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18. LA RESPONSABILITÀ ENDOFAMILIARE NEL RAPPORTO TRACONIUGI

La presente lezione attiene alla responsabilità endofamiliare, che è la responsabilità per atto illecitocompiuto da uno dei componenti della famiglia nei confronti di un altro componente della famiglia. Nell’ambito, poi, della responsabilità endofamiliare, trattiamo in questa lezione dellaun coniuge nei confronti dell’altro. Andando ad analizzare la responsabilità endofamiliare nel rapporto tra coniugi, il primo passo è quellodi vedere quali sono gli obblighi tra coniugi. L’articolo di riferimento è il 143 C.c. (≪Diritti e doverireciproci dei coniugi≫): ≪Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumonoi medesimi doveri [già da questo primo comma emerge il profilo dell’uguaglianza giuridica tra i coniugi,che, peraltro, è contenuta nell’art. 29 Cost]. Dal matrimonioderiva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. Mentre nel terzo comma emerge una serie di obblighi di contenuto non patrimoniale (fedeltà, assistenza materiale e morale), nel secondo comma emerge invece l'obbligo generale, di contenuto patrimoniale (contribuzione economica) e di coabitazione. Primo punto di partenza è se questi obblighi hanno un contenuto giuridico. A riguardo, nonostante il Codice parli di obblighi, nella dottrina meno recente è emersa una semplici oneri. Quindi, non si tratterebbe di obblighi teoria, la quale considera questi "obblighi" come dei semplici oneri aventi una rilevanza giuridica, la cui violazione determina una

conseguenza giuridica, quindi una sanzione, ma sarebbero solo degli oneri. A queste considerazioni della dottrina passata, tra l'altro poi in altre considerazioni. In realtà, la qualche modo suffragate dalla giurisprudenza, sono poi aggiunte violazione di questi obblighi comporta solamente un rimedio settoriale e, quindi, previsto dal diritto di famiglia, ma che non arriva alla configurazione di un illecito civile, che è da considerarsi come un comportamento doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto. L'illecito civile comporta quale sanzione principale e generale l'obbligo di risarcimento del danno. In questo secondo filone si inseriscono le riflessioni secondo le quali l'unica sanzione giuridica prevista per la violazione di questi obblighi sarebbe l'addebitabilità della separazione. E, infatti, l'art. 151 C.c. ("Separazione giudiziale") prevede che la separazione può essere chiesta quando si verificano, anche

indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole. Il Giudice, pronunciando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. Quindi, è sicuro che la sanzione prevista dal diritto di famiglia per la violazione degli obblighi di cui all'art. 143 è quella della separazione con addebito. Quali sono le conseguenze giuridiche dell'addebitabilità della separazione? Sono la perdita del diritto al mantenimento e la perdita dei diritti successori. Dottrina e giurisprudenza dominante fino a pochi anni fa ritenevano, anche considerando gli obblighi di cui all'art. 143 come obblighi giuridici, che in realtà la violazione di tali obblighi non

potesse mai comportare l'identificazione di un illecito civile e, quindi, di un danno ingiusto, perché era già prevista dall'ordinamento settoriale (quindi dal diritto di famiglia) una specifica sanzione, che è, per l'appunto, quella della separazione con addebito.

Di fronte a questa posizione della dottrina della giurisprudenza, pochi anni fa è emerso un dibattito dottrinale, in qualche modo accompagnato dalla giurisprudenza, che, invece ha iniziato a parlare di un danno ingiusto per violazione degli obblighi familiari, degli obblighi reciproci tra coniugi. Vedremo poi qual è il punto di emersione dell'illecito e quali sono le conseguenze nel sistema generale del diritto di famiglia, perché è chiaro che la violazione di questi obblighi familiari e anche la pronuncia di separazione con addebito, non può automaticamente far scattare l'obbligo risarcitorio. Ma, secondo i principi generali dell'illecito civile,

