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MITTENTE RICEVENTE
Contenuti mentali personali Contenuti mentali personali
↓ ↑
Significato Significato
↓ Segno Segno ↑
Significante Significante
↓ ↑
Segnale piano della Manifestazione Segnale
(suoni pronunciati) (suoni sentiti)
Dicendo “blu”, perciò, il mittente ha ritenuto che l’obbiettivo del processo di comunicazione fosse
quello di dare un’ indicazione generica e quindi di non specificare quale tipo di blu si trattasse.
In questo modo, come affermato in precedenza, il processo di comunicazione è riuscito se
comunque il ricevente ha compreso che il colore dell’auto di A rientra nell’area cromatica
corrispondente al significato della parola italiana “blu”, anche se egli si immagina un punto di blu
differente da quello che A aveva in mente. Quello che conta è che il processo sia arrivato al suo
termine con l’attribuzione del significato e quindi di una classe e non di unì entità specifica.
Tutto ciò che ci interessa comunicare (contenuti mentali di qualsiasi tipo) non può essere
comunicato direttamente in quanto ciò che si sposta da un soggetto all’altro sono unicamente delle
entità materiali, collocate sul piano della manifestazione.
Una buona soluzione, perciò, sarebbe quella di inviare al nostro destinatario delle istruzioni da
seguire: possiamo immaginare un messaggio come un insieme strutturato di istruzioni per
l’elaborazione di contenuti mentali.
Le istruzioni contenute del messaggio invitano il destinatario a compiere determinate operazioni,
perciò il destinatario non è passivo ma trova nel messaggio la traccia di un lavoro da compiere!
Secondo il modo comune di pensare, i segni hanno il loro posto specifico all’interno dei processi di
comunicazione e servono per rendere comunicabile pensieri ed esperienze che le persone hanno
formulato prima di porsi un problema di comunicazione. Possiamo dunque dire che, secondo la
concezione della semiotica, la relazione tra gli esseri umani e le cose e gli eventi del mondo non è
6
o
diretta ma mediata da sistemi di segni , grazie ai quali la nostra lettura delle “cose” è organizzata da
strutture semiotiche.
Ogni atto comunicativo implica un calcolo attento in quanto esiste un principio di economia della
comunicazione che afferma di non chiedere ad destinatario più tempo e più lavoro interpretativo
necessario e perciò di essere generici! Questo principio è tipico della comunicazione pubblicitaria.
In questo modo, un’espressione fortemente personale è l’eccezione, mentre standardizzazione e
semplificazione sono le regola.
Il segno per Saussure è:
- psichico (è una rappresentazione mentale sia del significato che del significante)
- definito a livello collettivo
- istituzionale (esercitano una pressione sugli individui tanto da dover usare quei segni specifici)
- arbitrari
Secondo Peirce invece la semiotica è una scienza della soggettività (come per Saussure ma per egli
riguardava la collettività). Un segno secondo Peirce:
1. Qualcosa sta per qualcos'altro sotto qualche aspetto per qualcuno.
2. Deve succedere nella mente di qualcuno che viene chiamato interprete. È la semiotica della
soggettività. Ovvero possono essere dei fatti individuali. Ci vuole un soggetto, qualcuno che
3. È una qualsiasi cosa, entità mentale o materiale.
4. Sotto un certo aspetto, un segno non è mai sego sotto tutti i suoi aspetti, ma per ogni segno
scelto lo scegliamo per alcuni aspetti tralasciandone altri. Noi teniamo solo quegli aspetti
che servono per il significato delle cose. Un esempio significativo è cosa si vede di un film
rispetto ad un gruppo di persone/pubblico. Si dice che quello che fa la differenza è "la
pertinenza" delle singole persone.
I tre tipi di segni per Peirce: 1 I segni arbitrari (o simboli per Peirce) sono interamente
convenzionali, tra cui la lingua o alcuni aspetti della
segnaletica, esempio stradale.
2 Indici, ad esempio di una persona con gioielli è indice di
persona con soldi, oppure cielo con nuvole è indice che sta
per piovere. In questo caso tra un segno ed un altro c'è una
connessione di causa/effetto. Altro esempio è fumo/fuoco.
3 Icone, fondate sul riconoscimento di una somiglianza o
analogia, ad esempio disegni, dipinti, grafici. Tipo che
raccoglie quasi tutti i sistemi dei segni. Quando parliamo di
due cose simili dobbiamo dire che sono simili dal punto di
vista oggettivo o soggettivo? Diremmo che è soggettivo, e
l'esempio più classico è la soggettiva somiglianza di un
bambino appena nato da parte dei genitori/nonni. Il mondo
delle somiglianze è un mondo enorme, grande universo da
esplorare. Esempi di somiglianze o analogie sono i dipinti, le
metafore o una scena rifatta a teatro ad esempio.
Peirce: limiti e aspetti problematici:
- modo in cui Peirce usa il termine di "segno", il segno quindi è solo un lato di partenza, mentre per
Saussure esiste la biplanarità dei segni. 7
o
- per quanto riguarda l'arbitrarietà le definizioni sono simili ma Peirce si riconosce per i segni ma
dice delle cose diverse per le "icone" e gli "indici", in quanto ritenute come entità singole.
