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Estratto del documento

(L.

653/1934);

Legge istitutiva del diritto riposo domenicale e settimanale (L. 370/1934);

perfezionamento, nel 1935, della legge delle mila 298 sul infortuni sul lavoro;

istituzione della tutela pensionistica obbligatoria, successivamente della tutela

mutualistica contro le

malattie dei lavoratori.

La legislazione del periodo è culminata nel codice civile del 1942 che è sopravvissuto alla

fase post- costituzionale, sino a rappresentare tuttora il cuore della normativa lavoristica per

quel che attiene alla struttura obbligatoria del contratto di lavoro subordinato. Con il codice

civile, in effetti, la nozione di lavoro subordinato (articolo 2094) ha fatto ingresso nella

legislazione italiana, consegnando alla storia la locazione di opere e le altre nazioni

contenute nella legislazione delle origini, non ti realizzando, tramite l’uni cazione dello

statuto giuridico di tutti lavoratori, l’estensione gli operai dei diritti già riconosciuti, dalle

leggi del 1919-24, ai soli impiegati.

• 6. Il diritto del lavoro repubblicano: dalla Costituzione allo Statuto dei diritti dei lavoratori

Dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, sia creata una confusa situazione stroncata

con l’ordinanza 28/1944 del governo militare alleato, la quale ha disposto la soppressione

delle strutture sindacali-corporative e la ricostituzione di un regime di libertà sindacale.

Peraltro, per non lasciare i lavoratori privi di tutela sociale, sono state mantenute

provvisoriamente e inde nitamente in vigore le norme dei contratti collettivi dell’epoca

corporativa. Sul terreno sindacale il sindacalismo antifascista ha trovato una unità

provvisoria nella CGIL, nella quale convivevano componenti comuniste, democristiane e

socialiste. Ma tale unità si è rotta già nel 1948 -come conseguenza della spaccatura politica,

nell’incipiente Guerra fredda, fra democristiani e social- comunisti-, derivandone la nascita,

da costole della CGIL, della CISL (di ispirazione cattolica) della UIL (d’ispirazione

repubblicano-socialista). Nel frattempo, dal 1 gennaio 1948, entrate in vigore la Costituzione

repubblicana, che è parte autorevole di quel movimento costituzionale moderno che ha

segnato la trasformazione dello Stato liberale classico in Stato democratico liberale sul piano

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dei rapporti politici, e in stato sociale su quello dei rapporti economico-sociali. La

costituzione ha dato al diritto del lavoro un nuovo e rafforzato fondamento, indicandone la

direzione di sviluppo. Dopo di che, proprio per l’imperativo di dare attuazione alla

costituzione, andando oltre il fresco impianto normativo del codice civile (che aveva lacune

protettive, non prevedendo, ad esempio, alcun limite alla libertà di licenziamento nè

garanzie sindacali), il testimone è passato, di nuovo, alla legislazione speciale.

A tal proposito, se gli anni 50 del secolo scorso non hanno fatto registrare leggi signi cative,

sul terreno sindacale si è avuto un certo sviluppo della contrattazione collettiva di categoria,

ma il sindacalismo è rimasto, nel complesso debole e diviso anche a causa della dif coltà di

penetrare nei luoghi di lavoro. D’altro lato, il vero salto di qualità c’è stato negli anni 60, che

hanno visto l’avvento al governo del centro- sinistra (con il partito socialista), quindi rizzi

programmatici la protezione dei lavoratori, in generale le istanze sociali, guravano al primo

posto. È iniziato allora un processo di riequilibrio economico-sociale contrassegnato da una

maggiore presenza della contrattazione collettiva (per la prima volta anche a livello di

singola azienda) e dall’emanazione di leggi a tutela del lavoro subordinato tra le quali la L.

15 luglio 1966 numero 604 che ha limitato per la prima volta all’esercizio del potere

imprenditoriale del licenziamento, superando il DOC ma liberale della libertà di recesso dal

contratto a tempo indeterminato.

Negli anni 70, la tendenza verso una redistribuzione del potere della ricchezza a favore delle

classi lavoratrici ha preso un eccezionale abbrivio intrecciandosi con fenomeni più vasti di

contestazione dell’ordine politico e sociale esistente. Nell’autunno caldo del 1969, innescato

dalla lotta per il rinnovo dei principali contratti collettivi di categoria, hanno avuto luogo

grandi e partecipate agitazioni sociali, che si sono diffuse anche nei luoghi di lavoro, dando

vita a fenomeni di sindacalismo spontaneo, spesso lo posiziona sindacalismo uf ciale e alle

forze storiche della sinistra parlamentare. Nel clima di quegli anni e poi maturata, anche in

ragione della preoccupazione della sinistra politica e sindacale di non farsi scavalcare dei

movimenti extraparlamentari, l’emanazione di una legge da tempo attesa, lo Statuto dei

diritti dei lavoratori adottato con la legge 20 maggio 1970 n.300.

Lo statuto, il cui padre riconosciuto fu Gino Giugni, aveva due nalità principali:

stabilire norme a tutela della libertà e della dignità dei lavoratori;

promuovere la presenza di organismi di rappresentanza dei lavoratori, collegati ai sindacati più

rappresentativi, e lo svolgimento di attività sindacale, nei luoghi di lavoro.

