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I REDDITI DA CAPITALE 28

La categoria dei redditi da capitale raccoglie fattispecie molto diverse ed appare quanto a fattispecie imponibili molto

complesse. Tuttavia, un tratto comune che le rende abbastanza omogenee è la derivazione del reddito da una qualsiasi

forma di impiego di capitale. L’art. 44 definisce i redditi da capitale. Ci troviamo dinnanzi ad un’elencazione di casistiche

che risultano essere molto dettagliate che però si conclude con una norma di chiusura che ha l’effetto di evitare

eventuali aperture.

All’interno di tale categoria, vi sono due grandi gruppi di fattispecie:

• Gli interessi: che sorgono ad esempio in base ad un contratto di mutuo, di conto corrente o di obbligazioni.

• Gli utili da partecipazioni: danno luogo a redditi da capitale gli utili da partecipazione in società di capitali

tassate come autonomi soggetti passivi IRES tali utili costituiscono un tipico reddito da capitale.

Costituiscono reddito da capitale tutti quei redditi che derivano dall’impiego di un capitale e che non rientrano nelle

voci precedenti e sono esclusi quelli che, pur derivando dall’impiego di capitali, hanno la caratteristica di nascere da

eventi incerti e futuri.

I capital gains, o le plusvalenze, non sono redditi di capitali in quanto derivano dalla cessione di un capitale non

dall’impiego di un capitale. Colui che ha la titolarità di un diritto reale del capitale impiegato è colui a cui verrà imputato

il reddito.

Importante è la disposizione che riguarda la determinazione del reddito di capitale: in base all’art. 45 primo comma il

reddito di capitale è tassato in base al principio di cassa cioè in base alla percezione. Il reddito di capitale è un reddito

tassato al lordo: non vi è riconoscimento delle spese sostenute per produrlo.

Molto spesso, molti redditi sono conseguiti tramite gli organismi collettivi di investimento oppure tramite fondi di

investimento: in questi ambiti ci troviamo di fronte a casi in cui la gestione riguarda in modo unitario sia dividendi e

interessi che capital gain o loss. La gestione è unitaria: la tassazione riguarda un risultato unitario. In questi casi si

applicano regimi speciali. La tassazione avviene con dei regimi di imposta sostitutiva o di ritenute alla fonte a titolo di

imposta. INTERESSI SU CONTO CORRENTE: dal punto di vista della qualificazione, gli interessi maturati dalle società sui

conti correnti non configurano un reddito da capitale. Vale la regola della trazione: vengono qualificati come reddito

di impresa e non vale quindi il principio di cassa ma il principio di competenza.

Per quanto riguarda i soggetti privati, gli interessi che maturano sui depositi imputabili ad un soggetto privato sono

assoggettati ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta e non vanno dichiarati in dichiarazione, viceversa se si parla

di un conto corrente di una società commerciale, gli interessi configurano reddito di impresa soggetti a ritenuta a titolo

di acconto (DPR 600 del 1996).

La ritenuta alla fonte a titolo di imposta è del 26%. Tuttavia, i titoli di stato hanno una tassazione più bassa del 12,5%.

LA TASSAZIONE DEGLI UTILI DELLE SOCIETÀ: in precedenza, abbiamo analizzato la tassazione per trasparenza

che permette di prevenire alla base problemi di doppia imposizione economica. Viceversa, per le società non

trasparenti che sono soggetti passivi IRES non sono tassati per trasparenza.

La società sostanzialmente paga l’IRES con gli utili che ottiene e l’utile distribuibile è nuovamente tassato: il principio

generale vorrebbe che sia nuovamente tassato in capo ai soci a titolo di dividendo. Il medesimo utile è assoggettato

all’imposta sul reddito e, una volta redistribuito, è assoggettato ad un’ulteriore imposizione.

Un secondo metodo per eliminare il problema della doppia imposizione è quello del credito di imposta: in Italia era

presente fino al 2003. La legge fiscale riconosce al socio un credito di imposta pari all’imposta già pagata dalla società:

in questo modo vi è eliminazione della doppia imposizione.

Il credito di imposta solleva però problemi di carattere internazionale: quando il socio è residente in uno stato diverso

da quello in cui risiede la società che distribuisce dividendi, nella generalità dei casi, salvo rari trattati internazionali, lo

stato non è disposto a riconoscere un credito di imposta ad un socio per una doppia imposizione che riguarda una

società estera.

In ragione di questo difetto si è passati ad un terzo metodo di eliminazione della doppia imposizione: l’esenzione. La

società paga l’imposta sull’utile ma sull’utile, una volta distribuito ai soci, vi è esenzione. A livello dei soci non vi è

quindi imposizione exemption regime di esenzione dei dividendi. Se il socio che riceve il dividendo è un soggetto

à

passivo IRES gode dell’esenzione al 95% del dividendo. A fronte di questa piccola tassazione pari al 5% del vi fosse

l’esenzione al 100%.

Per tutti gli altri soggetti l’esenzione è parziale: nel 2003, nel caso di socio rappresentato da una società di persone

l’esenzione era pari al 60% del dividendo. Nel caso di socio come persona fisica, che deteneva la sua partecipazione

nella sua attività di impresa, il dividendo era tassato per il 40%.

