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SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (s.a.s.)
La società in accomandita semplice prevede due tipologie di soci, ossia:
• i soci accomandatari, assimilabili in tutto e per tutto ai soci di s.n.c., quindi di diritto
amministratori e rappresentanti, ma illimitatamente e solidalmente responsabili;
• i soci accomandanti (soci di capitale/soci capitalisti), l’opposto rispetto ai primi, in quanto
estranei alla funzione gestoria e inoltre privilegiati con un beneficio di responsabilità limitata alla
sola partecipazione posta in essere dagli stessi.
N.B. in caso di debito della società, il creditore potrà ottenere una parte del credito dal patrimonio
societario e, se questo insufficiente, potrà richiedere il resto al socio accomandatario, ma non a
quello accomandante il quale appunto ha responsabilità limitata.
Le doti personali dell'accomandante non vengono richieste in quanto non gli è attribuita alcuna
funzione gestoria. Si può quindi dire che la s.a.s. è un ibrido tra due forme di società (s.n.c. e s.p.a.),
in quanto si trova al confine tra società di persone e società di capitali. I trasferimenti inter vivos
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delle partecipazioni dell’accomandatario sono uguali a quelli applicati ai soci delle s.n.c. (principio
unanime), mentre i trasferimenti inter vivos delle quote di partecipazioni dell’accomandante sono
simili a quelli delle società di capitali (principio maggioritario).
La distinzione tra soci amministratori e non amministratori avviene ex lege, non è possibile
prevedere che un accomandante assuma poteri gestori (divieto di immistione, ex art. 2320 c.c.);
tuttavia, può essere prevista un’eccezione espressa, che può essere contenuta nell’atto costitutivo,
secondo cui il socio accomandante, mediante procura speciale, può occuparsi di singoli affari e ed
esprimere pareri o autorizzazioni. In caso di violazione del divieto di immistione ci sarà una
sanzione precisa nei confronti dei trasgressori, risultante nella perdita del privilegio della
responsabilità limitata per il socio accomandante; si può prevedere anche l’applicazione della
disciplina del falsus procurator, o in casi più estremi, l’esclusione di diritto dalla società. La perdita
del privilegio avviene soprattutto in due casi:
- caso di atti di immistione, qualora l’accomandante venga scoperto ad occuparsi di atti di
amministrazione della società;
- il caso in cui l’accomandante acconsenta all’inserimento del proprio nome nella ragione
sociale.
Questa rigidità è giustificata dal fatto che si tratti di soci di capitale che hanno un privilegio
straordinario: godono del velo societario, tipico delle società di capitali; è quindi necessario che
gli stakeholder riconoscano immediatamente il regime di gestione della società. Nella
qualificazione concreta come immistione o meno, bisogna capire il punto di osservazione, ossia
quello del terzo, in quanto vige la tutela dell’interesse del terzo.
Come mai si crea questo modello ex lege? L’ordinamento prevede tale modello per tutelare il
coinvolgimento nella società degli investitori, i quali non sarebbero propensi ad investire se non
vi fosse questa benefica forma di tutela. Nel nostro ordinamento, si guarda con atteggiamento
pregiudizievolmente sospettoso certi strumenti, per la possibilità di un loro utilizzo malizioso
(utilizzazioni truffaldine); di fronte a chi sostiene l’abolizione della s.a.s. a causa dei numerosi abusi
di tale istituto, si potrebbe sostenere l’introduzione di rimedi più rigidi e sanzionatori (opinione del
professore).
SOCIETA’ DI CAPITALI
LE SOCIETA’ PER AZIONI
Le società di capitali si reggono su due importanti principi:
• la funzione gestoria non è automaticamente connessa allo status di socio, l’organo
amministrativo viene, infatti, eletto dall’assemblea dei soci (organo monocratico, pluralità di
amministratori autonomi oppure consiglio di amministrazione) e la nomina è circoscritta ad un
periodo determinato e, se indeterminato, può essere revocata in qualsiasi momento;
• in secondo luogo, l’organo amministrativo così nominato ha l’esclusiva della funzione gestoria.
Il cuore di questo modello è dato dal fatto che la partecipazione alla società non deriva da qualità
personali, ma solo dall’apporto di capitale e quindi non è scontato che il socio sia amministratore;
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inoltre, tendenzialmente, proprio perché i soci sono soltanto dei capitalisti, gli amministratori
saranno, come spesso accade, figure professionali.
Ai soci residua soltanto il funzionamento della società, quali le modifiche dell’atto costitutivo, in
particolare la modifica del capitale sociale, la nomina degli amministratori e l’approvazione del
bilancio (funzioni non gestorie, ma attenenti al funzionamento di base della società). In realtà, tale
paradigma si realizza soltanto nelle s.p.a., in quanto con la s.r.l. si ha un paradigma più flessibile e il
modello, seppur perfettamente capitalistico, possiede anche delle interessanti striature di
personalismo (può essere più o meno capitalistico).
SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA (s.r.l.)
