GLICOGENOSI
È un’altra malattia metabolica che riguarda gli zuccheri. In questo caso non c’è tossicità, non c’è
una sostanza che si accumula, c’è un problema nel metabolismo del glicogeno. Si ha ipoglicemia
tra un pasto e l’altro: il glicogeno non è disponibile. Esistono diversi tipi di glicogenosi: quelli più
tipici solo la 1 e la 3.
Glicogenosi di tipo 1:
Il metabolismo del glicogeno è alterato e si associa all’ipoglicemia tra i pasti. Quando si degrada il
glicogeno si forma il glucosio 6-fosfato che normalmente viene messo in circolo sottoforma di
glucosio. Ma nella glicogenosi di tipo 1 manca la parte enzimatica che converte il glucosio 6-fosfato
in glucosio, quindi in realtà il glicogeno viene degradato ma manca l’ultima tappa. Si ha quindi un
eccesso di glucosio 6-fosfato, manca glucosio in circolo e quindi si ha ipoglicemia tra un pasto e
l’altro, di cui si può morire. Il glucosio 6-fosfato che via prende? Prende la via del ribosio, quindi si
hanno livelli alti di acido urico. I sintomi principali, infatti, sono alto livello di acido urico e
ingrossamento del fegato. Il glucosio 6-fosfato viene trasformato in piruvato quindi si ha anche un
eccesso di piruvato che viene convertito in acetilcoa che prende la via della sintesi degli acidi
grassi. Un bambino con ipoglicemia, acido urico e ingrossamento del fegato può avere glicogenosi
di tipo 1.
Se ingerisco fruttosio, il fruttosio 6-fosfato può essere trasformato in glucosio 6-fosfato, andando a
peggiorare la situazione. Nella dieta di questi bambini bisogna quindi evitare il fruttosio.
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Il trattamento per questi bambini qual è? Devo evitare l’ipoglicemia, la glicemia dovrebbe essere
tra 70 e 90 mg/dl. Bisogna fare pasti frequenti, evitare di essere a digiuno per troppo tempo. Devo
poi avere basso apporto di zuccheri semplici, soprattutto di fruttosio ma anche di galattosio. Devo
cercare anche di tenere basso l’apporto di lipidi, quindi avere una dieta lievemente ipolipidica.
La dieta consigliata è questa: 65-70% carboidrati, 10-15% proteine, non più di 20% lipidi. Il 20% di
lipidi in un bambino nei primi due anni è un importante cambiamento rispetto al normale, perché
di solito è intorno al 40% l’apporto lipidico.
In che età si può capire di soffrire di glicogenosi? Quando i pasti di dilatano, quindi quando il
bambino inizia lo svezzamento: quando lo metto a letto per il riposino e poi si sveglia tutto sudato
e pallido può essere sintomo di ipoglicemia.
Di giorno si può far mangiare più frequentemente, ma la notte il bambino dorme anche 9 ore di
fila, come si fa? Può essere che vengono fatti dei risvegli notturni (questo però per i bambini un
po’ più grandi), ma nel bambino piccolo si fa sondino, si insega al genitore come usare il sondino e
si attacca alla pompa -> questo evita ipoglicemia.
Si cerca di fare pasti ogni 2-3 ore (di notte ogni 4, oppure uso il sondino).
La dieta prevede di evitare cibi che contengono fruttosio e galattosio: si sta attenti alla frutta e ai
formaggi freschi. Si possono usare invece i carboidrati complessi e degli amidi come le
maltodestrine o l’amido di mais che permettono di non andare in ipoglicemia.
L’amido di mais non si può usare nel bambino piccolo, non sotto 1 anno di vita, perché nel primo
anno il bambino non ha gli enzimi per digerire l’amido, quindi è preferibile usare le maltodestrine.
Dopo l’anno, invece, è meglio usare l’amido di mais da somministrare 1 ora dopo dal pasto: dopo
60 minuti dal pasto si ha picco di insulina, io ingerisco amido di mais in modo che la glicemia non
rientra in 2 ore ma in un tempo più prolungato quindi la glicemia rimane un po’ più alta. L’amido di
mais si diluisce in acqua fredda. Esiste l’amido di mais modificato dalle aziende che permette di
prolungare più a lungo i livelli di glicemia necessari.
Anche con il sondino si inizia 1 ora dopo la fine del pasto e poi si stacca 30 minuti prima della
colazione.
Se il bambino ha febbre o altri problemi si può fare un’infusione endovena al 10%.
Più si abbassa la glicemia più si hanno sintomi gravi:
Inoltre i pasti vengono regolati sulla base dell’attività fisica del bambino.
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Nuove strategie dietetiche: per migliorare i trigliceridi e l’acido urico la dieta che abbiamo detto
non è sufficiente, entrano in gioco quindi nuove strategie. C’è una tendenza dal glucosio 6-fosfato
ad avere la sintesi dei trigliceridi, si è visto che non solo si formano più trigliceridi ma anche lo
stesso glucosio 6-fosfato forma dei metaboliti che vanno a inibire la beta-ossidazione degli acidi
grassi a lunga catena, perché viene inibito l’enzima che trasferisce i trigliceridi dall’interno
all’esterno del mitocondrio. Come posso aiutare l’organismo ad avere delle fonti di energia? Hanno
pensato di usare gli MCT che servono come fonte energetica e quindi c’è riduzione della
glicogenolisi -> l’energia non viene chiesta dal metabolismo del glicogeno ma dagli MCT.
