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Se l’argomento giurisdizionale fosse fondato, allora esso non proverebbe che il diritto è completo, che
non esistono lacune normative, ma solo che, anche quando sussiste una lacuna normativa, i giudici non
godono di discrezionalità, in quanto devono respingere la domanda o assolvere l’imputato.
Al riguardo, si è già sottolineato come anche questa conclusione sia discutibile:
✓ Argomentazione per analogia = come già detto con Kelsen, anche se nella maggior parte degli
ordinamenti giuridici una domanda infondata va respinta, il giudice ha anche la possibilità di risolverla
mediante l’interpretazione analogica o estensiva.
• L’argomento dello spazio giuridico vuoto
L’argomento dello spazio giuridico vuoto sostiene che ogni comportamento non giuridicamente
qualificato è giuridicamente indifferente: se il diritto non disciplina un dato comportamento, allora ciò
significa non che il diritto sia incompleto, lacunoso, bensì, semplicemente, che quel comportamento non ha
rilevanza per il diritto.
davvero si può dire che un ordinamento sia lacunoso perché non disciplina, ad esempio, il comportamento
che consiste nel non andare al cinema il sabato sera o nel recarsi in tram all’università?
Come ebbe modo di notare Tecla Mazzarese: «una visione orwelliana da 1984 potrebbe, infatti, considerare
lacune di un ordinamento l’assenza di espliciti permessi di azioni quotidiane (la stragrande maggioranza)
quali bere latte a colazione o chiacchierare al telefono con un’amica».
Come si è accennato, una versione sofisticata non proprio di questo argomento, quanto piuttosto del
concetto di spazio giuridico vuoto, può essere attribuita a Bulygin: per egli si ha una lacuna solo quando
il sistema giuridico non connette alcuna soluzione normativa ad un caso rilevante, ossia a un caso
individuato dalla combinazione di un insieme di proprietà che sono rilevanti per il fatto che una loro (diversa)
combinazione è disciplinata da qualche altra norma giuridica del sistema.
Nella versione di Bulygin il concetto di spazio giuridico vuoto esclude che sia configurabile una lacuna
per il semplice fatto che una data fattispecie astratta, come l’andare o il non andare al cinema il sabato
sera, non sia disciplinata da nessuna norma giuridica. Bulygin non nega che all’interno dello spazio
giuridico “pieno” possano darsi lacune.
Per quanto riguarda la concezione tradizionale dello spazio giuridico vuoto, esso è infondato sia nel senso
che è inidoneo a fondare la necessaria completezza di ogni ordinamento giuridico, sia nel senso che è in
sé sbagliato:
il fatto che vi sia uno spazio vuoto di diritto non esclude, ma, anzi, implica che esista una lacuna
normativa, se per ‘lacuna normativa’ s’intende l’assenza di una norma che connetta una
conseguenza giuridica ad una data fattispecie.
Il fatto che non esista una norma giuridica espressa che disciplini un dato comportamento non
significa che quel comportamento sia escluso dall’ambito del giuridico e, quindi, sia giuridicamente
indifferente: almeno al di fuori dell’ambito penale, un simile comportamento potrebbe
considerarsi (implicitamente) disciplinato per analogia.
Certo, quest’ultima obiezione potrebbe non valere, qualora, al fine di determinare lo spazio “pieno” di
diritto, si prendesse in considerazione anche la fonte costituita dalla giurisprudenza = Questa tesi è, in
effetti, da preferire anche per le ragioni che saranno esposte nel prossimo paragrafo.
9.1. Lacune normative e interpretazione giuridica
Come le antinomie, anche le lacune sono variabili dipendenti dall’interpretazione giuridica, nel senso che
mediante l’interpretazione giuridica si possono sia configurare lacune sia prevenirle.
sono argomenti interpretativi idonei a produrre lacune:
a. l’argomento a contrario in funzione interpretativa,
b. l’argomento della dissociazione = consiste nell’interpretare una disposizione includendovi una
distinzione non espressamente considerata dal suo testo.
Argomenti idonei prevenire lacune sono:
a. l’argomento a contrario in funzione creativa = è quell’argomento che, data una norma che
connette una data conseguenza giuridica a una fattispecie, sostiene che valga la conseguenza
giuridica opposta per la fattispecie opposta.
b. l’interpretazione estensiva = consiste nell’attribuire a una disposizione il più ampio dei significati
da essa astrattamente espressi
È appena il caso di sottolineare che se l’interpretazione è idonea a configurare o a prevenire lacune, essa
non può invece risolverle: come osserva Guastini, una volta configurate, le lacune possono essere colmate
solo creando nuovo diritto.
10. Autonomia, esclusività, unità e logica binaria
▪ Autonomia dell’ordinamento => si dice autonomo se trova in sé stesso il proprio fondamento di
validità e decide da sé i criteri per l’esistenza (e la validità) delle proprie norme così come il
proprio ambito personale e materiale di applicabilità.
L’ordinamento autonomo è un insieme ordinato = è chiuso e le «norme che lo compongono
[…] si riconducono esclusivamente ad esso, come un tutto perfetto e concluso».
Posto che gli ordinamenti cambiano nel tempo, che sono, nei termini di Hart, ordinamenti dinamici,
allora ci devono essere dei criteri per disciplinare il mutamento e, tra tali criteri, sono incluse
anche le norme che risolvono eventuali antinomie. --> Coerenza.
