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PITTURA MURALE
Affresco, usato fin dall'antichità e perfezionato dai romani,Vitruvio se ne interessa nei
suoi trattati di architettura. Proprio Vitruvio ci permette di capire che i romani
coprivano il muro con 6 strati di intonaco prima di dipingere.
L'affresco è stratificato e gli strati devono essere spessi. Il primo strato di intonaco è
formato da calce e sabbia di fiume (non di mare perché aggiungerebbe sale)
mescolati ad acqua, gli altri strati da calce e polvere di marmo macinata
diversamente per ogni strato fino a diventare più sottile avvicinandosi alla superficie
pittorica, l'ultimo strato deve essere lisciato con rulli di marmo in modo che i colori
risplenderanno e non diventeranno ruvidi. A partire dall'alto medioevo questa prassi
romana viene semplificata e si cominciano a stendere meno strati di intonaco che
viene applicato per “pontate”, strisce di intonaco che seguono l'andamento del
ponteggio. Se era molto ampia la superficie da affrescare, si usavano dei materiali
che potessero mantenere l'umidità dell'intonaco più a lungo oppure si facevano
collaborare più maestri. Per ottenere particolari effetti cromatici spesso veniva usata
la calce come legante oppure si dipingeva direttamente sulla calce, dal pdv
conservativo sono più fragili perché stesi a secco.
Dal 200 in poi cambiano le esigenze formali, si ricercano figure meno stilizzate e più
tridimensionali, le immagini devono essere naturalistiche; si affinano quindi anche le
tecniche. Lo spartiacque è Giotto che inserisce più pathos e maggiore naturalismo
nelle sue scene e nei corpi, lo spazio è più credibile (ogni figura è in posizioni
diverse, panneggi, anatomia realistica...). Giotto prende l'arte greca e la trasforma in
arte moderna.
Cennini alla fine del 300 descrive queste innovazioni nel suo libro. Primo strato che
serve per livellare la parete chiamato rinzaffo o sbroffatura, poi si stende il primo
vero strato di intonaco chiamato arriccio che è grezzo e su cui si disegna la sinopia e
avviene la battitura dei fili, e infine l'intonachino, fatto con due parti di sabbia e una di
calce, più sottile e liscio. Avviene una seconda battitura dei fili ma senza che siano
intrisi di colore, lasciano una traccia utile soprattutto per raffigurare le architetture.
Per riportare il disegno preparatorio sulla parete esistono diverse tecniche: la
quadrettatura, lo spolvero (con un punteruolo vengono creati dei buchini lungo i
contorni e poi passati con il carbone che quindi lascia il segno sull'intonaco, tecnica
già nota per la pittura su tela o per il ricamo), il cartone (l'immagine sul cartone a
grandi dimensioni viene appoggiata all'intonachino e i contorni sono ripassati con un
punteruolo, sull'intonaco rimane quindi un solco) o i patroni (sagome usate già da
Giotto soprattutto per le teste al fine di velocizzare il processo quando bisogna
raffigurare un gruppo di persone). Quest'ultima tecnica secondo Vasari è
indispensabile poiché permette di evitare errori e farsi aiutare da collaboratori dato
che è già stata pensata la composizione dell'opera.
Come si disegna un volto?
1. L'abbozzo viene fatto con il “verdaccio”, un colore scuro dato dal mix di altre tinte
(usato non solo per il volto ma anche per i panneggi). Per disegnare un volto
anatomicamente lo si divide in settori, prende il naso come strumento di misura (per
es. disegna un corpo di 8 visi e 2 nasi..).
2. Successivamente con il verde terra si inizia a dare più plasticità al volto.
3. Ci si dedica all'incarnato evidenziandone i tratti più in luce (punta del naso,
zigomi...) tramite bianco s.Giovanni e acqua.
4. Si stende un colore rosa incarnato mischiando bianco e sinopia per definire il
resto del volto che viene poi ripassato con acquarello.
5. Il rosa dell'incarnato viene dato da tre tonalità di rosa, si parte da quella più chiara.
Le ombre sono create dal modellato scuro sottostante (non vanno quindi aggiunte
sopra all'incarnato). Lo sfumato è generato dall'accostamento delle pennellate
I pigmenti sono mescolati a acqua e stesi su intonaco bagnato (circa per 8 ore), è
una pittura alquanto resistente poiché i colori entrano nel supporto, non sono solo
incollati sopra. Viceversa le finiture fatte a secco non dureranno a lungo perché sono
semplicemente applicate sopra. Possibile tramite la carbonatazione della calce, la
malta dell'intonaco, una volta asciugata, reagisce con l'anidride carbonica dell'aria
formando il carbonato di calcio. L'intonaco praticamente si è trasformato in pietra,
dunque l'affresco è irreversibile, non si può correggere. Il grande nemico dell'affresco
è l'umidità che penetra nell'intonaco che ne provoca lo sgretolamento. La mano del
pittore deve essere quindi risoluta e veloce, inoltre è necessario conoscere bene i
colori poiché mentre il muro è bagnato si mostrano in maniera diversa rispetto a
quando asciugano. Tecnica difficile.
Da Giotto in poi, per evitare che l'intonaco asciughi, la parete viene divisa in giornate
in modo da poter dipingere una parte per volta. Le giornate ampie sono quelle degli
sfondi, quelle più piccole sono quelle che includono parti più dettagliate (volti, mani,
panneggi). Il bordo delle giornate va rifinito in modo che sia a scivolo per limitare lo
stacco con le giornate vicine (nel frattempo il sistema delle pontate non viene
abbandonato).