Non si tratta di un’esenzione tecnicamente detta: non si tratta di un’agevolazione ma si elimina soltanto il problema

della doppia imposizione e sarebbe dunque più corretto parlare di esclusione.

La doppia tassazione economica è prevenuta in quanto avviene soltanto in capo alla società che distribuisce.

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Per i soggetti IRES, i dividendi percepiti configurano reddito di impresa e tali dividendi confluiranno nel bilancio. Si parla

quindi di un reddito che concorre all’interno del conto economico alla formazione del risultato economico d’esercizio.

A questo punto, non bisogna focalizzarsi sul singolo componente: fiscalmente parlando occorre indicare in dichiarazione

i dividendi tassabili solo al 5%. A livello di reddito di impresa quello che costituisce oggetto di tassazione è il risultato

finale: la società potrebbe chiudere l’esercizio in perdita. In tal caso, la perdita che emerge dal conto economico sarà

aumentata della variazione relativa al dividendo. Su una perdita di 1000 euro e un dividendo di 100 euro, considerando

il dividendo avente una tassazione del 5%, la perdita fiscale sarà di 1095 euro.

Nel caso di socio persona fisica privata, in passato si doveva distinguere a seconda che la partecipazione fosse

qualificata o non qualificata, attualmente è stata eliminata l’esenzione del dividendo che è totalmente tassato ma la

tassazione è al 26%.

Una riforma recentissima ha abolito la duplicità di regimi fiscali tale per cui occorreva distinguere le partecipazioni

tra qualificate e non qualificate. Vi è dunque una doppia imposizione: 24% di ires per la società e 26% dell’imposta

sostitutiva.

SOCI PARTICOLARI

Se il socio è una società di persone commerciale, con la riforma del 2003, fu adottato il regime di esenzione ma nella

misura del 60% escluso e 40% tassato. Se il dividendo era pari a 100: 60 era escluso da imposta mentre 40 era

assoggettato ad imposizione.

Nel caso di società di persone in regime di trasparenza, la parte del dividendo da tassare va imputato al socio che, se

persona fisica, si trova ad applicare l’aliquota irpef. Se il socio fosse una società di capitali sul 40% vi è l’applicazione

dell’aliquota ires del 24%.

Nel 2003 questo regime era stato esteso al caso di persona fisica che deteneva la partecipazione come imprenditore.

Se l’acquisto fosse fatto con il patrimonio di impresa il regime era 60 non tassato e 40 tassato.

In conclusione, nel corso degli anni, questo regime fiscale 60 e 40, sia nei confronti di socio società di persone

commerciale, sia nel confronto di socio persona fisica imprenditore, attualmente la tassazione è 58,14% di tassato e

41,86% non tassato. Consideriamo però che nel 2003 l’aliquota ires non era del 24%: dal 2003 ad oggi si è ridotta

l’aliquota ires e, in concomitanza con tali riduzioni, il 60 no tax e il 40 tax ha subito un ribaltamento.

La tassazione dei redditi di capitale segue il principio di cassa: i dividendi per chiunque sono tassabili secondo tale

principio. Questa regola vale anche se il socio è una società soggetta IRES. Per chi produce reddito di impresa, anche ai

fini delle imposte sui redditi, vale il principio di competenza. Questa regola dei dividendi costituisce un’eccezione al

principio di competenza: prevale il principio di cassa. Nel bilancio si segue però il principio di competenza previsto dai

principi contabili.

ART. 46: I VERSAMENTI DEI SOCI A FAVORE DELLA SOCIETÀ. Contiene un’importante disposizione che prevede che le

somme versate a favore delle società commerciali possono essere date a mutuo cioè somme prestate dal socio alla

società (se non risulta che il versamento sia effettuato ad altro titolo). Inoltre, il socio può erogare somme a favore della

società sotto forma di capitale di credito, cioè prestando denaro alla società con obbligo di restituzione della somma

stessa. È a quest’ultima categoria a cui si riferisce l’art. 46. Deve risultare in modo evidente, dal bilancio della società, il

titolo a cui queste somme vengono erogate dal socio alla società. Il socio potrebbe finanziare la società anche a titolo

di capitale di rischio: il socio apporta capitale che sarà collocato nel patrimonio netto della società.

ART.47 Quinto comma: non costituiscono reddito per i soci delle società le somme che questi soci possono ricevere e

che derivano dalla distribuzione di riserve di capitale cioè dove sono stati imputati i versamenti effettuati dai soci a

titolo di capitale di rischio. Non possono comportare alcuna tassazione in capo ai soci in quanto non hanno natura

reddituale ma hanno natura di patrimonio.

ART. 47 Settimo comma: riguarda ipotesi un po’ particolari della vita della società come ad esempio il recesso di un

socio, l’esclusione di un socio e la liquidazione delle quote ai soci in sede di scioglimento della società. Quando vi è la

liquidazione al socio della propria quota di partecipazione occorre capire cosa è considerato riserva di utile e cosa è

considerato come capitale.

Questa disposizione prevede che le somme ricevute dai soci in caso di recesso, esclusione o liquidazione costituiscono

utile e come tale sono tassati per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione delle azioni

o delle quote.

Se questi redditi da capitale sono imputabili ad un non residente? Bisogna osse

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Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ante00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Tarigo Paola.
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