della procedura. EFFETTI NEI CONFRONTI DEL DEBITORE
Per quanto riguarda il debitore, con la chiusura cessano gli effetti della procedura di liquidazione giudiziale
sul patrimonio e le incapacità personali (ARTICOLO 236 COMMA 1).
Pertanto, nei confronti del debitore uscito dalla procedura (cd. debitore "tornato in bonis"), viene meno lo
spossessamento ed egli ha diritto alla restituzione del suo patrimonio residuo, sul quale riacquista la piena
disponibilità ed amministrazione.
Ovviamente, restano fermi gli atti compiuti dagli organi della procedura, per cui il debitore ritorna nella
piena disponibilità ed amministrazione del patrimonio nello stato in cui si trova al momento della chiusura,
tenendo conto delle liquidazioni (vendite, ecc.) effettuate dal curatore e dei riparti effettuati in favore dei
creditori.
Il debitore riacquista anche la piena legittimazione processuale e vengono meno le incapacità personali
conseguenti all'apertura della procedura.
... QUANDO È UNA SOCIETÀ
Più articolata è la disciplina degli effetti quando il debitore sia una società.
Fermo quanto detto in ordine al venir meno dello spossessamento, si deve distinguere tra casi di chiusura
satisfattivi (mancata presentazione domande di ammissione al passivo; avvenuta soddisfazione o estinzione
di tutti i crediti) e casi di chiusura non satisfattivi (ripartizione finale dell'attivo; mancanza di attivo).
In caso di chiusura "satisfattiva" della procedura di liquidazione giudiziale di società di capitali, il curatore
convoca l'assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell'attività o della
sua cessazione, oppure per la trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci
che rappresenti il 20% del capitale sociale (ARTICOLO 233 COMMA).
La società "sopravvive", quindi, alla chiusu ra "satisfattiva" della procedura e saranno i soci ad assumere le
scelte successive.
La chiusura "satisfattiva" della procedura di liquidazione giudiziale della società determina anche la chiusura
della procedura estesa ai soci illimitatamente responsabili, salvo che nei confronti del socio non sia stata
aperta una procedura di liquidazione giudiziale come imprenditore individuale. In caso di chiusura non
"satisfattiva" della procedura di liquidazione giudiziale di società (sia di persone che di capitali), invece, il
curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese (ARTICOLO 233 COMMA 2). La società non
"sopravvive", quindi, alla chiusura non "satisfattiva" della procedura. Se, però, si tratta della "chiusura
anticipata in pendenza di giudizi", il decreto di chiusura non comporta la cancellazione della società dal
registro delle imprese sino alla conclusione dei giudizi in corso e alla effetuazione dei riparti supplementari
(ARTICOLO 234 COMMA 6). Solo all'esito del decreto di archiviazione della procedura il curatore dovrà
procedere alla richiesta di cancellazione e se, per ipotesi, la prosecuzione dei giudizi consentisse di
recuperare somme tali da soddisfare integralmente tutti i crediti ammessi e le spese di procedure, il curatore
non dovrà chiedere la cancellazione, ma convocare l'assemblea dei soci come nei casi di chiusura
"satisf