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LE FUNZIONI DELIBERATIVE

La funzione del corpo elettorale prepositiva ad organi non esaurisce tutte quelle ascrivibili a

manifestazioni di volontà di esso, dovendosi ricordare le funzioni di preposizione all’Assemblea

siciliana e ai Consigli regionali, provinciali e comunali (elezioni amministrative) cui il corpo

elettorale è chiamato. Questa funzione, è dotata di particolare rilievo, in quanto costituisce il

meccanismo su cui poggia il sistema della democrazia rappresentativa, presenta, tuttavia, un

profilo strumentale, il quale cede nei casi in cui il corpo elettorale sia chiamato ad esprimere

direttamente decisioni, configurando quindi un’altra funzione che potremmo definire deliberativa.

Essa si sostanzia nel referendum nelle sue forme di abrogativo e costituzionale di cui è menzione

rispettivamente negli artt. 75 e 138 della Cost. Le consultazioni di cui trattasi hanno in comune la

natura eventuale, nel senso che il nostro testo fondamentale non prevede condizioni in cui è

necessaria la consultazione del corpo elettorale e quindi il ricorso al referendum. Esse si sostanziano

in manifestazioni che richiedono l’apprezzamento su norme giuridiche efficaci (referendum

abrogativo), o solo perfette secondo il procedimento di produzione (referendum costituzionale).

Consistono dunque in deliberazioni che possono confermare o abrogare la norma o di arresto della

sua entrata in vigore. La funzione deliberativa del corpo elettorale è di sostegno all’attività delle

Camere (se viene confermata la norma) o, al contrario, demolitiva (se viene abrogata). Tuttavia,

nell’una e nell’altra ipotesi il referendum abrogativo può ugualmente divenire elemento

perturbatore, assumendo un profilo per il quale lo strumento referendario è stato da qualche autore

stimato come “ambiguo”.

Tanto più se si pensa alla possibilità di proporre ed ottenere l’abrogazione di ritagli della

disposizione (referendum manipolativi) i quali producono effetti abrogativi e modificativi della

norma contemporaneamente. Non sono pochi, dunque, i motivi di perplessità sulla combinazione

dell’esercizio mediato della sovranità popolare con la funzione deliberativa del corpo elettorale

tramite referendum. Questi motivi di perplessità sono anzitutto la richiesta di esercizio della

funzione deliberativa popolare può costituire un’arma nelle mani di alcune minoranze che

impegnano in campagne referendarie la coalizione di Governo disturbando l’andamento della

realizzazione del programma. In secondo luogo, essa spesso chiama il corpo elettorale ad

esprimersi su questioni tecniche, difficilmente risolvibili attraverso il consenso popolare, o in

riferimento a materie sensibili su cui è facile che il corpo elettorale si divida. In terzo luogo, il

corpo elettorale schierato su idee politiche differenti viene con il referendum costretto ad

omologarsi o amalgamarsi su idee politiche che originariamente non gli appartengono. Infine, la

lettura del risultato del referendum non è agevole da parte dei partiti politici, i quali non sono in

grado di stimare quanta porzione del proprio elettorato abituale si sia attenuta alla indicazione del

partito in campagna referendaria e quant’altra si sia staccata. Il referendum è chiamato in taluni

casi ad esprimere una linea politica che, provenendo direttamente dal popolo, toglie dallo stallo in

cui le forze politiche di maggioranza si trovano per l’impossibilità di dare una soluzione concordata,

e le obbliga a seguire l’orientamento espresso dal corpo elettorale.

IL REFERENDUM ABROGATIVO

Di particolare interesse è il referendum abrogativo, al cui esercizio i cittadini con diritto di voto

sono stati di frequente chiamati. L’art.75 Cost. detta la disciplina essenziale dell’istituto,

completato, in seguito, con la legge del 1975 già rifinito dall’art.2 della legge Cost. 11 marzo 1953

n.1 ad integrazione dell’art. 134 Cost. sulla competenza della Corte costituzionale a giudicare

dell’ammissibilità della richiesta di referendum. La Costituzione, circa il primo aspetto, si è

limitata a disporre su: a) l’oggetto, b) la richiesta, c) coloro che sono chiamati ad esprimere il voto,

d) le condizioni di approvazione della proposta, e) il rinvio alla legge sulle modalità di attuazione.

Relativamente all’oggetto, l’art.75 Cost. stabilisce che è indetto dal Capo dello Stato referendum

popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di

legge. L’uso del termine deliberare rende chiaro l’intento del Costituente di offrire al corpo

elettorale un momento di esercizio diretto della sovranità. Vengono escluse dal procedimento del

referendum le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali che vengono

approvate, modificate o abrogate attraverso il singolare procedimento sancito nell’art.138 Cost.,

dunque, si tratta di leggi sottoposte ad un regime di approvazione del tutto speciale. Altre leggi non

sottoponibili a referendum vengono identificate dall’art. 75 c. 1 e 2 Cost., le quali possono essere

considerate di forte espressione politica e dunque non possono essere affidate al giudizio del corpo

elettorale. La restrizione, cui è stato sottoposto l’uso del referendum abrogativo con il comma 2

dell’art.75, trova fondamento all’art. 1 Cost. il quale, pur costituendo la premessa della previsione

degli istituti di democrazia diretta, nel sancire che la sovranità appartiene al popolo, ha al

contempo riservato alla stessa Costituzione e alle eventuali future leggi costituzionali, l’indicazione

delle forme e dei limiti in cui l’esercizio della sovranità popolare può trovare occasione. Con

riferimento ancora all’oggetto bisogna distinguere il caso in cui esso riguardi un decreto-legge o un

decreto legislativo. Nel primo caso è esclusa la possibilità che un decreto-legge possa essere

sottoposto a referendum, considerata la sua breve vigenza di 60 giorni (esiste però la possibilità di

richiesta del referendum abrogativo per la legge di conversione del decreto-legge). Nella ipotesi del

decreto legislativo esso può essere sottoposto al responso popolare per espressa disposizione

costituzionale.

