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Tipologie d'impresa

Il legislatore ha diviso le tipologie in due categorie: impresa commerciale e agricola. Il legislatore ha voluto dividerle perché tradizionalmente quella agricola è sempre stata considerata come maggiormente necessitante di una tutela specifica, cioè una tutela che tenga conto delle condizioni climatiche. Oggi questa divisione ha senso dal punto di vista storico e tradizionale. La nozione di impresa agricola è prevista all'art. 2135 cc che ne parla come un'attività che può avere una triplice sostanza, cioè la coltivazione del fondo, la silvicoltura e l'allevamento di animali. La coltivazione del fondo è l'utilizzo del fondo in modo diretto da parte dell'imprenditore che ne trae i frutti che coltiva. La silvicoltura è la cura del bosco per trarne i prodotti che ne derivano, quindi legna, pigne ecc. Per quanto riguarda l'allevamento di animali, su questo concetto è intervenuta una riforma del.

Nel 2001 è stata apportata una modifica all'articolo 2135 che ha ampliato il concetto di allevamento di bestiame. Prima, si faceva riferimento solo agli animali tradizionalmente considerati bestiame, mentre tutti gli altri animali allevati non venivano considerati attività agricola.

La modifica ha esteso il concetto di allevamento, includendo anche il pollame, i pesci (pescicoltura) e i cavalli, quindi tutto ciò che può essere allevato su terreno.

Inoltre, le attività connesse non sono più limitate all'elaborazione e al trattamento dei prodotti derivati dal fondo. Ora possono essere considerate attività agricole anche quelle volte alla valorizzazione del fondo dal punto di vista paesaggistico.

Ad esempio, tutte le attività di manipolazione e trattamento dei prodotti derivati dal fondo, anche se non effettuate direttamente sul fondo stesso, sono considerate attività agricole per connessione. Un esempio è il produttore di uva che utilizza parte della sua produzione per produrre vino per conto di un altro soggetto.

Le imprese agricole non devono tenere le scritture contabili e sono iscritte in una sezione particolare del registro delle imprese e quindi hanno un trattamento di favore. Le imprese agricole sono imprese non commerciali. Le imprese agricole sono sottoposte a determinate regole quale ad esempio quella della concorrenza, azienda, dei simboli distintivi. Le imprese commerciali non sono quelle agricole. Le attività commerciali sono descritte nell'art. 2195 che dice che le imprese commerciali sono obbligate alla registrazione nel registro delle imprese. Quindi una menzione ai fini della registrazione. Le imprese commerciali sono quelle di tipo industriale dirette alla produzione di beni o di servizi, attività intermedie nella circolazione dei beni, le attività di trasporto per terra-aria-acqua, attività bancarie e assicurative e le attività ausiliarie delle precedenti. Altre divisioni.all'interno del cc è quella tra imprese di piccole dimensioni e imprese medio grandi. Le imprese piccole hanno delle caratteristiche particolari siccome hanno una caratterizzazione di tipo personalistico cioè secondo il legislatore la caratteristica principale è il lavoro personale dell'imprenditore o dei suoi famigliari o dei soci in caso di società rispetto al capitale investito. La nozione di piccola impresa si trae dal cc art 2083 che la descrive come un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro del titolare e dei componenti della sua famiglia. Definizione generale che fa trapelare il concetto di prevalenza del lavoro del titolare e dei famigliari o soci sul resto dell'organizzazione. Vi sono delle specificazioni siccome il legislatore ha voluto tipizzare attività d'impresa di piccole dimensioni facendo rientrare attività di artigianato, coltivatore diretto e piccolo commerciante. Il processo

Il produttivo delle imprese di piccole dimensioni si incentra sul fattore produttivo rappresentato dallavoro del titolare più che non dal capitale o dal lavoro dei dipendenti. Esempio tipico di impresa di piccole dimensioni è impresa familiare che è stata normata nel libro primo dove si parla dei rapporti familiari siccome impresa familiare è stata creata in un periodo storico dove è avvenuta la riforma del diritto di famiglia che aveva lo scopo di equiparare i diritti delle donne all’interno della famiglia.

LEZIONE 11 OTTOBRE [SEMINARIO]

Il diritto del Ue fino dai suoi albori si è occupato del principio di parità di trattamento tra uomo e donna. Nei trattati esisteva una norma in materia di pari retribuzione tra uomo e donna. Nasceva come elemento del mercato e quindi come pari competitività tra le imprese.

Oggi abbiamo ancora una norma relativa alla parità di trattamento nella retribuzione, art 157 TFUE che conferisce inoltre il

Potere al parlamento a legiferare in questa materia. Altre norme oggi presenti sono:

  • Art 3 del trattato sull'UE stabilisce che UE combatte esclusione sociale e promuove la parità tra donne e uomini. Obbiettivo generale non più riferito solo alla retribuzione come nel passato.
  • Art 23 della carta dei diritti fondamentali del UE in base al quale la parità fra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi.

