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Il Laocoonte è per Winckelmann segno di decadenza, di un'arte greca che si

impoverisce, perché Plinio diceva questo, e a sua volta Apollodoro, il quale sosteneva

che l'arte del suo tempo fosse un impoverimento dell'arte periclea. Siamo stati

condizionati nella cultura europea da pregiudizi molto antichi.

Winckelmann parla di "arte greca sotto i romani e i loro imperatori" e di "decadenza

definitiva dell'arte sotto Settimio Severo". Per tutto l'800 non è stata messa in dubbio

questa impostazione, è stato solo chiarito che nella maggior parte dei casi si trattava di

copie e vi erano pochissimi originali.

L'arte romana viene rivalutata da Franz Wickhoff nella Scuola di Vienna, sia Wickhoff

che un altro importante esponente della scuola viennese, non erano storici dell'arte

antica, ma erano storici dell'arte medievale. Wickhoff inizia ad interessarsi di arte

romana quando comincia a studiare La Genesi di Vienna, manoscritto miniato

realizzato in Siria nella prima metà del VI secolo.

Per capire se i tardo antichi illustratori della Genesi di Vienna si fossero ispirati alla

pittura pompeiana, iniziò ad interessarsi di arte romana. Partendo dalla pittura,

Wickhoff trova delle forme espressive in cui trova dei tratti che, a suo dire, non avevano

un precedente nell'arte greca. E quindi, inizia a sostenere che vi erano alcuni generi in

cui l'arte romana era autonoma e originale, e non un decadimento di quella greca.

Nessuno fino a quel momento aveva mai messo in discussione il dogma di

Winckelmann. Scrive queste sue idea nell'introduzione alla Genesi di Vienna.

L'introduzione viene tradotta in molte lingue, quindi acquista un suo valore autonomo

rispetto alla Genesi, e viene considerata a cavallo tra 800 e 900 la pubblicazione più

aggiornata di arte romana. In Italia viene tradotta solo nel 1948.

Wickhoff guarda la pittura pompeiana che vedeva come possibile antecedente delle

miniature tardoantiche e sosteneva che questo effetto non era stato mai realizzato

nell'arte greca, ovvero la profondità dello spazio ottenuta impressionisticamente

con il colore e le sfumature. Wickhoff aveva una predilezione per l'impressionismo.

Inizia a scandagliare le testimonianze romane per trovare altri tratti di originalità.

Prende in considerazione l'Arco di Tito, noto per i rilievi ai lati del fornice, che

rappresentano il trionfo autentico che fu celebrato per la vittoria di Tito sulla Giudea,

dopo la presa di Gerusalemme. Anche qui secondo Wickhoff c'è un illusionismo

prospettico per dare profondità allo spazio, che si otteneva disponendo il rilievo a

quote differenti, varie fasce di rilievo danno illusionisticamente l'idea di una

processione non su una fila, ma che occupava un denso spazio. Questo, secondo

Wickhoff, è un altro elemento originale dell'arte romana, nel genere tipicamente

romano del rilievo storico che i greci non usavano tanto, perché ricorrevano

maggiormente al mito per spiegare i fatti storici. Secondo Wickhoff è il periodo dei Flavi

quello in cui si nota maggiormente questa tendenza.

Siccome Wickhoff si interessa molto di rilievi, pur partendo dalla pittura, inizia a

riguardare gli esempi che in quel momento erano più significativi del periodo romano,

come la Colonna Traiana e la Colonna di Marco Aurelio. Wickhoff, anche qui, trova degli

elementi per i quali i romani si esprimono in modo originale perché la resa dello spazio

continua ad essere più narrativa che realistica e si tratta delle prime rappresentazioni di

narrazione continuata, ma quest'ultima vi era anche nel mondo greco, la differenza sta

nel fatto che qui il protagonista compare più volte. Traiano compare 59 volte sul rilievo.

In realtà lo spazio pittorico non è originale di Roma, esiste anche nella pittura

paesaggistica di età ellenistica, che Wickhoff non considera perché è stata scoperta

dopo.

La narrazione continuata era presente già nell'Altare di Pergamo di età ellenistica, nella

cosiddetta "Telepheia", il fregio interno all'altare, dove Telefo, fondatore di Pergamo,

compare più volte, da bambino e da adulto. Quindi la narrazione continuata non è

un'invenzione romana.

Bisogna comunque riconoscere a Wickhoff un grande merito perché ha colto degli

aspetti dell'arte romana in cui la cultura figurativa di Roma è andata molto in là: per

Wickhoff erano del tutto originali, noi sappiamo che avevano dei presupposti greci ma

andavano molto più in là, in una maniera che il mondo greco non ha conosciuto. Per

esempio, la narrazione continuata assume nella Colonna Traiana una densità, una

compostezza che il mondo greco non ha conosciuto, arriva a degli esisti che non si

spiegano nel mondo greco.

L'ultimo genere che interessa a Wickhoff è il ritratto realistico. Per gli studiosi viennesi

il Ritratto da Otricoli ha una maniera di aderire alla fisicità che il mondo greco non

conosce. Un altro esempio è il Ritratto da Osimo, in questo giudizio influiscono la

fotografia e l'impressionismo che si andavano diffondendo in quel periodo. Wickhoff

non considerava i ritratti di età ellenistica, come la Vecchia ubriaca, quindi ancora una

volta c'è un presupposto, ma la cultura romana va oltre e si spinge a variare lo stile. La

rottura con l'estetismo grecizzante di Wickhoff ci ha consentito di dire questo oggi.