La richiesta del referendum abrogativo viene disciplinata dall’art.75 Cost. che ne dà titolarità a

500.000 elettori e a cinque Consigli regionali. La legge 352/1970, attuativa dell’art. 75, ha

previsto la figura dei promotori ai quali va notificata l’ordinanza con cui l’Ufficio centrale per il

referendum, istituito presso la Corte di Cassazione, individua eventuali irregolarità della proposta;

va comunicata la data della Camera di consiglio fissata dal Presidente della Corte costituzionale;

nonché notificata, sempre ai promotori, la sentenza con cui la Corte costituzionale decide

sull'ammissibilità. La possibilità che cinque Consigli regionali possano avanzare richiesta di

referendum va interpretata come uno dei segni del rilievo delle Regioni nel nostro ordinamento

costituzionale.

Coloro che sono chiamati a dare il voto sono, per indicazione dell’art. 75 c.3, tutti i cittadini

titolari del diritto di elettorato attivo per la Camera.

Per quanto riguarda le condizioni di approvazione della proposta, art. 75 c.4, è prescritta la

partecipazione della maggioranza del corpo elettorale e, inoltre, che la richiesta di abrogazione

consegua la maggioranza dei consensi dei voti validamente espressi. La prima circostanza ha

costituito oggetto di dibattiti a seguito della diserzione che ha segnato le ultime richieste

referendarie, andate a vuoto in virtù della regola del doppio quorum. L’invito formulato agli

elettori da parte di questo o quel partito politico o di altri soggetti ha contribuito al risultato che la

richiesta di referendum non ha avuto ascolto presso la maggioranza dell’elettorato.

Il rinvio alla disciplina con legge delle Camere delle modalità di attuazione, previsto nell’ultimo

comma dell’art. 75 ha avuto seguito soltanto con la legge n. 352/1970. Trattasi di una disciplina

minuziosa, che ha regolato tutto il procedimento, dall’iniziativa all’effetto del risultato referendario.

La richiesta deve indicare i termini del quesito da sottoporre alla votazione e deve essere presentata

insieme a dei fogli contenenti il nome e la sottoscrizione degli elettori aderenti, nonché dei relativi

certificati elettorali. Altre norme della legge 352/1970 dedicano particolare attenzione per quanto

riguarda i termini e gli effetti degli interventi degli organi partecipanti al procedimento o da esso

interessati. Particolare rilievo va posto all’art.39 della medesima legge secondo il quale, nel caso in

cui la legge oggetto della proposta venga abrogata prima dell’attuazione del referendum, l’Ufficio

centrale dichiara che le operazioni ad esso relative non abbiano più corso. La norma poggia su un

duplice fondamento: anzitutto, l’iniziativa referendaria non priva il Parlamento della titolarità della

funzione legislativa. Le Camere, dunque, possono sempre modificare la norma o la parte di essa che

ne costituisce oggetto del referendum. In secondo luogo, che in tale evenienza verrebbe a mancare

l’oggetto della consultazione popolare, la quale, tende a promuovere la rimozione della legge o

dell’atto a questa equiparato. Su questo punto è però intervenuta la Corte costituzionale con la

sentenza n.68 del 1978 dichiarando l’illegittimità dell’art.39 della legge 352/1970 nella parte in cui

non prevede che, ove l’abrogazione della legge non sia sostituita con altra disciplina modificativa

dei principi ispiratori della precedente regolamentazione o dei contenuti essenziali delle singole

norme, il referendum indetto sulla legge così non modificata si effettui sulla nuova disciplina.

Circa gli effetti del referendum bisogna distinguere se il risultato è di accoglimento della proposta

o di rigetto. Nel primo caso l’abrogazione delle disposizioni sottoposte a referendum ha effetto dal

giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto del Presidente della

Repubblica, il quale su proposta del Ministro competente per materia, e previa deliberazione del

Consiglio dei ministri, può ritardare l’effetto abrogativo fino a 60 giorni dalla data di

pubblicazione del decreto medesimo. Il significato pare evidente, riferendosi ad ipotesi di

abrogazione mediante referendum relativa a norme delle quali occorre colmare la sopravvenuta

lacuna per effetto della loro abrogazione o la cui eliminazione impegna particolarmente l’indirizzo

politico del Governo. Nel caso, invece, in cui il voto popolare abbia respinto la proposta di

abrogazione, risulta preclusa l’iniziativa sul medesimo oggetto prima di un quinquennio.

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A.A. 2024-2025
11 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tamaghag di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Cariola Agatino.