è necessario dimostrare che ci sia stato un comportamento doloso o colposo, da parte dell'autore dell'atto illecito, che si sia configurato un danno ingiusto e che vi sia un nesso di causalità tra il fatto (comportamento doloso o colposo) e il danno. Ma è possibile che vi sia un illecito anche indipendentemente dalla pronuncia di addebito? Quindi è possibile richiedere il risarcimento del danno anche prima che sia richiesta la separazione? Questo va considerato sistematicamente, perché è chiaro che una volta che siano violati questi obblighi fondamentali della convivenza serena familiare, automaticamente si instaura una crisi della coppia. Quindi, normalmente, la richiesta di risarcimento del danno è accompagnata alla richiesta di separazione e, molto spesso, anche alla richiesta di separazione con addebito. Anche se, però, astrattamente, la configurabilità di una responsabilità per fatto illecito dovrebbe.portare a configurare tale responsabilità a prescindere da una domanda congiunta di separazione. Altro tema importante è quello della configurabilità di un illecito civile anche nella famiglia di fatto (uxorio), cioè anche nell'ambito della famiglia non unita in matrimonio. Con riguardo a tale tema, è necessario fare una premessa di carattere generale. In realtà, tutto questo movimento culturale e dottrinale, accompagnato da una serie di sentenze della giurisprudenza, muove da un presupposto di fatto, cioè dal fatto che il singolo, pur appartenendo a un nucleo familiare, rileva come un soggetto singolo, quindi dotato, come tutte le persone, di diritti della personalità, che devono essere garantiti al suo status familiare. Qui va dato conto di un dibattito risalente, perché originariamente la famiglia veniva considerata come una formazione sociale a metà tra lo Stato e l'individuo, quindi come

un’entità a sé stante, in cui l’individuo veniva inglobato, ma in cui egli non rilevava come persona. L’evoluzione culturale della nozione di famiglia ha portato, invece, a far scomparire la nozione comunità intermedia (utilizzando le parole di Pietro di famiglia come istituzione sociale, quindi come Rescigno), che si frappone tra lo Stato e l’individuo. Si è data sempre più rilevanza alla persona nell’ambito della comunità familiare. Questo movimento culturale ha portato a dare rilevanza allo status familiare. Il problema dellapersona umana, al di là della considerazione della qualità dellofamiglia di fatto è attuale, anche in relazione al riconoscimento di famiglie diverse, che si affiancano alla nozione di famiglia legittima, unita in matrimonio. Il punto è se questi obblighi di assistenza morale, materiale, di fedeltà, di coabitazione (soprattutto gli obblighi di natura non patrimoniale,

contenuti nel secondo comma dell'art. 143), valgono solo per la famiglia legittima? O devono considerarsi applicabili a qualsiasi famiglia? È chiaro che dal punto di vista tecnico-giuridico, l'art. 143 è quello che viene letto al momento delle nozze, quindi, quando viene costruita una famiglia fondata sul matrimonio (la "famiglia legittima"). Ma, se si considera materiale o morale e, soprattutto, se dal punto di vista della giurisprudenza si considera la famiglia di fatto equiparata alla famiglia legittima laddove vi sia un rapporto affettivo e stabile nel tempo, allora deve per ciò stesso riconoscersi la rilevanza di questi obblighi anche nella famiglia non fondata sul matrimonio. È chiaro un punto, tuttavia: mentre nella famiglia legittima la violazione di tali obblighi comporta la sanzione giuridica della addebitabilità della separazione, nella famiglia di fatto,nonessendoci l'istituto della separazione e, quindi, tantomeno della addebitabilità della separazione, non ci sarebbe lo strumento della perdita del diritto successorio e del diritto al mantenimento. Bisognerebbe, iure condendo (cioè, in merito alla politica legislativa), se – qualora fosse domandarsi, però – approvato questo progetto di legge sulla famiglia di fatto, che in presenza di determinate circostanze moreaccorda anche un diritto successorio – la violazione di questi obblighi, anche in queste famiglie uxorii, non comporti per ciò stesso una perdita dei diritti successori. È chiaro che l'illecito civile, e quindi il riconoscimento di un danno, è uno strumento di carattere generale che ciascun individuo, indipendentemente dal fatto di essere componente di una famiglia legittima o di fatto, può utilizzare. Tuttavia, l'individuazione di questi obblighi (assistenza materiale e morale) è un procedimento.

Che collega il singolo all'appartenenza a una comunità familiare. È un problema, in ogni caso, ancora aperto. Vediamo ora se dalla lettura delle norme costituzionali che riconoscono la famiglia (artt. 29, 30 Cost.) è possibile in qualche modo la rilevanza anche della famiglia di fatto. L'art. 29 afferma che: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare". In realtà, secondo un nostro ordinamento avrebbe riconosciuto solo la famiglia legittima. A questa lettura testuale si accompagna una lettura anti-letterale, che ammette, per questo riferimento a una società naturale, che famiglie diverse. Qui entriamo in un dibattito acceso. Nel concetto di famiglia debbano

problema di definire cosa si intenda per "naturale".
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Publisher
A.A. 2022-2023
451 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sprint Notes di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Unitelma Sapienza di Roma o del prof Napoli Gaetano.