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La nascita del movimento proletario e la sfida al diritto borghese

Dopo la Seconda guerra mondiale si presenta una nuova classe politica, il proletariato, che reclama diritti che il diritto borghese non era in grado di riconoscere. Negli anni '70, durante le riforme capitali come il diritto di famiglia o lo statuto dei lavoratori, questi diritti sono stati purtroppo reclamati con la violenza (anni di piombo). In questi anni nasce questo movimento in un convegno a Catania: sostengono che il magistrato deve pronunciare sentenze che ribaltino l'ordinamento giuridico perché la classe proletaria non avrà tutela da parte del legislatore che ha creato quel diritto borghese, quindi il giudice deve sovvertire il diritto stesso dall'interno. L'idea di Polis e zoon politikon di Aristotele e la classicità hanno a che fare con la natura dello "stato". In realtà, ciò che noi chiamiamo stato nasce nel XVI secolo, per cui sarebbe meglio dire polis, comunità, societas. Lo stato esiste per natura: vuol dire che loguerra.guerra. (collegamento con Hobbes) Lo stato è un prodotto sociale e naturale. E l'uomo è un essere socievole: nella concezione classica non è un individuo ma per natura l'uomo è un essere socievole. Lo stato, in questa costruzione, è anteriore alla famiglia e a ciascuno di noi. Viene prima. Per Aristotele è evidente che lo stato viene prima: perché è evidente? Metafora di agrippa tra rapporto della parti del corpo e il corpo stesso: il corpo è composto da varie parti ma il corpo in sé è superiore alla somma delle sue parti. Esso è un organismo, tanto è vero che può vivere senza una delle sue parti ma una parte non può vivere senza il corpo. Cosa viene prima? Le parti del corpo o il corpo? Il corpo, perché è superiore alla somma delle sue singole parti. Ecco perché lo stato viene prima ed è superiore a ciascuno di noi. E le sue parti sono importanti ma esse non

Esisterebbero se prima non ci fosse un corpo. La polis si sostanzia in tutto l'insieme di relazioni fra i singoli che costituiscono il tessuto sociale, cioè lo stato in cui è importante il rapporto fra identità e differenza. La capacità di tenere insieme le differenze: una comunità è fatta di differenze, di identità ed esse se armoniosamente collegate non sono una minaccia ma una ricchezza. Questo insieme di relazioni è per natura e anteriore a ciascuno di noi. Noi siamo dopo le relazioni. Ecco perché il fine del diritto ha a che fare con la tutela di questa relazionalità: il diritto protegge la relazionalità originaria. Infatti, a sostegno di questa sua affermazione che è "evidente", dice che a meno che uno (richiama l'autonomia, autonomos di Antigone e Creonte) ogni non sia autosufficiente individuo separato sarà nella stessa condizione delle altre parti rispetto a tutte e quindi

chinon è in grado di entrare nella comunità o per autosufficienza non ne sente il bisogno (maquesto è hybris), non è parte dello stato cioè della comunità stessa e quindi o è una bestiao è un dio. (Hobbes: lo stato di natura è connotato dal fatto che individui sono come bestie homo ominilupus. L’unico al di fuori dello stato sarà un dio immortale e sarà anche sovrano di esso: illeviatano) Noi uomini che facciamo parte dello stato, per socievolezza naturale, viviamo nel mezzo. Lostato, quindi, è ciò che ci preserva dall’essere come delle bestie e ci salva dalla hybrisdell’autosufficienza di voler essere come dio. L’uomo è un animale socievole perché? Zoon politikon = animale socievole e linguistico. L’uomo è l’unico tra gli animali ad avere la parola, logos. Il vivere in comunità, da un certo punto di vista, non è solo

dell'uomo: ci sono animali che vivono in comunità anche meglio di noi come gli alveari, i formicai o i lupi. Ma allora cosa differenzia l'essere socievole dell'uomo e l'essere socievole di altri animali? L'uomo ha la parola. Qui c'è una differenza importante tra parola e voce che ha a che fare con ciò che identifica la comunicazione e l'informazione. Tutti gli animali hanno la voce ed essa indica ciò che è doloroso e gioioso, dice Aristotele: gli animali lo fanno per indicare le esigenze, la fame o un pericolo. Infatti, questo loro si comunicano a vicenda. Ma la parola, che è voce, è qualcosa di più. Noi con la parola esprimiamo ciò che è giovevole e ciò che è nocivo: cioè ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Noi con la parola non ci limitiamo a dare informazioni sul mondo, ma lo valutiamo esprimendo giudizi. Lo stato è per