Inoltre, lo statuto ha modi cato (rafforzando la protezione del lavoratore illegittimamente

licenziato) la L. 604/1966, con quell’articolo 18 (titolato “reintegrazione nel posto di lavoro“) che

tanta importanza simbolica, politica e giuridica, ha avuto nella storia successiva. È di poco

posteriore la legge 533/1973 che ha istituito un rito processuale speciale per le controversie di

lavoro, rivolto a rendere più facile e spedita la tutela processuale dei diritti dei lavoratori,

presupposto della creazione della magistratura specializzata del lavoro. Ci sono poi altre rilevanti

provvedimenti legislativi relativi alla istituzione della “cassa integrazione guadagni straordinaria“,

alla tutela delle lavoratrici madri e alla parità fra uomo e donna sul lavoro. Quegli anni hanno altresì

registrato un’imponente crescita della contrattazione collettiva, tanto nazionale quanto aziendale.

Oltre a radicare de nitivamente il sindacato in azienda e a rafforzarne il ruolo politico complessivo,

ció ha fatto lievitare i livelli retributivi dando così luogo alla prima grande operazione redistributiva

dopo il boom economico: le retribuzioni dei lavoratori erano protetti anche nei confronti

dell’in azione, mediante un meccanismo (la scala mobile) che comportava un incremento

automatico in correlazione all’aumento del costo della vita, e che era stato modi cato nel 1975 (con

l’accordo Agnelli-Lama) in una direzione egualitaria.

Vi è stata dunque, in quel periodo, una grande valorizzazione del ruolo sociale e del peso politico

delle classi lavoratrici tanto che ciò permesso al diritto del lavoro di toccare il proprio zenit,

esaltandone la funzione protettiva di attuazione costituzionale. Anche a la giurisprudenza ha dato un

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importante apporto in tale direzione esprimendo, in maggioranza, orientamenti garantistici, cioè

rivolti alla difesa dei diritti dei lavoratori.

Tuttavia la storia ha proposto di lì a poco nuovi scenari.

7. Il diritto del lavoro della crisi: gli anni ‘80

L’impatto devastante, sulle economie mondiali, della crisi petrolifera innescata dalla guerra arabo-

israeliana del 1973, aveva determinato il ritorno, dopo due decenni tranquilli, del problema

dell’in azione. Un’in azione giunta a lambire il 20% su base annua, e combinata oltretutto a

fenomeni di stagnazione economica (stag azione), e quindi di disoccupazione. L’in azione

induceva, nei lavoratori, la spinta ad ulteriori rivendicazioni retributive, che però, ove non

corrispondenti ad incrementi di produttività, generavano nuove pressioni in azionistiche da

domanda e/o da costi. La stessa scala mobile aveva effetti controproducenti fungendo da

moltiplicatore del tasso di in azione.

In questo contesto, ha iniziato a porsi l’esigenza di contenere la dinamica ascensionale dei costi di

lavoro, in generale di attuare una politica dei redditi, in modo da commisurare la crescita dei livelli

di reddito (non solo dal lavoro) all’andamento dei parametri macroeconomici. Ciò richiedeva,

peraltro, la collaborazione dei sindacati e a livello politico dei partiti di opposizione.

Nel periodo cd. della solidarietà nazionale sul nire degli anni 70 sono state emanate alcune leggi,

poi chiamate dell’emergenza, miranti al contenimento dei costi del lavoro in funzione

antin azionistica. Nel 1978 con la svolta dell’EUR lo stesso sindacato ha trovato il coraggio di

un’autocritica, riconoscendosi pubblicamente che il salario non può essere trattato come una

variabile indipendente dell’andamento dell’economia. Quella presa d’atto ha posto le basi di un

atteggiamento sindacale più responsabile disposto al dialogo con la controparte sociale e con il

governo.

Che gli anni 80 si presentassero all’insegna di un arretramento del potere sindacale e una rivincita

imprenditoriale, lo ha annunciato anche l’evento che ha simbolicamente inaugurato il decennio: la

“marcia dei 40.000“, ossia una grande manifestazione che quadri, impiegati capi operai della Fiat

hanno inscenato per le vie di Torino per far cessare uno sciopero che stava bloccando da lungo

tempo l’attività dell’azienda. È stata la vittoria della linea sostenuta dall’amministratore delegato

della Fiat, Cesare Romiti, e l’inizio di una fase di dif coltà per il sindacato, che ha giocato poi a

favore di settori industriali che in quegli anni sono stati costretti a ristrutturarsi con pesanti ricadute

in termini di occupazione. Si tenga altresì conto che era in atto un processo di transizione da un

assetto produttivo occupazionale incentrato sull’industria ad una fondato sui servizi, che già negli

anni 60 il sociologo americano Daniel Bell aveva teorizzato come avvento della società post-

industriale. Sono maturate, in quel contesto, le condizioni per aprire trattative a tutto campo sui

costi del lavoro sulle strategie industriali, sovente riassorbite nel più ampio alveo di una

contrattazione trilaterale, cui partecipava anche il governo, Tanto a presidio dell’interesse pubblico

al controllo dell’in azione, quanto per mettere a disposizione misure di politica economica (ad

esempio scale) compensative dei sacri ci richieste lavoratori su terreno retributivo o il ricorso ad

“ammortizzatori sociali“ come la cassa integrazione guadagni. La contrattazione trilaterale o “il

neo-corporativa“ ha registrato un primo importante successo con l’accordo Scotti del gennaio 1983,

nel quale sono stati concordati alcuni ritocchi al sistema della scala mobile. Ma quando, nel

Dettagli
A.A. 2023-2024
102 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessia.bardelli25 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Vallauri Maria Luisa.