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K (V* ) ΔV* R K V* ΔP
≈
T i,1 i,2 i,1 T i,1
stato preso in considerazione il residuo . Risolvendo il problema in questo modo ovviamente si va a
R i,1
valutare e di conseguenza si ricava il nuovo incremento di spostamento che permette di migliorare
ΔV* i,2
ulteriormente la situazione perché lo spostamento ora è diventato quello di origine a cui però vanno sommati
e .
ΔV* ΔV*
i,1 i,2
Arrivati a questo punto però si osserva che si è ancora un po’ distanti dalla curva perché c’è una certa distanza
tra il punto ottenuto sul livello di carico assegnato con la seconda tangente e la curva stessa. Dato che
l’obiettivo è quello di riportarsi sulla curva sfruttando gli ulteriori incrementi di spostamento per arrivare il
più vicino possibile a quello che è lo spostamento esatto, allora si può fare lo stesso passaggio calcolando
e assegnando il nuovo residuo come incremento di
nuovamente la matrice di rigidezza tangente (V* ) R
K
T i,2 i,2
carico; prendendo in considerazioni tali dati si va a riscrivere una nuova equazione di equilibrio linearizzato
del tipo , soltanto che questa volta la che si ottiene sarà la , che non è altro che
K (V* ) ΔV* R ΔV ΔV*
≈
T i,2 i,3 i,2 i,3
un ulteriore incremento di carico che permette di avvicinarsi ulteriormente al valore esatto.
Questo andamento a “dente di sega” piano piano percorre in maniera saltellante la curva e tende a ridurre
la differenza tra la soluzione numerica che si ottiene e quella esatta, si sottolinea il fatto che tutto ciò è stato
possibile senza che ci sia la necessità invertire la curva, si conosce la relazione non lineare perché per calcolare
il Residuo chiaramente si devono poter valutare le forze interne associate ad un certo valore di spostamento,
ma non si deve comunque invertire la relazione non lineare che è il vero problema.
Più si va avanti e più il Residuo diventa piccolo ma anche gli incrementi di spostamento diventeranno piccoli,
finché il residuo non tenderà a diventare nullo e l’incremento di spostamento tenderà anch’esso ad annullarsi
quando si arriverà molto vicino al risultato esatto. Quando questo sarà avvenuto si sarà pronti per fare un
nuovo passo di carico, a quel punto si dovrà immaginare di ripetere tutto con un nuovo punto di arrivo;
quindi, si procede passo dopo passo ma all’interno di ogni passo c’è una procedura iterativa.
Man mano che le iterazioni procedono e che ci si muove verso la soluzione esatta succede che il Residuo
tende a decrescere e al tempo stesso anche i ΔV aggiuntivi tendono a diventare sempre più piccoli; questo è
importante da sapere perché è chiaro che ad un certo punto si deve decidere quando fermarsi con le
iterazioni e quindi si deve individuare un criterio di arresto. Sostanzialmente i criteri d’arresto più ovvi
potrebbero essere o dire che ci si arresta quando il residuo tende a diventare più piccolo di una certa
tolleranza, in questo caso chiaramente ci sarà un piccolo errore dell’ordine della tolleranza ma siamo noi a
stabilire quant’è l’errore e quindi si ha il controllo della procedura iterativa perché l’errore è piccolo a piacere,
oppure in alternativa si può dire che l’incremento di spostamento è ormai residuale anch’esso.
Per cui per utilizzare un dopo aver stabilito una certa tolleranza si potrebbe valutare
criterio di convergenza,
l’errore sui Residui, sugli incrementi di spostamento o anche su una sorta di norma energetica, cioè
ΔV*
sull’energia del prodotto del residuo per l’incremento di spostamento; queste sono le opzioni principali che
potrebbero essere presenti.
Dopo aver capito quali sono i possibili criteri di convergenza che consentono di capire quando arrestarsi, è
importante ricordarsi che il nome di questa procedura è il cosiddetto “Metodo iterativo di Newton-Raphson”
e in pratica consiste nell’andare a ricalcolare la matrice di rigidezza tangente ad ogni iterazione, in tal modo
si è in grado di muoversi rimanendo sempre molto aderenti alla curva perché ogni volta si fanno i calcoli con
la matrice di rigidezza che si aggiorna man mano e proprio questo garantisce di rimanere sempre il più
possibile schiacciato sulla curva; quindi è conveniente perché si ha la speranza di non dover fare molte
iterazioni per arrivare al risultato, specialmente nel caso in cui la curva è non lineare con poche iterazioni si
arriva in fondo.
Però il calcolo della non è una procedura sempre semplice dal punto di vista computazionale, infatti in
K
T
termini di onere computazionale rivalutare la matrice di rigidezza tangente ad ogni operazione ha un costo
non troppo modesto, che quindi potrebbe anche giocarsela con il costo di fare qualche iterazione in più.
