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Verità e falsità dei performativi diversi dalle asserzioni
Gli atti linguistici che non sono asserzioni possono essere veri o falsi? L'idea è che, nonostante sia essenziale per Austin non compiere la fallacia descrittivista, in realtà il contenuto descrittivo sia spesso rilevante per atti linguistici diversi dalle asserzioni.
Ad esempio, se una persona dice in modo sincero "i vigili stanno facendo le multe" ma in realtà non è vero, allora parliamo di falso allarme: in questo caso non si tratta di insincerità da parte del parlante, ma il problema è dovuto alla dimensione descrittiva del mezzo linguistico.
LA NOZIONE DI FORZA
L'idea è che ciò che determina l'atto linguistico non è il contenuto proposizionale ma il tipo di forza, elemento connesso al proferimento. Non ci sono, quindi, solo intenzione ed estensione, ma anche la forza: dire "oggi è una bella giornata" non
èun’asserzione se non acquisisce un certo tipo di forza assertoria. Se il proferimento possiede tale forza, allora esprime un contenuto proposizionale; inoltre, data la forza assertoria, il parlante si impegna a credere in ciò che asserisce.
I tipi di forza
Il tipo di atto linguistico è determinato dal tipo di forza connessa al proferimento: asserire, domandare, sperare, chiedere, ordinare, ecc. corrispondono a vari tipi di forza che il proferimento di un segno linguistico può avere. La forza riguarda il livello illocutorio del proferire. La forza illocutoria è diversa dal significato, non si può risolvere in concetti puramente descrittivi.
I TRE LIVELLI DEGLI ATTI LINGUISTICI
1. Livello locutorio = è l’atto di dire qualcosa: significa proferire un enunciato ed esprimere/veicolare eventualmente un contenuto.
2. Livello illocutorio = è l’atto che compio nel dire qualcosa, è quello che coinvolge la forza. Significa
Compiere una delle azioni che si possono convenzionalmente compiere nel dire qualcosa (asserire, ordinare, ecc.)
Semiotica (2022/23) | Rosa Ginevra
3. Livello perlocutorio = è l'atto che compio mediante il dire qualcosa. Significa produrre (volontariamente o non) effetti non convenzionali nel contesto, attraverso il proferimento di un enunciato (come compiacere, offendere, ecc.).
L'atto locutorio
L'atto locutorio, quello più materiale, riguarda gli aspetti fonetici, sintattici e semantici, cioè quelli che portano all'espressione di un contenuto proposizionale. Ci sono 3 aspetti di questo atto:
- Fonetico = è quello più basilare, quello che può essere compiuto anche in assenza di intenzione, è la pura emissione di certi suoni
- Fatico = è la produzione di certi suoni in quanto segni appartenenti a un certo sistema linguistico, cioè a una certa lingua.
- Retico = è il proferimento di certe parole
In quanto veicolanti un certo significato complessivo. La differenza tra fatico e retico si vede soprattutto quando si riportano le parole altrui: ad es. dire "Anna ha detto Giulia è una miacara amica" vs. "Anna ha detto che Giulia è una sua cara amica" nel primo caso mi importa l'aspetto fatico, quindi userò un tipo di convenzione linguistica che va a prendere tale aspetto, cioè quello che normalmente sono il discorso diretto e le virgolette; nel secondo caso mi importa l'aspetto retico, cioè quello che Anna ha voluto comunicare, e userò allora il discorso indiretto. Tutto ciò è particolarmente importante quando sono presenti termini offensivi, per chiarire che l'offensività non sta nelle parole del parlante ma in quelle della persona che le ha originariamente pronunciate.