Vasari dice che l'affresco è la tecnica migliore poiché è veloce, i tempi sono vincolati
dall'asciugatura dell'intonaco perciò bisogna essere rapidi, se si prolunga il tempo di
esecuzione l'intonaco secca impedendo al pigmento di penetrare dentro al supporto.
I colori da utilizzare devono essere derivati dalla terra (e non da minerali perché
contengono rame che genera alterazioni cromatiche reagendo con l'umidità), ricorda
che va usato il bianco s. Giovanni e non la biacca. Anche Cennini ricorda che alcuni
colori non vanno bene per l'affresco perché si alterano o si ossidano (es. il verde),
non è però così rigido come Vasari e consiglia di stenderli a secco anche se sono
più fragili e finiranno per scrostarsi.
Tempera a secco
In questo caso il supporto è asciutto e quindi bisogna usare un legante, solitamente
l'uovo (o intero o solo tuorlo) o la colla (usata soprattutto per i colori freddi). Prima
bisogna passare sull'intonaco asciutto una spugna imbevuta del legante che si
userà, questo prepara la superficie ad accogliere il colore, poi si applica il colore a
sua volta mischiato con il legante. Bisogna accertarsi di aggiungere legante nelle
giuste dosi, se troppo o troppo poco il colore si scrosta. Ricordiamo che per creare le
gradazioni di colore in questo caso si può usare anche la biacca. Talvolta prima di
stendere il colore a secco si passava a fresco un colore preparatorio che influenza la
tonalità della tinta che si passerà sopra in modo da renderla più scura o più chiara.
La finitura a secco può comprendere anche l'applicazione di lamine metalliche,
pastiglie, specchietti o paste vitree per creare dei particolari riflessi e effetti ottici;
spesso sono in rilievo le aureole, i pastorali... (es: le aureole di Cimabue a raggiera
fatte in grassello di calce, una calce morbida). Le lamine vengono applicate tramite
sostanze adesive come la cera o il mordente = fluido analogo alla vernice ottenuto
tramite olio di semi di lino cotto con l'aggiunta di resine, è inizialmente liquido, poi
rapprende fino a diventare appiccicoso. L'applicazione dei materiali più preziosi
come l'oro avviene dopo aver finito di stendere l'affresco per evitare che si rovini,
una volta asciutto l'intonaco si stende il mordente e sopra la lamina d'oro che,
essendo molto sottile, si adatta ai segni presenti nell'intonaco (per es. le raggiere
sulle aureole), la foglia d'oro in eccesso viene spolverata via e recuperata per essere
utilizzata in polvere in altre tecniche mischiata a altri colori per creare effetto glitter.
Talvolta si stendeva sulla superficie uno strato a base di cera applicata con strumenti
metallici caldi che serviva per esaltare i colori e renderli brillanti.
NB= L'umidità che penetra nel supporto mette a rischio qualsiasi tipo di pittura
murale, le parti stese a secco sono le più delicate in questo senso. L'umidità penetra
nella parete sia con le intemperie (quindi dall'alto) sia dal terreno (quindi dal basso).
Vitruvio spiega che quando bisogna operare in luoghi umidi si può usare la polvere
di mattone pesto come isolante mischiato all'intonaco; in alternativa si possono
usare delle tegole ricoperte di pece per bloccare l'umidità. Se possibile sarebbe
ideale creare una sorta di doppio muro, nello spazio tra le due pareti si deve lasciare
un'intercapedine in cui circola l'aria. Talvolta è necessario spostare gli affreschi al
fine conservativo, i sistemi più invasivi per conservare le opere murali sono i sistemi
di stacco:
1) stacco a massello, già usato in epoca antica. Viene asportato un blocco di parete
dipinta andando in profondità, si salvano quindi tutti gli strati dell'affresco. Il
frammento viene poi inserito o in un'altra parete o incassato in un supporto ligneo.
Succede spesso quando ci sono dei cambi architettonici nella collocazione originale
dell'opera e le pareti vanno abbattute. Non è possibile usare lo stacco a massello su
grandi superfici. Il vantaggio è che viene mantenuto il legame genetico tra la pittura e
il supporto pur decontestualizzando l'opera.
2) Stacco, tecnica usata dal 700 in poi, in questo caso si interviene staccando solo
intonachino e arriccio dalla parete e ricollocandoli in altro luogo. Operazione invasiva
e rischiosa che comunque deteriora le stesure superficiali del dipinto poiché
nell'operazione di stacco si passa il dipinto con una colla e vi si applica sopra una
tela.
3) Strappo, viene staccata solo la superficie pittorica. Ancora si applica una tela
attraverso colle e si strappa via lo strato pittorico di pochi millimetri. Talvolta con un
paio di strappi si riesce a togliere anche l'intonachino per poter far emergere la
sinopia e avere un confronto con l'opera finita. Lo strappo di può fare anche su
superfici curve (cupole, nicchie...). Tecnica usata molto nell'800 (nasce anche una
polemica tra grandi personalità del restauro su quale sia il migliore metodo tra stacco
e strappo, tecniche molto usate nei momenti di instabilità politica, molte opere
trafugate usando queste tecniche) e nel 900