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I DIRITTI REALI DI GARANZIA SONO:
1. Il pegno (pignus datum o datio pignoris)
2. L’ipoteca (pignus conventum)
IL PEGNO: il pegno nasce con la figura molto antica della fiducia cum creditore (è l’antecedente del
pegno). Essa consisteva nel fatto che il creditore voleva delle garanzie circa il futuro pagamento da
parte del debitore. Per ottenere tali garanzie si faceva trasferire la proprietà di un bene del
debitore, con la promessa che il creditore l’avrebbe restituito nel momento in cui il debitore
avrebbe adempiuto adesso a prestazioni. Esisteva anche la fiducia cum amico, non era un diritto
reale ed era una figura usata verso la fine della Repubblica. Veniva usata poiché poteva accadere
che molte persone dovevano lasciare Roma e lasciavano i loro beni a degli amici, con la promessa
che gli sarebbero stati restituiti qualora fossero ritornati in patria, quindi era una figura che aveva
lo scopo di custodia. Queste due figure sono caratterizzate da un atto transitorio di proprietà e da
un pactum fiduciae.
Come si tutelavano i fiducianti nel caso in cui il fiduciario non gli restituiva la cosa: in antichità ci
si basava sulla fides. Successivamente venne introdotta un’actio fiduciae: nel caso in cui il debitore
non adempisse ai suoi compiti, il creditore avrebbe potuto vendere la cosa e soddisfare il suo
credito. Il passaggio di proprietà a scopo di garanzia era eccessivo, per questo la figura della fiducia
lascio posto al pegno (III secolo a.C.) che prevedeva che una cosa venisse consegnata al creditore
affinché la tenesse fino al soddisfacimento del suo credito. La consegna non avveniva a titolo di
proprietà, ma a titolo di possesso. Il datio pignoris e sia un diritto reale di garanzia che un
contratto reale, cioè si soddisfa la consegna. In caso di inadempimento del debitore, il creditore
sarebbe diventato proprietario del bene o avrebbe potuto vendere la cosa, soddisfacendo così il
suo credito e restituendo il superfluo al debitore. Il pegno verrà abolito da Costantino e rimase
però la possibilità dello ius vendendi, cioè la possibilità di vendere il bene e soddisfare il proprio
credito, ma si annulla il patto che prevede la possibilità di impossessarsi della cosa (in quanto il suo
valore poteva essere superiore al credito).
L’IPOTECA: l’ipoteca si sviluppa in età classica. La cosa oggetto di pegno non è data al creditore,
ma rimaneva il debitore, dunque non c’era il trasferimento della cosa ma un atto in base al quale il
bene del debitore veniva costituito in pegno. Solo in caso di inadempimento del debitore, il
creditore avrebbe potuto impossessarsi della cosa. Si faceva ricorso all’ipoteca nel caso di
locazione di fondi rustici, in cui l’oggetto di pegno era il materiale che serviva al debitore per
svolgere il suo lavoro (ad esempio attrezzi, schiavi, animali). Questi materiali, chiamati invecta et
illoda, non potevano essere dati al creditore poiché altrimenti il debitore non avrebbe potuto
svolgere il suo lavoro e di conseguenza non avrebbe potuto pagare il canone. L’ipoteca si diffuse
nella prassi anche per la locazione di abitazioni in cui oggetto di pegno era tutto quello che era
messo nella casa (arredamento, schiavi). Il creditore non può usare le cose oggetto di pegno,
poiché altrimenti avrebbe commesso un furto d’uso. Il creditore è tutelato dagli interdetti, che
sono a tutela del possesso e venivano emanati dal pretore e sono: Utis possidetis e Ut urbi.
Per le ipotesi di locazione di abitazioni poteva essere concesso al debitore conduttore un
interdetto, detto interdictum demigrando, contro il creditore. Il pretore concedeva
quest’interdetto quando, nonostante l’inquilino, cioè il debitore, avesse pagato il canone, il
locatore gli impediva di portare via le cose, oppure veniva dato quando il canone non era stato
pagato però il locatore impediva di portare via dalla casa alcuni beni che non erano oggetto di
pegno. Un rimedio a favore del locatore era l’interdictum salvianum con il quale, in caso di
mancato pagamento del credito, il locatore creditore poteva impedire al debitore di portare via dal
fondo gli strumenti di lavoro, dei quali il locatore avrebbe acquistato idealmente il possesso. In
questo caso si dà la possibilità che i beni non restino nelle mani del debitore ma diventino un
possesso del creditore. Nei decenni successivi si afferma una tutela più forte, probabilmente
suggerita dal giurista Servio Sulpicio Rufo, detta actio serviana, che era diretta a conseguire il
possesso. Si usava nel caso in cui il debitore trasferiva gli attrezzi da lavoro a terzi e in questo caso
l’interdetto non poteva essere espedito verso terzi, mentre l’actio sì perché può essere espedita
erga omnes. Con questa actio serviana il pegno da rappresentanza obbligatoria si trasforma in un
diritto reale di garanzia e con questa actio in rem il creditore non doveva temere nulla, nel caso in
cui il debitore alienasse la cosa, perché il pegno seguiva la res ovunque si trovava, quindi il
creditore è tutelato sotto tutti gli aspetti.
Come si estingueva il pegno: il debitore pagava il pegno che si estingueva o per impedimento o
per confusione (il debitore si identificava con il creditore) o per rinuncia.
