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LE CAPANNE
Oltre alle mura, della città palatina resta documentazione di alcune capanne, che è stato
possibile riferire all'VIII secolo a.C., cioè quello in cui fonti letterarie e archeologia
fissano concordemente la fondazione di Roma. A poca distanza, abbiamo anche
testimonianze di una capanna ben più antica, che i materiali mostrano che è frequentata
a partire dal 900 fino al 750 a.C., e viene proprio distrutta alla metà dell'VIII secolo,
quindi la sua distruzione coincide con la fondazione di Roma e non è un caso. È la
famosissima Capanna I del Palatino-Cermalo. Si riesce a ricostruire una capanna di
forma ellittica con dei fori in cui erano inseriti i pali, che servivano a sorreggere il tetto
spiovente. Ed è chiaramente una capanna del nucleo pre-romuleo. In altre zone sono
stati documentati resti di altre capanne con coperture simili, fatte con una trama di
canne, paglia e arbusti, tenute insieme dall'argilla, quello che resta con lo scavo è la
concrezione di questa argilla. La copertura era spiovente perché consentisse il deflusso
dell'acqua piovana. Per ricostruire questo tetto, abbiamo delle testimonianze dalla
trasposizione miniaturizzata delle capanne di questo tipo: a forma di capanna sono
alcune delle più celebri urne funerarie di questo periodo, proprio perché l'urna doveva
essere la "casa" che accoglieva i resti, in questa fase è molto diffusa la cremazione,
quindi tali urne si prestavano bene ad accogliere le ceneri. Possiamo ricostruire la
copertura della Capanna I attraverso queste altre testimonianze che sono coeve, cioè
dello stesso periodo. In particolare, una è risalente al IX secolo a.C., viene
probabilmente da Bisenzio ed è conservata nel Museo Pigorini; un'altra alla fine del IX
secolo a.C. ed è conservata al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Le più importanti di queste capanne antiche sono quelle che conosciamo come Capanna
III e Capanna IV. Carandini e il suo gruppo ritengono che si tratti di capanne che sono
state conservate intenzionalmente, perché acquisiscono una particolare valenza sacra:
nella Capanna III i Romani individuavano la capanna di Romolo, quindi la rispettano
perché era un segno ereditario di enorme importanza; la Capanna IV era il sacrario dei
sacerdoti di Marte, culto molto legato alla fondazione perché Marte è il padre di Romolo.
Queste strutture vengono infatti ricostruite ma mai coperte. Nella capanna più antica, la
4, ed in particolare sul fondo di essa, nello strato più antico, sono stati rinvenuti oggetti
votivi mianiaturistici databili all'VIII secolo a.C., espressamente rituali perché sono
miniaturistici. Ecco perché Carandini propone il Sacrario di Marte.
La datazione del 753 che i Romani codificano si fondava su una documentazione
attendibile.
A livello archeologico, in concomitanza con il sistema della prima città-stato (metà
dell'VIII secolo a.C.), la cultura materiale documenta delle innovazioni. Per cultura
materiale si intendono tutte le testimonianze materiali disponibili, non molto figurate in
questa fase, molto più oggetti d'uso. Tra le innovazioni, c'è l'introduzione del tornio. La
ceramica, fino a questo momento, era stata solo ceramica d'impasto, inizia proprio in
contemporanea con la città fondata l'uso del tornio veloce, che serve a modellare
velocemente. Oltre al tornio veloce, si inizia ad utilizzare l'argilla depurata. Perciò si
presuppongono delle officine dotate di nuovi spazi e allestimenti tecnologici. Inoltre,
iniziano le decorazioni dipinte sulla ceramica.
Quindi, questo nuovo abitato, ha restituito tracce di ceramica con queste tre
caratteristiche. Queste novità provengono dalla magnogreca città di Pitecusa (contatto
con le maestranze euboico-calcidesi, fondatori di Pitecusa, 770-760 a.C.). Questo
contatto è conclamato, perché alcuni manufatti di fabbrica pitecusana sono stati
ritrovati in questo insediamento. Il distretto pitecusano è legato molto allo sfruttamento
della risorsa mineraria, perciò entravano in contatto. A distanza di qualche decennio i
pitecusani si postano a fondare Cuma (750-740 a.C.), ancora più al centro del distretto
di approvvigionamento dei minerali.
La ricettività dei modelli è ancora più variegata nel VII secolo a.C. (periodo
orientalizzante). La parte etrusco-laziale mostra di avere quasi una soggezione
cultuale, un'attenzione estrema al più alto artigianato realizzato in Grecia e lungo le
coste dell'attuale Asia Minore. Il VII secolo è quello in cui questi motivi dall'Oriente
entrano in Grecia. La dimensione in cui si utilizzano maggiormente oggetti di tale fattura
è quella funeraria: questi oggetti vengono fatti arrivare dalla Grecia per i corredi
funerari dell'alta aristocrazia romana. Tali oggetti sono stati infatti rinvenuti nelle
tombe in quest'area. In particolare, uno dei centri più ricettivi, oltre Roma, è Praeneste
(oggi Palestrina), che condivide con Roma le stesse aperture culturali, e talvolta
condiziona Roma. Erano collegate da una strada, la via Praenestina. A Palestrina sono
state rinvenute alcune sepolture monumentali: quelle che hanno restituito più oggetti
sono la tomba Barberini e la tomba Bernardini, dai nomi dei proprietari dei terreni
dove stono stae rinvenute. Sono tombe a tumulo, già la tipologia sepolcrale è dello
stesso tipo delle tombe dell'aristocrazia greco-orientale. Sono le cosiddette tombe
principesche.