Il suo collega, più solido teoricamente, Riegl studia l'industria artistica tardoromana ed

inizia ad interessarsi di materiali che nessuno aveva considerato, gli oggetti in avorio e

in metallo. Egli si chiede se ci sia un'impronta greca o se essi siano legati al proprio

tempo. Partendo da ciò, sviluppa una teoria, mentre Wickhoff esemplifica dei generi,

Riegl forma una assunto teorico, quella che noi italiani chiamiamo la teoria del gusto, ma

la chiama "volontà d'arte". La ravvisa nelle arti industriali, nell'architettura, nella

pittura e nella scultura. Secondo Riegl, in ogni periodo agisce una volontà creatrice che è

legata a quel periodo e che cambia in periodi differenti. Se questo è vero, non si può

considerare la volonta d'arte di un periodo più efficace della volontà d'arte di un altro.

Così viene distrutto il dogma di Winckelmann. Ogni periodo va valutato in autonomia,

cercando di capire come si è espressa la volontà d'arte in quel periodo e senza valutare

la sua superiorità rispetto agli altri periodi.

Secondo Riegl la volontà d'arte si formava nelle botteghe artigiane, in maniera intuitiva,

senza codici scritti. Dietro l'impostazione di Riegl, c'è la filosofia idealista, caratteristica

di quegli anni.

Contesto storico: primi decenni del 900, ambiente austriaco e germanico, la scuola più

propositiva è quella tedesca.

Gerhart Rodenwaldt scrive "Rilievi romani; preludi al tardoantico", c'è ancora

l'impostazione della scuola viennese, con la differenza che Rodenwaldt è un esperto di

arte romana e si collega al mondo tardoantico (nella scuola di Vienna era il contrario, è

il punto di partenza che cambia).

Ormai si guarda all'arte romana in maniera autonoma, si va a notare che tutto il corso

dell'arte romana era attraversato da due tendenze più significative e facilmente

isolabili: arte statale e arte popolare. Rodenwaldt intendeva per arte statale l'arte dei

grandi rilievi statali romani, monumenti di stato sia della repubblica che dell'impero. Un

esempio su tutti è l'Ara Pacis di Augusto. Era commissionata da senatori e imperatori e

il modello era per l'arte statale l'arte greca.

Mentre, secondo Rodenwaldt, non ci si può limitare a guardare solo queste

testimonianze ufficiali, perché l'arte romana è costellata di manifestazioni che non sono

commissionate dallo stato ma da varie componenti del popolo romano (per esempio i

magistrati). È la tradizione del popolo, non dell'arte ufficiale. L'arte popolare guarda alla

tradizione dei popoli italici: laziali, etruschi; prima del dominio di Roma, non ha quindi

impronta classicista.

Nel rilievo della scena di corsa circense (fine I inizio II secolo d. C.) c'è la proporzione

gerarchica, la prospettiva ribaltata perché l'intento è narrativo, narrare senza omettere

nulla, a ricordo del magistrato che aveva potuto finanziare dei ludi nel circo.

Rodenwaldt è il primo a teorizzare la differenza tra questi due tipi di arte, in ciascuna

trovando modelli differenti. Ne consegue che l'orientamento è sempre quello di

guardare l'arte romana come grande scenario di rielaborazione.

Peter Heinrich von Blanckenhagen spinge ancora oltre questo nuovo inquadramento

dell'arte romana. È sempre il periodo dei Flavi quello in cui si registrano particolari

novità. Egli riprende la distinzione tra uno stile dell'arte di stato, che però chiama arte

aulica, quindi c'è già una distinzione di livello espressivo che rimanda ad una

distinzione sociale, mentre Rodenwaldt non aveva fatto distinzioni sociali, e uno stile

dell'arte popolare. Tuttavia, riteneva che non esiste solo uno stile completamente

aulico o del tutto popolare, ma esistono vari livelli intermedi, perché ogni genere ha il

proprio stile. L'Ara pacis e i rilievi dei trionfi fanno parte pienamente dell'arte aulica,

mentre i rilievi funerari dei magistrati esprimono a pieno l'arte popolare, ma di mezzo ci

sono testimonianze ibride. A determinare lo stile è il genere dell'opera, il tema

(l'argomento della rappresentazione) e il medium. Per esempio, tema di battaglia, tema

di trionfo, tema militare dell'esercito, tema sacro dei sacrifici o venerazione degli dei,

tema dei ritratti. Addirittura si arriva a considerare anche l'importanza della

dimensione dell'opera d'arte: i grandi rilievi favoriscono il ricorso all'arte aulica, i

piccoli pinakes all'arte popolare.

Siamo nel pieno del secondo conflitto mondiale, ma gli studi artistici non sono

contrastati da Hitler anzi, quest'ultimo li promuove. Questi studiosi arrivano, von

Blanckenhagen in particolare, a fare un passo ulteriore.

In ogni epoca un genere prende il sopravvento sugli altri e segna in maniera particolare

quell'epoca e la volontà d'arte di quell'epoca, diventando "il genere di quell'epoca". La

conseguenza è che, se in una determinata epoca uno stato nazionale prevale sugli altri,

ne prevale l'espressione come maggiormente significativa. Il riflesso delle teorie

nazionaliste è fin troppo evidente. La nazione che domina impone il proprio stile

nazionale dell'epoca.

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alison1989 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell’arte romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Mastrocinque Gianluca.
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