Infatti, il più delle volte potrebbe essere più conveniente evitare di ricalcolare così tante volte la allo scotto
K
T
di fare qualche iterazione in più, per questo motivo esiste il cosiddetto “Metodo di Newton-Raphson
con il quale quello che si fa è non aggiornare la ad ogni iterazione, cioè si calcola la ad inizio
modificato” K K
T T
passo e poi con la stessa identica matrice si fanno anche le altre iterazioni. Questo comporta il fatto di
muoversi nel grafico sempre parallelamente alla prima tangente e così facendo sicuramente si fa qualche
iterazione in più perché nel grafico il “dente di sega” è meno schiacciato, però non si ricalcola la e questo
K
T
computazionalmente è vantaggioso perché costa meno fare qualche iterazione in più che non calcolare più
volte la .
K
T
In realtà esiste una variante ancora più drastica di questa cosa, che consiste nell’utilizzare addirittura una
matrice di rigidezza elastica, cioè non si calcola nemmeno la matrice ad ogni passo ma si usa sempre la
K
T
matrice di rigidezza elastica per tutti i passi delle iterate; quindi, ci si può rendere conto che l’importante è
che tenda al lato giusto, dopodiché se è quella tangente o no succederà semplicemente che si farà qualche
iterazione in più.
Questo in generale è quello che si trova implementato in Strauss, quindi non ci si deve stupire se per fare i
problemi non lineari si devono dare una serie di informazioni in più al software per poter risolvere la struttura,
infatti si dovranno dare gli incrementi di carico e non solamente il carico, perché questo dovrà essere
suddiviso in passi e si devono stabilire anche delle tolleranze, in verità di solito il software le fornisce di default
ma c’è comunque la possibilità di intervenire su quelle che sono le tolleranze associate alla chiusura delle
iterazioni.
A questo punto si può fare anche un’altra osservazione molto importante, infatti il tutto non sempre funziona
poiché spesso ci potrebbero essere dei problemi per i quali non è sufficiente mettere una tolleranza e
aspettarsi di arrivare sempre fino in fondo in modo da ottenere una soluzione, ovvero in altri termini quella
tolleranza non si può sempre raggiungere e quindi non è sempre possibile chiudere le iterazioni con
convergenza ottenuta.
N.B.: Per evitare confusione sui termini bisogna ricordarsi che la volta scorsa si è parlato di convergenza per
quanto riguarda il metodo degli elementi finiti e quella è una cosa mentre parlando qui di convergenza si
intende il fatto che iterando ad un certo punto si riesce a convergere alla soluzione attesa, cioè quella che a
meno della tolleranza è quella esatta, il concetto di convergenza è analogo ma in questo caso si parla di
convergenza dell’iterazione e quindi dei criteri di convergenza o di arresto che sono quelli che permettono di
arrestarsi quando si è arrivati sufficientemente vicino (ovvero a convergenza) alla soluzione ricercata.
La convergenza in questi termini quindi non si ottiene sempre, infatti facendo riferimento alla curva
dell’esempio del metodo iterativo si potrebbero avere problemi a procedere come è stato detto quando la
curva carico-spostamento spiana, poiché se la curva si appiattisce e quindi ha un punto di massimo o
addirittura un tratto orizzontale o sub-orizzontale allora muoversi lungo la tangente se la curva diventa
praticamente orizzontale non dà la possibilità di associare ad un carico uno spostamento finito, dato che la
tende a diventare fondamentalmente un valore che non dà la possibilità di essere invertita.
K
T Quindi questo è il più grande limite di
questo metodo, cioè se si procede per
passi di carico, ovvero tagliando in fettine
orizzontali la curva che si vuole ricostruire,
quando si arriva in prossimità del punto di
massimo iniziano a sorgere dei problemi
perché la di fatto non è più invertibile,
K
T
viene singolare e quindi con il metodo non
si riesce a raggiungere la convergenza.
Per cui la curva si può ottenere soltanto
per la prima metà, mentre tutto il ramo
decrescente non lo si riesce più a vedere
con questo tipo di approccio.
Per ovviare a tale problema si può cambiare filosofia, passando dal “controllo di carico” al “controllo di
spostamento”, in questo modo si può risolvere il problema in parte però al tempo stesso ne pone degli altri.
Siccome è duale al precedente uno è ovvio, poiché in questo modo sono stati risolti i problemi dei punti a
tangente orizzontale ma non sono stati risolti invece i problemi dove si hanno dei punti a tangente verticale
e quindi anche girando il tutto il problema si ripropone; l’altro è che di fatto nella maggior parte dei casi reali
il problema è impostato proprio in “controllo di carico” dato che normalmente si conoscono i valori di carico
e non quelli di spostamenti da imporre, per cui è poco applicabile quello in “controllo di spostamenti”.
Quindi in situazioni realistiche è un po’ difficile pensare di poter procedere in “controllo di spostamenti”
perché significherebbe avere una struttura dove appunto quelli che si hanno come parametri di controllo
sono gli spostamenti e non i carichi, quindi questo implicherebbe che sono gli spostamenti a variare in
maniera fra loro proporzionale, ciò è piuttosto raro.
Nei codici commerciali anche se non in tutti (Strauss ad esempio no), si possono trovare anche altre
possibili