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Estratto del documento

Pompei, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., accoglieva un gruppo di statue equestri in

bronzo, non sappiamo se ad emulazione della Porticus Metelli. È molto indicativa

l'usanza dei gruppi equestri nei porticati, Metello ne è l'iniziatore.

Il celebre Alessandro a cavallo da Ercolano è una riproposizione in piccolo

dell'Alessandro a cavallo che è quello ideato da Lisippo. Nasce in questo modo la

imitatio Alexandri, di cui Plinio ha una chiara consapevolezza.

Da Porticus Metelli a Porticus Octaviae a Porticus Severi

Il portico viene ristrutturato e dedicato ad Octavia, sorella di Augusto. In seguito è stato

nuovamente ristrutturato, dopo un incendio, nel 203 d.C., per iniziativa di Settimio

severo e Caracalla. Gli architetti dei Severi vanno a recuperare ancora il basamento del

portico di Metello, perché la ristrutturazione augustea era stata fatta fuori dall'incendio.

Area sacra di Largo Argentina

In uno spazio in fondo ristretto, si vengono a impiantare progressivamente quattro

templi, a comporre questo santuario che nel II secolo a.C., acquista una valenza molto

importante legata all'affermazione ideologica dei culti. Uno dei culti era il culto di

Iuturna, ultimamente associata al tempio A. La tendenza interpretativa più recente fa

convergere gli studiosi nell'identificare il tempio D come dedicato ai Lares Permarini.

Sappiamo dalle fonti che la dedica è riferibile, ancora una volta, a Marco Emilio Lepido.

Siamo di fronte al secondo tempio dedicato dallo stesso Emilio, sempre nell'anno della

sua censura, 179 a.C. Il voto di dedicare il tempio ai Lares Permarini venne formulato 11

anni prima da un altro Emilio, Lucius Aemilius Regilius, che era al capo della flotta

romana in una vittoria cruciale, la battaglia più sentita prima della conquista della

Macedonia e di Cartagine, e cioè quella su Antioco III di Siria presso il Capo Mionneso

nel 190 a.C. Il Regillo non lo porta a termine, viene perciò terminato da Emilio Lepido. I

Lares Permarini sono la trasposizione romana di divinità greche molto antiche, i

megaloi theoi, i grandi dei, detti Cabiri, venerati in Grecia, il loro santuario più

importante era a Samotracia, non lontano dal teatro di vittoria del Regillo a Mionneso.

In questa vittoria Roma si avvalse dell'aiuto di Rodi, molto probabilmente i Rodii dopo

questa vittoria dedicano a Samotracia la famosissima Nike. Emilio lepido, nel 179 a.C., fa

una dedica anche a Samotracia, e di questa dedica è stato trovato il basamento con

l'iscrizione, quindi è lui che porta avanti questa istanza che era stata del suo recente

antenato.

I Lares Permarini hanno molto a che fare con i Dioscuri, le altre divinità che nel mondo

greco si chiamano Grandi Dei, e associati anche ai Cabiri. Lo sappiamo grazie ad un altro

santuario, attestato già dal IV secolo a.C., nel quale i Dioscuri ricevono delle dediche

come grandi dei, e i grandi dei sono anche i Cabiri di Samotracia. C'è un altro

accostamento, quello con i Penati, legati con i Dioscuri da tempi molto antichi, Plinio

dice che Pallasio aveva rappresentato Enea affiancato dai Dioscuri. I Dioscuri sono i

protettori dei Penati della patria. Dunque, i Lares Permarini proteggevano le battaglie

sul mare.

Siamo ancora nell'area sacra di Largo Argentina, in Campo Marzio. Abbiamo indicazioni

chiare di un rifacimento di quest'area dopo la metà del II secolo a.C. Infatti, vengono

ristrutturati i tre templi già esistenti, D, C ed A, ad una quota sopraelevata. Dunque, ciò

che vediamo noi oggi a Largo Argentina è l'esito di molte trasformazioni. Vengono

rialzati su un nuovo pavimento in lastre di tufo. Non c'è ancora il tempio B, che verrà

dopo qualche decennio. In questo stesso periodo, con ogni probabilità, quest'area viene

circondata da una porticus (è quello che abbiamo visto anche nell'intervento di Metello

che ha inglobato nella sua porticus un tempio più antico). I resti di queste porticus sono

soprattutto sul lato Nord e sul lato Ovest, quindi sul retro dei templi. In questa zona

sappiamo dell'esistenza di due porticus: una Porticus Minucia Vetus e una Porticus

Minucia frumentaria.

La Minucia frumentaria viene costruita nei I secolo da Claudio o da Domiziano, ha

un'importanza particolare perché viene a cingere con i portici un tempio molto

importante, dedicato alle ninfe, entità semidivine, tutelari anche della prosperità delle

messi, con un'attitudine molto vicina a quella di Cerere. E infatti, molte fonti ci

informano che intorno a questo tempio avveniva la cerimonia delle frumentationes,

celebrazioni nelle quali si distribuiva il grano agli indigenti e anche a coloro che avevano

prestato servizio nell'esercito e alle loro famiglie. Era una delle cerimonie che non

mancavano mai dopo un trionfo, quando una parte del bottino veniva destinato proprio

ad esse. La sede naturale per un evento di questo tipo era il Campo Marzio. La Porticus è

detta, oltre che frumentaria, Minucia. Come ha proposto Filippo Coarelli, il motivo di

questo nome sta nel fatto che l'altra Porticus Minucia, la Vetus, fosse vicina, di

conseguenza la frumentaria intende collegarsi alla Vetus, come se la frumentaria fosse

un'espansione della Vetus e perciò ne prendeva anche il nome.