Nella tomba Bernardini sono stati ritrovati ricchissimi oggetti di ornamento personale.
Di eccezionale fattura sono gli affibbiagli e le piastre in oro, che non erano mai stati usati
in vita, sono oggetti da parata usati per la vestizione del defunto, che prevedeva questi
elementi culturali non originari del luogo, ma alla greca. Alcuni sono simboli del
simposio, ma probabilmente il defunto il simposio non l'aveva mai praticato. C'è una
tale presenza di gioielli in questo periodo, che si ipotizzava che gli artefici fossero
artigiani dell'Asia Minore che si erano trasferiti nell'Etruria meridionale perché c'era
alta richiesta.
Ci sono degli elementi culturali condivisi su una scala già mediterranea. Per questo
periodo non abbiamo molte testimonianze, quelle più evidenti riguardano la cultura
funeraria ed, in particolare, le sepolture prestigiose, le cosiddette tombe principesche.
Palestrina è il centro che da questo punto di vista ha dato più testimonianze. A Roma ci
sono meno evidenze ma chiare al punto da far capire che, anche lì, le personalità
eminenti delle diverse curie facessero ricorso a sepolture monumentali di questo tipo.
Si tratta di tombe a tumulo, con oggetti di corredo abbastanza prestigiosi, all'interno del
corredo che è il manifesto culturale della famiglia.
Le sfingi sono protagoniste di questo immaginario orientalizzante.
Tra gli oggetti rari ritrovati c'è il Piccolo calderone di produzione fenicio-cipriota,
decorato con protomi serpentine e fregi che avvolgono l'intero corpo dell'ebete
disponendosi su più registri. Questa disposizione dei fregi sovrapposti è una cifra
caratteristica del linguaggio orientalizzante in Grecia, pensiamo allo stile corinzio del VII
secolo a.C.
Altro oggetto rituale per eccellenza è la Patera in argento dorato, la patera in metallo è
segno di una committenza d particolare prestigio. Torna il motivo del serpente, che è la
cornice figurativa, definisce il campo di osservazione. Inoltre, il serpente, cambiando
pelle, è simbolo della rinascita continua, che si lega molto alla sfera funeraria. Ricorrono
scene diverse: il sovrano che esce dalla città per la battuta di caccia, la parata militare,
molto simile alle parate militari della ceramica proto corinzia, il re che annienta un
avversario sottomettendolo, che è la scena principale. La caccia era una delle dimensioni
in cui più si svolgeva la formazione dei giovani aristocratici, per prepararli all'attività
militare. Il fatto di esaltare, come tratto culturale identitario, la caccia e la guerra,
rimanda ad attività condivise da etruschi e laziali e attività che essi di fatto praticavano?
La risposta è complessa e variegata. Per il simposio abbiamo più dubbi, la maggior parte
di coloro che sceglievano i vasi in oro (che rimandano al simposio), non lo praticavano.
Per la caccia e per l'attività militare quello che sappiamo storicamente ci induce a
pensare che is praticassero queste attività, la stessa Roma, dalla fondazione, è
impegnata in continui scontri militari. In questo caso, quindi, è stata ipotizzata una
condivisione anche di attività, che rende più efficace anche una condivisione di valori.
Altro oggetto è il fermaglio a pettine dorato, che presenta una decorazione con sfingi,
volatili disposti paratatticamente.
VI SECOLO A.C.: Come è fatta la città in questo periodo?
Andava strutturandosi l'area del Foro. Infatti, in concomitanza con l'urbs palatina,
questa nuova città-stato si da degli spazi pubblici (Foro, Capitolium e Arx). Già dall'VIII
secolo vi viene praticata un'opera di innalzamento del terreno ad una quota che in quel
periodo doveva essere più alta rispetto a quella dove arrivava l'acqua del fiume, quota
che si è stimato arrivare a otto metri e mezzo sopra il livello del mare, ipoteticamente si
stimano 3500 metri cubi di terreno. I rappresentati delle varie curie si riunivano presso
un primo comizio già esistente. Per il VII secolo conosciamo l'edificio che si lega al
Comitium, che è stato riconosciuto come il primissimo spazio per l'istituzione del
Senato. Il luogo di riunione del Senato si chiama curia, univocamente le fonti letterarie
per il VII secolo parlano di Curia Hostilia, in ricordo del re Tullus Hostilius. Il VI secolo è
un momento chiave perché vi sono degli interventi volti a mitigare alcuni effetti
naturali, interventi che avvengono all'interno di un nuovo circuito murario, che ha
anche valenza difensiva, le famosissime Mura Serviane, che la tradizione attribuisce a
Servio Tullio, il re centrale della triade di sovrani etruschi. Non è un caso che la prima
urbanizzazione avvenga quando Roma fu una città etrusca, gli etruschi avevano
particolare attenzione per questi aspetti. Questi interventi urbanistici interessano la
nuova area urbana, definita dalle nuove mura e dotata di un nuovo pomelium, più
ampio. Nelle nuove mura e nel nuovo pomelium entrano tutte le aree della città-stato,
del centro protourbano, tanto da arrivare ad una superficie urbana di 426 ettari circa,
una delle città più