Glicogenosi di tipo :
È dovuta alla mancanza di un enzima deramificante detto amilo-1,6-glicosidasi. A differenza di
prima, qui c’è del materiale che si può accumulare: ho meno rischio di ipoglicemia perché la
glicogenolisi viene fatta ma alcune componenti del glicogeno si accumulano. Questo enzima (a
differenza dell’altro che era solo nel fegato) è presente dove c’è glicogeno perché serve a dare
energia all’organo stesso e il glicogeno si trova nel fegato ma anche nei muscoli. Il problema è
quindi l’accumulo nel muscolo scheletrico, nel cuore e anche nel fegato.
Quale dieta viene fatta? Bisogna comunque prevenire le ipoglicemie, quindi stesse cose rispetto a
prima.
Devo diminuire il danno del glicogeno soprattutto nel cuore: in passato si faceva sempre
impostazione della dieta con 20% di lipidi e un’alta % di proteine da dare al muscolo in modo che
con la gluconeogenesi il muscolo aiuta perché dalle proteine ottengo energia e quindi glucosio. Il
paziente non andava in ipoglicemia in questo modo ma sviluppava comunque la cardiomiopatia
ipertrofica. Per anni questo è stato l’unico trattamento, poi è stato pensato di fare dieta
chetogenica.
Uno schema dietetico iperlipidico aiuta il controllo metabolico. Il paziente può beta-ossidare in
maniera corretta e quindi la fonte energetica può derivare dai lipidi: vengono dati fino al 50% di
lipidi, si mantiene un valore piuttosto alto di proteine e si diminuiscono i carboidrati.
Uno schema con solo 20% di carboidrati ma iperproteica (30%) e iperlipidica (50%) è la dieta
indicata adesso per trattare la glicogenosi di tipo 3.
Sia per la glicogenosi di tipo 1 sia per quella di tipo 3 bisogna stare attenti al calcio e alla vitamina
D.
09/05/24: lezione 8
DIETA CHETOGENICA
È una dieta ipocarboidratica e iperlipidica = l’eccesso di lipidi fa sì che il corpo usi i corpi chetoni
come fonte di energia invece degli zuccheri. 85
È un pattern dietetico in cui diminuiscono i carboidrati e aumentano i lipidi, con produzione di
corpi chetonici, quindi si crea uno stato di chetosi e quindi si mima quello che succede a digiuno
ma senza effettivamente digiunare. La chetosi è dovuta all’aumento in circolo di corpi chetonici
derivanti dall’aumento dell’ossidazione dei grassi.
Perché si usa la dieta chetogenica? Per trattare alcune malattie, alcuni deficit:
- deficit di GLUT-1 (proteina del trasporto del glucosio): si può avere epilessia perché le cellule non
hanno energia. La dieta chetogenica è il trattamento principale per questa malattia metabolica;
- deficit della piruvato deidrogenasi e del complesso mitocondriale perché bloccano l’ossidazione
del glicogeno quindi questa dieta permette di trovare energia da fonti alternative (grassi).
(Sta aumentando l’uso della dieta chetogenica anche per altre motivazioni).
Prima di far iniziare al bambino questa dieta bisogna escludere un deficit della beta-ossidazione,
devo essere sicura che la beta-ossidazione funzioni correttamente: si fanno degli esami metabolici
di primo livello per verificarlo.
Quello che succede nel digiuno: i livelli di insulina si riducono, aumenta il glucagone che nel tessuto
adiposo fa liberare gli acidi grassi liberi che arrivano nel fegato dove vengono trasformati in
acetilcoa, si ha ciclo di krebs ma se ho tanti acidi grassi non tutto l’acetilcoa viene usato e quindi
una parte di acetilcoa viene inviato alla chetogenesi con formazione di corpi chetonici che sono
acetone, beta-idrossibutirrato e acido acetoacetato. Il beta-idrossibutirrato si può dosare
facilmente, esistono strisce per il suo dosaggio in modo tale che si monitorano i livelli di corpi
chetonici nel sangue. Questo si fa in quanto, il corpo chetonico che determina lo stato di chetosi, è
principalmente il beta-idrossibutirrato perché l’acetone viene eliminato con il respiro e
l’acetoacetato viene usato in altre vie quindi quello che si misura è il beta-idrossibutirrato -> nella
normalità i valori sono 0.5 mmol/L mentre il range terapeutico della dieta chetogenica è tra i 3 e i 5
mg/dl.
Un’altra condizione è il diabete in cui si ha chetoacidosi ma è molto diversa da quella indotta dalla
dieta perché innanzitutto c’è iperglicemia e alti livelli di glucosio portano ad una acidosi importante
(ph basso) mentre con la dieta non c’è così tanta acidosi.
La dieta chetogenica per trattare l’epilessia è nata nel 1920. Poi sono entrati in commercio anche
farmaci per curare l’epilessia e quindi l’interesse per la dieta svanì per un po’ di tempo ma poi
venne ripresa negli anni ’90.
Epilessia farmaco-resistente: per il trattamento dell’epilessia farmaco-resistente bisogna pensare a
delle terapie alternative: se si può curare chirurgicamente si fa, se invece non si può fare la
chirurgia, la dieta chetogenica è l’opzione migliore. Chi dà indicazione per la dieta chetogenica? Il
neurologo, poi il pediatra e i nutrizionisti fanno sì che venga attuata -> queste sono le figure che
formano il keto-team = team che si occupa della dieta chetogenica.
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Esistono dei dati che mettono in evidenza come la dieta chetogenica ha avuto effetti molto
importanti: riduce del 50% le crisi epilettiche fino addirittura a non averle in una certa % di
soggetti. A volte la dieta chetogenica viene associata a un farmaco.
Prima di avviare a questo tipo di dieta vengono fatti degli accertamenti di primo livello che sono
volti a escludere difetti della beta-ossidazione.
La porfiria
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