La Porticus Minucia Vetus fu promossa da Minucio Rufo, lo stesso magistrato che

promosse la costruzione della Via Minucia, che percorreva la strada da Benevento a

Brindisi, percorso poi ripreso dalla più nota e meglio conservata Via Traiana. Questi

magistrati non agiscono solo a Roma, ma in un ambito più ampio, la strada viene prima

della Porticus, perché serviva alle legioni. La Porticus è già una fase avanzata di

coronamento del successo militare.

Tempio della Fortuna huiusce diei

L'ultimo tempio di Largo Argentina, il tempio B, è strettamente legato proprio alle

frumentationes che si svolgevano di fronte. Esso viene costruito nell'ultimo anno del II

secolo a.C., il 101 a.C. Di questo tempio conosciamo con sicurezza la dedica, perché

Cicerone ci informa che questo tempio rotondo era dedicato alla Fortuna huiusce diei, è

un'altra connotazione della Fortuna, una delle divinità più venerate in età repubblicana.

Letteralmente è "La fortuna proprio di questo giorno, la Fortuna del giorno presente",

che Cicerone dice andasse a tutelare coloro che, quando c'erano le frumentationes,

ricevevano il pane. Quindi, è una divinità il cui culto diventa complementare a quello

delle ninfe. Anche Varrone dà il nome del tempio. "Huiusce diei" è l'epiclesi, la

connotazione specifica di un culto, il nome apposto ad una divinità. Il committente è

Quinto Lutazio Catulo, dopo il trionfo nel 101 a.C. su Cimbri e Teutoni. Oltre a Lutazio

catulo, c'era Caio Mario, e infatti Mario, dopo il trionfo, dedica un tempio sulla Velia, e

Catulo dedica un tempio in Campo Marzio.

Il tempio è su un podio, quindi non ha la caratteristica principale dei templi greci che è

l'accessibilità da ogni parte. Il fatto di essere su un podio lo romanizza, perché impone

l'ingresso solo dalla scale frontale. È il più significativo esempio di contaminazione

nell'architettura sacra tra il modello greco e il mondo etrusco-romano. Qui c'è una

rielaborazione e un forte adattamento. Anche nelle colonne vi è la stessa

contaminazione nei materiali: esteriormente erano colonne corinzie col fusto ionico

scanalato, però non erano in marmo, infatti erano in tufo e le scanalature erano ottenute

con uno stucco in tufo ad imitazione del marmo. Basi e capitelli corinzi erano in

travertino, mentre soltanto alcuni elementi del fregio ionico erano in marmo pentelico.

Quella di non utilizzare il marmo, non è una scelta data dalla mancanza di denaro, ma è

una scelta culturale, al fine di fondere anche nei materiali la novità greca, filtrata

rispetto al mantenere i materiali romani come il tufo e il travertino.

Alla luce di tutto questo, Vitruvio parla di "tuscanicorum et graecorum operum

communis ratiocinatio", cioè "rielaborazione integrata delle opere degli etruschi e dei

greci". Vitruvio aveva chiara questa contaminazione, perché era un messaggio polito

chiaro che i Catuli avevano voluto dare.

Acrolito: scultura che ha in pietra solo ciò che sporge, cioè le parti nude, mentre il resto

del corpo era una struttura lignea rivestita con le vesti. In questo caso si tratta di un

acrolito di cui si sono conservate solo le parti in pietra, della statua della Fortuna.

Tempio di Hercules Olivarius

Al Foro Boario, nello stesso periodo, viene eretto il tempio rotondo dedicato ad Hercules

Olivarius. Nella seconda metà del II a.C., era stato ripreso molto fedelmente rispetto alla

tholos greca, nel Foro Boario, luogo di commercio di olio. È un edificio in marmo greco

pentelico, con venti colonne corinzie. In questo caso si tratta di una riproposizione

fedele. Dalla fine del II secolo il corinzio diventa assolutamente dominante. Roma

diventa un laboratorio dello stile corinzio.

In questa fase l'adesione al modello greco diventa talmente intensa che molti siti

accolgono santuari scenografici sovrapposti come nell'architettura santuariale

ellenistica. Per esempio, vai santuari di Asclepio, come quello di Asclepio a Cos,

realizzato tra III e II secolo a.C.

Questo modello ha una ricezione dirompente tra la seconda metà del II e il I secolo a.C.,

che non riguarda solo il Lazio. Il Lazio è l'epicentro del fenomeno, ma queste

architetture scenografiche interessano anche l'ambito sannitico, l'Umbria. Il più a Nord

finora individuato è nelle vicinanze di Arezzo. In alcuni contesti particolarmente

religiosi, si arriva a potenziare il sistema delle terrazze, aumentandole in numero e

nell'enfasi architettonica, come non si era mai fatto in Grecia. Anche questo è un

ripensamento.

Il più antico noto in Italia risale alla metà del II secolo a.C., ed è a Gabii, si tratta del

Santuario di Giunone. Presenta due terrazze, nella terrazza superiore il tempio è

inquadrato da una porticus su tre lati. Sono gli stessi anni in cui a Cos si stava facendo

l'Asclepeion, quindi la ricezione del modello è repentina.

Palestrina, Santuario della Fortuna Primigenia

Questo gigantesco santuario viene realizzato intorno al 120 a.C. I bombardamenti della

Seconda Guerra mondiale portano alla distruzione del centro storico di Palestrina. In

seguito è stata ricostruita con degli spostamenti delle abitazioni. È uno dei rari casi in

cui si vede una parte rilevante del santuario. Il santuario presenta sulla sommità una

cavea teatrale. Il palazzo Barberini era

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alison1989 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell’arte romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Mastrocinque Gianluca.