perché l'uomo è un essere sociale per natura: significa che l'uomo per natura esprime giudizi. L'uomo per natura esprime il giusto e l'ingiusto. Questo è proprio dell'uomo rispetto agli animali: avere la percezione del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto e degli altri valori. 47È proprio per questo che esiste la retorica: essa non è una tecnica di persuasione ma è un modo di essere dell'uomo come , perché nei contesti della socievolezza, i quali sono ineludibili perché non siamo né bestie né dei, noi discutiamo perché noi come uomini, soli fra gli animali, ci poniamo il problema di ciò che è giusto e ingiusto e di tutti gli altri valori (il possesso comune dei quali costituisce la famiglia e lo stato).Dove c'è una comunità? Dove le persone si riconoscono negli stessi valori. È un dato antropologico. Ogni comunitàesiste perché i membri di quella comunità si riconoscono in alcuni valori. Quindi, c'è una connessione essenziale tra la socievolezza dell'uomo e l'elemento linguistico. Solo noi abbiamo la percezione del bene e del male: vuol dire che noi dobbiamo porci in quanto uomini il valore delle nostre azioni rispetto agli altri, rispetto all'ambiente e alle sue risorse, rispetto ad altri esseri viventi. Noi abbiamo una responsabilità che gli altri animali non hanno perché nel bene e nel male solo noi siamo stati capaci di fare ciò che abbiamo fatto. Ciò non significa che noi siamo superiori. Se non avessimo il potere di distruggere il mondo non ci porremmo il problema di tutelare il mondo: se non avessi il potere di sterminare una specie animale non mi porrei il problema della sua tutela e conservazione. Per le altre specie viventi non è così perché loro non hanno il potere che abbiamo noi. Heidegger dice: Il dasein.dell'essere umano rispetto agli altri animali sta in questo: Heidegger dice che il nostro essere sein è sempre un essere qui e ora, un dasein. Questo dasein sta nel fatto che solo l'uomo in virtù del logos può non soltanto parlare del mondo in quanto mondo, cioè scoprendolo, mostrandolo e constatandolo in termini oggettivi e teoretici, ma può anche valutarlo, esaminarlo con altri in termini dialogici, pratici, discutendone e giudicandone l'uno con l'altro il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, la qualcosa è costitutiva dell'umana autenticità dell'esserci stesso. Il nostro dasein è sempre un meet dasein, cioè con gli altri. È qui che si gioca l'autenticità dell'essere umano perché, dice Heidegger, l'esserci in quanto zoon politikon, essere l'uno con l'altro, è la determinazione fondamentale dell'uomo. Questa determinazione

Fondamentale ha la sua possibilità nel parlare l'un con l'altro. Se parliamo gli uni con gli altri succede che c'è qualcuno che parla e qualcuno che ascolta (questa dinamica la abbiamo trovata anche nella retorica: l'uomo ha il logos perché è l'unico animale che persuade e si lascia persuadere. La persuasione ha ragion d'essere in tanto in quanto è un rapporto di alterità. Questo non è contrario alla ragione ma ne è espressione). L'uomo, dice Heidegger, è di per sé un ente tale da ascoltare sé stesso (è il dialogo fittizio). Quando i greci dicono "l'uomo è un essere vivente che parla", non intendono ciò nel senso fisiologico che egli emette suoni, bensì ha il suo esserci autentico nel colloquio e nel discorso: ci sono uomini che non possono parlare ma non per questo non sono uomini. Il logos rappresenta un'istanza dell'essere.

Il dialogo ha a che fare con la struttura essenziale dell'uomo. Il diritto è veramente giusto quando protegge chi non ha voce, i più deboli. Un diritto che non si facesse carico di questo non sarebbe un diritto perché non risponderebbe a quella struttura ontologica dell'uomo. Se il diritto non è in grado di tutelare il più debole, non è un diritto giusto. Heidegger dice che la determinazione dell'essere l'un con l'altro è cooriginaria alla determinazione dell'essere parlante. La forma del diritto come tecnica di regolazione sociale, forma antitetica rispetto a questo pensiero, manifesta questo. Anche il diritto a cui non interessa della giustizia, il sovrano ha il dovere di garantire la pace sociale. Dal diritto non può essere eliminata la dimensione cooriginaria dell'essere l'un con l'altro perché altrimenti verrebbe meno il diritto. La ragione d'essere del diritto.È questa. Andrea Moro in "le lingue impossibili" dice che virtualmente tutti gli animali sono in grado di comunicare e usano il
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Publisher
A.A. 2021-2022
109 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher prugnafranci di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Puppo Federico.