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LA FINANZA TERRITORIALE.

La disciplina in merito è cambiata molto nel corso del tempo.

●​ Art. 119, cost. del ‘48

Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica,

che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie e dei Comuni.

Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle

Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.

Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo

Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.

La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della

Repubblica»

L’articolo ci dice che le regioni dovrebbero avere un modello di gestione con autonomia finanziaria,

ciò significa che hanno autonomia di entrata e di spesa (=senza vincolo di destinazione).

Conosciamo due modelli di finanza: derivata e autonoma.

Qual è la differenza? In quella derivata, l’allocazione di spesa e di entrata lo decide il ministero

politicamente di volta in volta; il modello autonomo è quello dei trasferimenti erariali: quando dallo

stato, sulla base di una legge, ogni anni le regioni secondo delle leggi preventivamente previste,

ricevono un quantum di risorse indifferenziato (non in base al territorio).

Il meccanismo di attuazione del finanziamento delle regioni ordinarie è stato il trasferimento erariale:

fondo allocato alle regioni sulla base del loro gettito locale, ma nel senso che più basso era più alta

era la quota allocata, quindi più gli do in termini di spesa pubblica; mentre per la finanza autonoma il

modello è quello di entrate a base tributaria. Nel modello del 1970 quindi, in violazione della

costituzione (come vedremo), è quello di due fondi nazionali di finanziamento che vengono ripartiti tra

le regioni con una formuletta di riparto senza tenere in conto il gettito pubblico. Che difetto ha questo

modello? Tende a far instaurare dinamiche di spesa storica: se c’è un territorio che riceve tante

risorse perché bisognoso, non diventa più efficiente perché non avrà incentivo: si spende tanto per

fare poco.

Il modello opposto della finanza autonoma è un modello che incentiva invece la competitività

territoriale, perché le risorse pordotto da quel territorio rimangono nello stesso, non vengono riallocate

a differenza di quanto succede nel modello di finanza derivata. Qui si vede una entrata a base

tributaria spesa in un’ottica di crescita economica. Il difetto è che c’è competizione alta perché ci

saranno territori a basso gettito pro capiteche non riescono a garantire livello minimo di servizi.

La costituzione dice che le risorse devono essere adeguate ai bisogni delle regioni perché possano

adempiere alle loro funzioni. Allora quali sono i principi costituzionali?

●​ Autonomia finanziaria;

●​ Coordinamento statale;

●​ Modello autonomo;

●​ Tributi propri e quote di tributi erariali per finanziare.

La riforma del 2001 mantiene questi capisaldi.

La costituzione diceva che le regioni andavano finanziate solo con compartecipazioni e tributi erariali,

quindi i fondi venivano finanziati non secondo una scelta politica ma, secondo legge, con

compartecipazione erariale. L’art. 119 può essere interpretato allora nel senso che quello che voleva il

costituente che il comparto regionale nel suo complesso fosse garantito con volume di risorse non

deciso da scelta politica discrezionale ma con una predefinizione della compartecipazione al gettito

tributario complessivo. Questo è il modello che rimane in vigore fino agli anni 90, si tratta però di un

modello opposto che la costituente non voleva, tanto che quest’ultima poi negli statuti speciali ha

attuato modello del tutto diverso. La costituente voleva un modello di finanziamento autonomo.

Questo si intreccia con il tema del residuo fiscale: questa dinamica della spesa che si instaura negli

anni 70 porta alla crescita del divario nella distribuzione del residuo fiscale. Si tratta del saldo tra

quanto ciascun contribuente fornisce al finanziamento dell’azione pubblica e i benefici che ne riceve

sotto forma di servizi. Lezione 9 - 26.02.25

L’evoluzione della legislazione ordinaria italiana in materia di autonomia fiscale territoriale.

Il modello finora vigente entra in crisi negli anni 90, si inizia a riformare per potenziare autonomia di

entrata a comuni e regioni e si fa superando i fondi a finanziamento generale e trasformandoli in fondi

perequativi, quindi: la sanità rimane fuori (perequazione al 100%, cioè se il sistema tributario non

arriva alla soglia di spesa storica si copre interamente), si fissa una quota di tributi che si versa alle

amministrazioni regionali in modo che le regioni avranno una base di entrate tributarie, se questa è

sufficiente a raggiungere il volume di risorse che storicamente già gli si dava, e per le altre in via

perequativa si rifinanzierà i livelli di spesa storia che precedevano questa riforma. Ciò significa che

peró così non si risparmia nulla.

In parallelo a questo processo di riforma infatti, si inizia a capire che il comparto regionale sia

particolarmente inefficiente e che le amministrazioni andrebbero responsabilizzate nello gestire le

risorse, quindi non ci si basa più sulla spesa storica: si dà meno risorse rispetto a quelle passate.

L’ultima riforma del 99 inizia a dire che nella perequazione si deve abbandonare il criterio della spesa

storica, con sanità al 100% e trasporto all’80%, ma non viene implementata perché l'anno dopo c'è

innovazione della costituzione con la riforma con L. 448/1998 e che introduce il sistema del

federalismo fiscale.