- la concezione dell'icona è misera perché è referenzialista, ovvero rimandano a degli oggetti del
mondo. Quello che si dica il loro referente e non a un loro significato.
Di tutto quello che ci accade, se riusciamo a tradurlo in racconto, seppur fantasioso o comunque con
una certa logica, ci liberiamo dell'aspetto angoscioso. Noi abbiamo bisogno che le cose che
accadono stiano dentro una storia. Il mondo ci appare diverso e più confinato in una scatola non
illogica, se tramutiamo fatti in storia, in narrazione. Gli esseri umani cercano di dare un ordine
preciso ed ordinato per rendere plausibile il percorso. Se c'è un ordine c'è anche un senso. Facendo
riferimento anche ad Aristotele. Questo è riscontrabile in tantissimi ambiti della semiotica. La
dimensione narrativa c'è in una marea di sistemi semiotici. Ad esempio la letteratura, il cinema,
tante cose che si fanno in televisione, teatro, fumetti, balletti, ecc.. da sottolineare ci sono cose serie
e narrabili come la Religione, ad esempio prendendo in riferimento La Bibbia. Racconti che ci
spiegano l'ordine dell'universo. Racconti seri e sacri. Ci sono situazione narrative che non sono
scritte o narrate ma piuttosto vissute, ad esempio danze rituale dove si vive il passaggio alla morte.
O ad esempio il "gioco", che sono vicini ad una sorta di rituale. Oppure lo "sport" che guardato
come avvenimento è vissuto soprattutto in carattere narrativo, con passione. Ma anche con
interpretazione narrativa diversa a seconda dei punti di vista. Le storia le costruiamo noi, nella
nostra testa, non perché accadono nella realtà. Quanto c'è più racconto, tanto più c'è passione.
Prendiamo ad esempio gli articoli di cronaca del giornale. Il lavoro del giornalista è tradurre in
racconto ciò che accade. In un giornale è narrativa non solo la cronaca, ma ad esempio è espressa
come costruzione narrativa anche la politica o l'economia. Si presuppone che l'esperienza più
spicciola della vita diventi narrazione, ragion per cui la situazione è espressa in maniera più forte da
parte dei professionisti del genere. Anche i sentimenti sono organizzati secondo una costruzione
narrativa, in effetti pensiamo al fatto che una storia d'amore viene chiamata "storia".
Diamo un minimo d'ordine alla costruzione delle storie. Secondo tre specifiche:
1. giornalista, si parte dalla realtà per costruire una storia. La storia è il prodotto di una tensione
emotiva.
2. costruzione della storia finta che ha un significato specifico.
3. la maggior parte delle storie rientrano nell'ambito dell'intrattenimento.
Riferimento al reale R
Concetti e valori simbolici S
Valori formali F
Queste proprietà sono costruite in un triangolo, laddove ai vertici ci sono le proprietà che
convergono al centro. Il centro della storia, della narrazione.
Il buon giornalista, per appunto, deve avere questi tre componenti, ma anche con buona forma
pratica, strutturale e morale.
Ma alla fine cosa sono queste storie? O meglio, sarebbe opportuno fare due domande: Quando c'è
una forma di un racconto e quando è una storia? Quando c'è una storia possiamo raccontarla in
forma narrativa. Il tutto ovviamente dipende dalla persona che racconta. 8
o
Ci interessa quando c'è una storia. Lo studioso più importante a tal proposito è Prince. Con gli
esempi più semplici possiamo definire i confini di "storia". Per avere una storia minima dobbiamo
avere:
- una situazione di partenza (es. povertà)
- un evento (vincita)
- una situazione di arrivo (ricchezza)
Inoltre occorre che l'evento sia successivo allo stato di partenza. La dimensione temporale è
essenziale in una storia, ma anche causale (causa-effetto). Nel caso specifico, noi stiamo
topicalizzando lo stato economico del personaggio in questione. Il finale in pratica rovescia l'inizio.
Possiamo dire che questa è la struttura base, poi possiamo narrare altre storie variabili. La
situazione di partenza definisce l'argomento o meglio il "topic" della storia.
La storia che si vuole in effetti raccontare, o meglio lo stato desiderabile è ciò che si ottiene e si
racconta alla fine. In semiotica quello che conta è la situazione finale. È qui che le cose sono messe
come devono essere.
Ci sono poi delle regole di generazione che fa variare e complicare il racconto. Ad esempio delle
variabili parallele, principali o secondarie, che consistono di cicli che ricominciano quando
precedentemente conclusi (testa-coda). Una sorta di più storie intrecciate, con strutture complesse
che servono a capire quella principale.
Claude Bremond dice che il modo di pensare precedente fa perdere la suspense, l'incertezza.
Ritiene che l'incertezza è essenziale per la storia che si racconta.
Modello di Bremond
Eventualità passaggio all'atto compimento (scopo raggiunto)
(virtuale) (attualizzazione) Non compimento (scopo non raggiunto)
Non passaggio all'atto
(non attualizzazione)
Occorre confrontare una situazione piuttosto che un'altra, al fine di capire tutte le situazioni attuate.
È una situazione che chiamata circolare (ad esempio Hansel e Gretel).
Esempio: Il cacciatore di aquiloni
Storia svolta in Afganistan, il protagonista arriva da una buona famiglia Ami