Risoluzione del parlamento EU del 3 maggio 2021 in materia di indipendenza economica delle donne attraverso l'imprenditorialità e il lavoro autonomo. La risoluzione è usata dal parlamento per far conoscere la propria opinione. Questa risoluzione si occupa del tema dell'imprenditoria femminile, qualificata come la fonte più preziosa e più ampia di potenziale imprenditoriale inutilizzato e di leadership in EU.

Motivi del sottoimpiego delle donne, il parlamento ne individua tre:

  1. Elemento culturale
  2. Formazione
  3. Assistenza
in famigliaPer imprenditoria femminile si intende un'impresa individuale, società di persone, imprese cooperative dove la maggioranza dei soci sono donne. Nel nostro paese l'imprenditoria femminile si afferma principalmente nel settore dei servizi. Gli ostacoli che si incontrano sono: opportunità di guadagno non soddisfacenti, difficoltà nel conciliare gli impegni familiari con il lavoro e l'accesso al credito. LEZIONE 17 OTTOBRE I rapporti tra imprenditore e terzi possono essere suddivisi in due categorie: imprenditore e suoi concorrenti, imprenditore e suoi clienti. All'interno della prima categoria vi sono due sottocategorie: la concorrenza sleale e il diritto antitrust. Nella seconda categoria sono presenti tre sottocategorie: i segni distintivi (ad esempio i marchi), la pubblicità e i rapporti scorretti nei confronti dei consumatori contenuti nel codice del consumo. - Concorrenza sleale: la concorrenza implica la competizione su un mercato, ogni imprenditore che

entra sul mercato diventa concorrente con quelli che ci sono già. In un mercato concorrenziale ci sono imprenditori che fanno la stessa cosa. Diverso dal mercato monopolistico dove è presente un solo imprenditore che vende un prodotto o un servizio e anche da quello oligopolistico dove ci sono due o tre imprenditori che vendono lo stesso prodotto. Più il mercato è concorrenziale più la sfida è dura, siccome un imprenditore deve proporre prodotti o servizi migliori, fare investimenti o ricerche, migliorare, mentre più è monopolizzato più il monopolista è tranquillo siccome, tolto l'obbligo di legge di fornire il suo prodotto a chiunque gliene faccia richiesta, lui è tranquillo. Il mercato italiano è concorrenziale anche nei settori dove un tempo c'erano monopoli, adeguato alle direttive comunitarie i mercati degli stati delle Ue sono concorrenziali. Rapporti con i concorrenti vi sono dei limiti che attengono a

Dei principi deontologici (principi di comportamento) che guardano al danno che un imprenditore può produrre ad un altro imprenditore dal punto di vista concorrenziale. Il danno peggiore è portare via la clientela. La concorrenza in sé è dannosa, la legge va a incidere sul danno prodotto dal dolo quindi da un'azione scorretta. Questo limite tra correttezza e scorrettezza è disciplinato all'art. 2598 del codice civile.

Art. 2598 cc - concorrenza sleale. Rapporti tra imprenditori che sono di carattere privatistico, tra soggetti privati che non hanno nulla a che fare con lo stato. Nel giudizio su questi rapporti entra il giudice ordinario. La prima che art afferma che l'art. è compatibile con la normativa sui marchi e brevetti. Lo dice perché nel momento in cui un imprenditore va davanti al giudice per denunciare un concorrente e che rientra in questa norma può non solo far riferimento a questa norma ma far riferimento agli articoli su marchi e brevetti.

Facendo ciò si utilizza il combinato disposto che consente di addurre maggiori ragioni alla causa e maggiori possibilità di vittoria. "Compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti o con l'attività di un concorrente. 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente. 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare altrui azienda." Chiunque significa qualunque imprenditore, può essere applicato tale articolo solo agli imprenditori. Se l'atto dannoso è

Compiuto da un dipendente dell'imprenditore, a questo problema risponde la giurisprudenza attraverso sentenze. Concorrenza sleale per interposta persona. Imprenditore A e B e signor tizio dipendente di A. Il tizio decide di compiere un atto contro B per favorire A. La giurisprudenza afferma che il lavoratore dipendente non è imprenditore, quindi, non è applicabile il 2598, però lui ha creato un danno. Verrà sanzionato in base all'art. 2043 che disciplina l'illecito extracontrattuale. Il datore di lavoro di A, la giurisprudenza dice, se l'atto dannoso è stato compiuto dal dipendente nell'ambito delle sue funzioni o al di fuori di esse. Se compiuto durante le sue funzioni, si presume che il datore di lavoro ne fosse a conoscenza. La presunzione è relativa e quindi bisogna provare la buona fede, se prova la buona fede verrà applicato il 2049 che prevede la responsabilità del padrone e del committente per i danni provocati dai suoi dipendenti.

chiamata culpa invigilando. Se, invece, l'azione dannosa

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
32 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher TaMaNA2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Ronco Simonetta.