L'atto illocutorio riguarda l'azione svolta nel dire qualcosa; sono le
azioni che si possono convenzionalmente compiere nel dire qualcosa: senza le convenzioni sociali non potremmo fare certe cose con il linguaggio. Questo atto, quindi, non è determinato unicamente da elementi linguistici. È il livello della forza (illocutoria) e degli atti linguistici. Nel riportare le parole altrui si può rendere esplicita la forza, ad es. dicendo "Giovanna ha ordinato a Michele di prenderle un caffè", "Beppe ha promesso ad Andrea di portarla fuori", ecc. L'atto locutorio, quindi il contenuto espresso usando certe parole, non basta a determinare l'atto linguistico compiuto, cioè la forza illocutoria usata. Nello scambio comunicativo, non interpretiamo solo il significato dei segni usati, ma anche il tipo di azione compiuta usandoli. Anche se la connessione tra le parole e l'atto illocutorio è convenzionale, gli indizi per come interpretare la forza sono i più disparati. Quellipiù convenzionali sono: il modo del verbo (ad es. imperativo), la sintassi (ad es. domande), la presenza di modali (ad es. "puoi...?"), il lessico, l'intonazione/punteggiatura ("acqua?" vs. "acqua!"). L'atto perlocutorio Tutto quanto detto sopra va tenuto separato da ciò che capita nell'atto perlocutorio: mentre è nella natura stessa dell'illocuzione che la convenzione venga sfruttata, nell'atto perlocutorio non si usa una convenzione, quindi vengono prodotti effetti non convenzionali, che possono essere sia volontari che involontari ad es. se voglio fare arrabbiare Giovanni, faccio un'azione volontaria ma non uso una convenzione per compierla. Quello che si produce è ad es. una reazione dell'ascoltatore: ad es. Giovanni dice "Austin è un grande filosofo" e questo suscita in Anna una reazione di stupore perché non pensava che il parlante conoscesse Austin. Normalmente,abbiamo una serie di atti perlocutori intenzionali, come convincere, persuadere, trattenere, sospendere, ingannare, ecc. (anche se a volte possono essere non intenzionali), ed una serie di non intenzionali, come offendere, far arrabbiare, far felici, ecc. (anche se a volte possono essere intenzionali). Sia gli atti illocutori sia gli atti perlocutori possono essere compiuti intenzionalmente o inavvertitamente: la differenza, quindi, non è che i perlocutori producono effetti non intenzionali, quanto più non convenzionali. Non convenzionale significa non esprimibile con un performativo esplicito: ad es. non possiamo dire "io ti convinco", "io ti trattengo", ecc. (intenzionali) oppure "io ti offendo", "io ti faccio arrabbiare", ecc. (non intenzionali). LEZIONE 7 (04-10-22) LA TASSONOMIA DEGLI ATTI LINGUISTICI A seconda del tipo di forza che il parlante associa a ciascuna espressione, si possono compiere diversi atti illocutori e quindiSi può fare una tassonomia di questi atti:
- Atti verdittivi: qualsiasi tipo di atto che implica un giudizio (verbi come giudicare, stimare, valutare, calcolare, ecc.)
- Atti esercitivi: qualsiasi tipo di atto con cui si esercita una autorità (verbi come nominare, licenziare, ordinare, proibire, esortare, rimproverare, avvertire, ecc.)
- Atti commissivi: qualsiasi atto con cui ci si assume un impegno (verbi come promettere, scommettere, ecc.)
- Atti comportativi: qualsiasi atto che sia una reazione a eventi o comportamenti (ad es. ringraziare, scusarsi, salutare, complimentarsi, ecc.). Non sono da confondere con i perlocutori in quanto i comportativi sono convenzionali.
- Atti espositivi: corrispondono a quelli che erano i constativi, sono quelli che definiscono il ruolo dell'enunciato nel discorso o conversazione (verbi come affermare, domandare, definire, obiettare, ecc.)
GRICE & LA TEORIA INTENZIONALE DELLA
COMUNICAZIONE
Questa teoria è in qualche modo connessa a quella di Austin. Qui possiamo parlare di Teoria della comunicazione; il modello di Grice è diverso da quello del codice.