POSSESSO: il possesso è ben distinto dalla proprietà in quanto non è un diritto, ma è una
situazione di fatto che un soggetto esercita su una cosa e non viene tutelato da azioni ma da
interdetti. L’ordinamento tutela il possesso “necives at arma veniant” = affinché non vengano alle
armi, dunque serve per garantire l’ordine sociale. Sulla differenza tra proprietà e possesso si è
pronunciato anche il giurista Ulpiano, il quale afferma che è possibile che una persona sia
possessore, ma non proprietario o il contrario dunque proprietario ma non possessore, oppure è
anche possibile che una persona sia proprietario e anche possessore. Ci può essere anche il caso in
cui un possessore si crede anche proprietario, ma non lo è ad esempio se acquista da una persona
che in realtà non è il vero proprietario o se acquista seguendo le modalità errate. Ci può essere
anche un creditore che riceve in pegno un oggetto. Può accadere anche che un possessore si sia
impadronito furtivamente di un bene, privando in maniera illecita il proprietario.
Il possesso è un esercizio di fatto di un bene e si compone di due elementi:
• Elemento materiale (corpus) che è la disponibilità materiale della cosa (se ci fosse solo
questo elemento si parlerebbe di detenzione)
• Elemento morale (animus possidendi) che è la volontà di tenere la cosa come se fosse
propria. Dunque anche il ladro è un possessore questo perché, anche se lo fa in maniera
illecita, prende la cosa per tenerla per sé. Non è invece possessore l’inquilino che è un
detentore, poiché il locatore è il proprietario e possessore del bene.
Un’altra distinzione da fare e tra:
• Possessio naturalis: è il materiale apprensione della cosa, dunque solo corpus
• Possessio ad intedicta: copus + animus
• Possessio usucapionis: giusta causa di possesso che porta all’usucapione
Forme anomale di possesso:
• Il pegno: c’è solo il corpus, ma è tutelato dal creditore come se fosse proprio
• Pascoli estivi o invernali, c’è l’animus e il corpus sia solo in alcuni periodi dell’anno.
Per il possesso gli interdetti si distinguono in:
1) Interdicta adviscende: non riguarda la difesa del possesso ma il suo acquisto
2) Interdicta retinendae possessionis: tutela chi potrebbe essere turbato nel suo possesso o
ne viene spossessato. Si tratta di interdetti proibitori, in cui il pretore proibisce di fare
qualcosa. Ci sono due tipi di questi interdetti:
o il più antico è l’interdictum uti possidedis, relativo ai beni immobili e c’era l’ordine
del pretore di non fare violenza, rivolto ad entrambi i litiganti. Doveva essere
espedito entro un anno dalle molestie. Essendo che era rivolto ai due litiganti, chi
fosse stato spossessato da un possessore ingiusto, poteva fare ricorso all’autodifesa
privata con funzione di recuperare.
o Il secondo è l’interdictum ut urbi che tutelava i beni mobili. In questo caso si
tutelava il possessore giusto contro quello ingiusto.
3) Interdicta recuperandae possessionis: interdetto per recuperare il possesso. Esistono due
tipi di questo interdetto:
o Interdictum unde vi: era diretto a recupero del possesso in seguito ad uno
spossessamento violento. Si riferiva agli immobili ed è un interdetto recuperatorio.
Doveva essere usato entro un anno dallo spossessamento e solo contro chi lo aveva
compiuto. Inoltre tutelava solo il possessore giusto.
o Interdictum de vi armada: riguardava il recupero del possesso in seguito ad uno
spossessamento violento con arma. Viene dato anche a favore del possessore
ingiusto.
Quasi possessio: consiste nell'esercizio di fatto di servitù usufrutto poiché sono dei diritti.
COMPROPRIETÀ: la comproprietà è quando ci sono più proprietari di una stessa cosa, quindi
un bene o un patrimonio possono essere proprietà di più soggetti e si parla di comunione. La
prima forma di comunione è il consortium ertum non cito (consorzio/società da proprietà non
divisa). Questa forma di comunione si aveva quando alla morte del pater famialiae gli eredi
decidevano di mantenere unito il patrimonio familiare, continuavano quindi a goderne senza
dividerlo poiché quello che era prevalente era l’interesse del gruppo. Tra i componenti c’era una
sorta di affidamento reciproco, per cui ogni membro poteva gestire e disporre della cosa comune
fino a quando non ci fosse stato un veto da parte di uno o di tutti gli altri. Nell’età della
Repubblica i giuristi elaborano il concetto di quota, dunque il singolo condomino poteva agire in
giudizio per difendere la sua quota da attacchi di terzi e si chiamava vendicatio paritaria. Ciascun
condomino poteva apportare modifiche alla cosa comune finché non riceveva un veto. Se un
soggetto della comunione rinunciava alla sua quota, questa non diventava res nullius, ma era diviso
tra gli altri condomini dunque era un ius accrescendi. Ogni condomino poteva richiedere la
divisione della cosa comune, che poteva avvenire con l’accordo di tutti i condomini o essere
disposta giudizialmente, nel caso ci si fosse trovati in disaccordo.
ACCENNI AL GIURISTA GAIO: Gaio giurista del II secolo a.C. compone un’opera intitolata
“Istituzioni”, è un’opera elementare con nozioni di base, in cui usa materiali savignani, che lui
chiama maestri, mentre i peculiani li definisce &ldquo