Il modo in cui la s.r.l. possa essere o meno capitalista è riferita all’attribuzione di alcune funzioni
gestorie ai soci stessi: attribuzione ai soci di diritti particolari (art. 2478 c.c. —> ex lege) e altri
poteri (art. 2479 c.c.). L’art. 2468 c.c. fonda i c.d. diritti particolari, strumento emblematico di
flessibilità che troviamo esclusivamente nelle s.r.l. Può essere previsto nell’atto costitutivo a favore
di uno o più soci e può riguardare poteri amministrativi o percentuali di partecipazioni agli utili.
Esempio —> la società Alfa s.r.l. ha 3 soci, Tizio, Caio e Sempronio, ciascuno ha il 33%; a Tizio
viene riconosciuto nell’atto costitutivo il diritto particolare di poter opporre un veto a qualsiasi
operazione di compravendita di proprietà intellettuale.
Questo strumento ha due caratteristiche interessanti:
1) il diritto è attribuito ad personam ed è legato alla sua identità, quindi, verrà meno in caso di
cessione della quota;
2) Un secondo elemento peculiare è che, essendo un diritto legato all’identità, prescinde dalla
quota di partecipazione.
Come mai è importante questa scissione tra quota di partecipazione e diritto particolare? C’è di
interessante che è uno strumento che può essere utilizzato per tutelare alcuni soci in fasi della vita
societaria in cui i rapporti di forza possono cambiare.
Esempio —> 3 soci, Tizio, Caio e Sempronio, fondano una società di software e i primi due sono
soci di capitale mentre il 3° è un socio che ha le più importanti competenze tecnologiche per avviare
l’attività; è verosimile che la società dovrà dotarsi di nuovo capitale; Sempronio, il quale non ha
capitale, viene garantito con un diritto particolare che gli assicura una rilevante possibilità di
incidere sulla gestione della società anche laddove dovesse perdere la sua percentuale.
Esempio n. 2 —> Può accadere l’opposto: tre soci sono i primi fondatori della società e dopo 2
anni, avendo bisogno di nuovo capitale ma non potendolo apportare loro stessi, si affidano
all’apporto di capitale di un soggetto III. Questo soggetto III apporta una certa somma di capitale
acquisendo una quota marginale e richiede però, in cambio dell’apporto di capitale, dei diritti
particolari ad esempio il diritto particolare a nominare la maggioranza degli amministratori o
quantomeno un amministratore.
Un ultimo elemento strutturale è che può essere modificato soltanto all’unanimità.
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Esempio —> Tizio vuole vendere la sua quota a Caio trasferendo il proprio diritto particolare.
Tecnicamente non può farlo (diritti particolari che dipendono dall’identità) ma possono esserci dei
modi per ottenerne il medesimo risultato, e dunque ottenere lo stesso effetto del trasferimento:
1. Invece che trasferire il diritto particolare e dunque la quota trasferisco la società a cui è
annessa la quota; ciò ricorda che la società è tanto un soggetto di diritti quanto un oggetto di
diritti che può dunque essere trasferita.
2. L’alternativa è preordinare questa decisione già in costituzione dell’atto costitutivo.
Altri due metodi contenuti nell’art. 2479 c.c.:
A. “I soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo”. Questa
clausola apre le porte a qualsiasi attribuzione di poteri gestori in capo ai soci.
B. La seconda regola dice “I soci decidono… nonché sugli argomenti che uno o più
amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale
sottopongono alla loro approvazione”.
Questi strumenti sono legati al potere gestorio e hanno una forza decrescente: il diritto particolare è
legato alla persona, l’atto costitutivo è soggetto a modifiche che solitamente sono a maggioranza
per garantire tutti i soci e non semplicemente uno di questi.
Organi amministrativi nelle società di capitali (s.r.l. e s.a.s.)
A quali amministratori appartiene la funzione gestoria? L’amministrazione nelle società di capitali
può essere di 3 tipi:
i. organo monocratico (amministratore unico);
ii. l’organo amministrativo può consistere di una pluralità di amministratori; questi
amministratori decidono come nelle società di persone in modo congiunto o in modo
disgiunto. Gli amministratori sono autonomi l’uno dall’altro e dunque decidono in maniera
disgiunta salvo limitazioni. Ognuno detiene il potere gestorio.
iii. organo collegiale in cui abbiamo il collegio (si può parlare di amministratore in senso lato ma
anche di consiglio di amministrazione, il CDA) quale organo amministrativo che ha alcune
caratteristiche:
‣ decide tipicamente a maggioranza, dunque i membri contribuiscono alla formazione della
volontà del collegio.
‣ il singolo amministratore non ha potere gestorio perché contribuisce alla formazione
della volontà del collegio; il potere gestorio dunque appartiene all’intero collegio.
‣ Si attribuiscono deleghe gestorie a uno o più membri: il consiglio di amministrazione può
scegliere al suo interno uno o più amministratori delegati. L’amministratore delegato
diventa titolare di un potere gestorio personale (l’avvocato non può essere destinatario di
una delega gestoria). &Egr