Il significato letterale non è tutto, rispetto all'idea di veicolare un messaggio col linguaggio: il significato espresso letteralmente non esaurisce ciò che vogliamo esprimere né ciò che l'interlocutore comprende. Perché avvenga la comunicazione con successo, noi dobbiamo aggiungere delle cose al contesto: ad es. parlando di pre-semantica, al verbo "piove" potremmo aggiungere "a Milano, adesso", oppure aggiungere a "sono pronto" "per uscire" in modo da specificare pronto per cosa. Parlando di post-semantica, il contesto si usa per capire cosa viene veicolato con le parole usate: ad es. alla domanda "prendiamo una birra?" le risposte "l'ultima metro passa tra pochi minuti" e
“il mio treno non arriva prima di 1 ora” corrispondono rispettivamente a “no” e “sì”. Quindi, il contesto contribuisce a livello pre-semantico, per il contenuto esplicito, ed anche a livello post-semantico, in due modi: contribuisce a determinare l’atto linguistico e il contenuto implicito. Come facciamo a veicolare implicitamente “no, non prendiamo una birra” dicendo “l’ultima metro passa tra pochi minuti”? In un certo senso, l’impostazione di Grice è meno rivoluzionaria di quella di Austin, in quanto il focus è di nuovo sul contenuto rappresentazionale (sugli espositivi); non significa che Grice abbia dimenticato la teoria di Austin, perché comunque viene sempre detto che noi facciamo delle cose con il linguaggio. Gli espositivi sono al centro del suo interesse ma comunque il significato letterale non è centrale, Grice dice che non si può guardare solo al livello
La teoria di Grice si basa sull'idea che la comunicazione si fondi sulla capacità di rendere manifeste delle intenzioni: il significato è definito in riferimento alle intenzioni del parlante. Quindi, al centro di questa visione non sta il significato letterale che può essere dato dalla conoscenza di un codice, ma il significato del parlante (speaker meaning). Il significato letterale ha una funzione solo strumentale, cioè ci serve per avere degli indizi che ci permettano di comprendere il significato del parlante, senza il quale non ci sarebbe il rapporto di significazione. Si vuole fare in modo che venga riconosciuta l'intenzione del parlante di produrre un effetto sull'ascoltatore. Questa idea, in Grice, riguarda il significato implicito, ma si può poi ampliare all'idea austiniana che
dalle azioni di una persona. La teoria intenzionale sostiene che la comunicazione avvenga attraverso l'interpretazione delle intenzioni di chi comunica. Questo significa che per comprendere il significato di un messaggio, è necessario considerare non solo le parole utilizzate, ma anche il contesto, le espressioni facciali, il tono di voce e altri segnali non verbali. LA TEORIA CONVENTIONALISTASecondo questa teoria, la comunicazione si basa su convenzioni sociali e culturali. Le parole e i segnali linguistici hanno un significato convenzionale che è stabilito dalla società. Ad esempio, il significato di una parola come "cane" è convenzionalmente stabilito come riferimento a un animale domestico a quattro zampe. La teoria conventionalista sostiene che la comunicazione avvenga attraverso l'uso di queste convenzioni e che il significato di un messaggio sia determinato dalla condivisione di queste convenzioni tra il mittente e il destinatario. LA TEORIA INFERENZIALESecondo questa teoria, la comunicazione avviene attraverso il processo di inferenza. Gli individui utilizzano le informazioni disponibili per trarre conclusioni sul significato di un messaggio. Ad esempio, se qualcuno dice "Ho freddo", possiamo inferire che la persona sta provando una sensazione di freddo. La teoria inferenziale sostiene che la comunicazione avvenga attraverso la capacità di inferire il significato di un messaggio sulla base delle informazioni disponibili. LA TEORIA INTERAZIONISTASecondo questa teoria, la comunicazione avviene attraverso l'interazione tra i partecipanti. La comunicazione non è solo un atto individuale, ma un processo che coinvolge la collaborazione e la negoziazione tra i partecipanti. Ad esempio, durante una conversazione, i partecipanti si scambiano informazioni, si rispondono reciprocamente e si adattano alle risposte dell'altro. La teoria interazionista sostiene che la comunicazione avvenga attraverso l'interazione e la collaborazione tra i partecipanti. In conclusione, ci sono diverse teorie che cercano di spiegare come avviene la comunicazione. Ognuna di queste teorie offre una prospettiva diversa sul processo comunicativo e sottolinea l'importanza di diversi fattori come l'intenzione, le convenzioni sociali, l'inferenza e l'interazione.