▪ Unitarietà dell’ordinamento => Un ordinamento autonomo è anche un ordinamento unitario,
perché tutte le sue norme dipendono dagli stessi, identici, criteri di esistenza (e/o validità). secondo
una tesi risalente a Kelsen, due o più norme fanno parte dello stesso insieme quando la loro
validità è, in ultima analisi, riconducibile alla stessa norma fondamentale; questa tesi può essere
riformulata in termine hartiani: sostenendo che due o più norme fanno parte dello stesso
ordinamento quando sono riconducibili alla stessa regola di riconoscimento.
▪ Esclusività dell’ordinamento => quando le norme di altri ordinamenti non sono rilevanti “per forza
propria”, anche se, a volte, l’ordinamento può attribuire loro rilevanza mediante rinvio […] e
delega di autorità […]. Quando ciò accade queste norme di origine esterna sono recepite,
trasformate in norme interne, nazionalizzate, oppure sono considerate come meri fatti alla cui
esistenza l’ordinamento ricollega certe conseguenze normative.
Insomma, un ordinamento è autonomo se decide da sé i suoi criteri di appartenenza delle proprie norme,
è esclusivo se le norme che non soddisfano tali criteri non sono rilevanti per forza propria. Un
ordinamento autonomo ed esclusivo è un ordinamento coerente perché le antinomie interne, tra norme
appartenenti all’ordinamento, sono decise mediante i criteri dell’ordinamento, mentre le antinomie
esterne, tra norme di ordinamenti diversi, non esistono o, meglio, sono meri fatti, giuridicamente irrilevanti.
Un ordinamento autonomo, esclusivo, completo e coerente è in grado di assicurare la certezza del diritto,
perché è chiuso, nel senso che funziona, che calcola, secondo una logica binaria.
Il diritto completo è ordinamento non solo perché è ordinato, ma anche perché ordina in modo
stringente, secondo una coppia dicotomica di categorie predefinite: esistente o inesistente, permesso o
vietato, lecito o illecito, e, se si aderisce alla tesi dello spazio giuridicamente vuoto, giuridicamente
qualificato o giuridicamente indifferente.
11. La crisi dell’ordinamento
oggigiorno è, infatti, consolidata l’idea secondo cui l’epoca contemporanea sarebbe caratterizzata da
una rottura del precedente ordine statale, gerarchico, piramidale, autonomo, esclusivo e monologico.
Assisteremmo, cioè, al superamento della struttura tradizionale, la quale era dominata dall’assoluta
sovranità degli Stati-nazione; Oggi questa situazione si sarebbe evoluta in forme più intricate,
frammentate, solubili, policentriche, spontanee o simil tali: insomma, “All that is solid melts into air”.
Al centro e all’origine del mutamento vi sarebbe la crisi dello stato nazione e del tradizionale concetto di
sovranità.
A sua volta, la crisi del baricentro costituito dallo Stato sovrano causa ed è causata principalmente
dall’emergere di fonti normative eccentriche rispetto al tradizionale spazio statale, forme di
autoregolazione privata (come la lex mercatoria) o ultrastatale, che a loro volta determinano cittadinanze
frammentarie, gerarchie normative ingarbugliate e frastagliate, nozioni di validità normativa graduali
e condizionate.
Tra tali fenomeni assume una particolare rilevanza quello che Ferrarese ha denominato:
− ‘diritto sconfinato’ => un diritto “che sconfina”, ossia che va oltre i limiti fissati: un diritto che
travalica i tradizionali confini statali e che si apre a nuove estensioni, pur mantenendo un rapporto
più o meno significativo con i territori: è questo il caso del diritto sovranazionale. il diritto può
essere sconfinato in quanto addirittura “senza confini”, ossia non riducibile alla territorialità e
ai confini, e dunque esorbitante, enorme, senza limiti o misure: ed è il caso del diritto transnazionale.
La crisi dello Stato-nazione, dell’ordinamento autonomo ed esclusivo è solidale con l’emergere di due
nuove forme normative:
(I) il diritto sovranazionale = come quello dell’Unione Europea;
(II) il diritto transazionale = come la lex mercatoria o la tutela dei diritti.
Questi fenomeni, a loro volta, avrebbero contribuito a frantumare l’ordine piramidale, generando un
aggrovigliamento delle gerarchie; sarebbero venute meno anche le caratteristiche dell’autonomia,
dell’esclusività e, di conseguenza, della coerenza, dell’unità e della logica binaria.
Lo Stato ha perso anche il governo sull’appartenenza delle sue norme: altre fonti normative, fonti
normative che non soddisfano i criteri interni di appartenenza interni, pretendono rilevanza in un modo
che non può essere ignorato: tutto ciò genera incoerenze irrisolvibili o, almeno, irrisolvibili secondo i criteri
interni tradizionali.
• La crisi attuale: l’integrazione europea
Le relazioni tra norme interne e norme europee mal si adattano al modello dell’ordinamento: gli Stati
che aderiscono alla UE sembrano aver perduto alcune delle caratteristiche definitorie del concetto di
ordinamento, quali l’autonomia (intesa quale capacità di