In quel momento, per le regioni ordinarie il fondo sanitario nazionale rimane al 100%, e il resto

gradualmente a finanza autonoma perequata a spesa storica.

Nel frattempo le regioni speciali si trovano in una situazione di “grazia”, però si presenta un problema:

inizia una stagione di crescita economica in cui le relazioni tra stato e regioni speciali del nord italia

caratterizzata dal disallineamento delle compartecipazione al gettito rispetto al fabbisogno effettivo

delle risorse. L’esito è che solo i 9/10 vengono spesi nel territorio. Inoltre, ad aggravare ancora di più

la situazione per una certa stagione sono stati introdotti i finanziamenti su legge di settore, cioè le

competenze dello statuto speciale fissate nel ‘47 non sono identiche a quelle trasferite poi

effettivamente alle regioni ordinarie negli anni ‘70.

Con la riforma del federalismo fiscale (L. Delega 42/2009) cambia tutto:

●​ Per le regioni ordinarie basta perequazione su spesa storica, si prevede invece una

standardizzazione della spesa.

●​ Per le regioni speciali, lo stato per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità e crescita

impone che una parte delle risorse venga “risparmiato” (meno spesa) per centrare l'obiettivo

deficit e diminuire il debito pubblico.

Da lì in poi le sentenze della costituzionale fioccano sulla questione.

La questione iniziale posta riguarda l'assoggettabilità delle regioni autonome al patto di stabilità che

era molto blando; poi anche il tema dello spending review.

Con la riforma del 2009 si inizia a dire che bisogna razionalizzare tutto: allora standardizzazione della

spesa per le regioni ordinarie; e meccanismi di concorso agli obiettivi di risanamento della contabilità

pubblica proceduralizzati per le regioni speciali.

La legge delega riforma il modello confermando però la finanza autonoma, viene razionalizzato il

sistema dei tributi e si stabilisce un meccanismo di perequazione per le regioni che non riescono a

coprire il loro fabbisogno attraverso la parte di compartecipazione sulla base dell’idea per cui il fondo

perequativo é verticale, cioè non evidenza subito il trasferimento delle risorse da un territorio all’altro

ma con risorse generali statali (anche se viene comunque dai territori) e funziona in questo modo:

redistribuito alle regioni bisognose a seconda dei settori con logiche che guardano il fabbisogno

standardizzato.

Per alcuni settori la logica è che tante regioni siano oggetto del meccanismo di perequazione, in altri

invece ci si accontenta di poco, tutto ciò calcolato sul livello di efficienza di una regione non storico

ma calcolato su quanto una regione spendendo quella certa quota può essere efficiente. È un

meccanismo che passa il vaglio costituzionale e che ha portato in gran parte ad annullare in gran

parte la legge Calderoli perché la cc richiede implemento parte finanziaria sulla base di norme non

politiche transitorie ma esattamente sapendo cosa succederà settore per settore. In parallelo, per le

regioni speciali anche in presenza della legge costituzionale che garantisce i 9/10, si sono presentati

diversi accordi raggiunti in ragione della quantità di ricorsi cost. in quel periodo: subito dopo la riforma

del 2009, abbiamo visto diverse leggi di riforma del modello di finanziamento per le regioni speciali del

nord italia (fuori sicilia e sardegna perché non hanno capacità di gettito per contribuire al

risanamento).

Fino al 2009 le risorse venivano chieste con scelta politica annuale regolarmente impugnata in

costituzionale, nel 2009 la legge delega chiede norma di attuazione negoziata con ogni singola

regione speciale per avere garanzia che queste regioni speciali assicurino in modo prevedibile per

loro, però in modo certo in modo che si tratta di norma stabile e che resista nel tempo.

Nel 2012 poi si supera il patto di stabilità e crescita perché viene sostituito dalle regole dell'equilibrio

di bilancio che vengono applicate con l’armonizzazione dei conti pubblici a tutti gli enti pubblici.

Lo statuto viene revisionato 2 volte: nel 2009 e nel 2014:

-Primo approccio di negoziazione: le regioni del nord ottengono di riportare le risorse di finanza ai

decimi originari.

-Secondo round: si definisce un meccanismo di concorsi agli obiettivi di risanamento della finanza

pubblica che vengono fissati anno per anno in base a parametri prevedibili e predefiniti.

L’armonizzazione dei conti pubblici.

C’è stata resistenza in tutti i territori sul decreto 118 sull’armonizzazione dei conti pubblici, e allora le

regioni ottengono nel 2010 la garanzia che le leggi contabilità regionali/provinciali sono fondate sulla

competenza generale in materia di organizzazione degli uffici e quindi è una competenza primaria

vera (ex art. 117.2, cost.).

Sulla base di ciò, quando entra in vigore il 118, si è inserita la clausola nelle norme di attuazione per

cui le regioni hanno competenza primaria nelle norme d

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A.A. 2024-2025
47 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher anniemarie di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto della contabilità pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Guella Flavio.