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SIGNIFICATO DEGLI INDICI DI PERICOLOSITÀ AMBIENTALE (IPA) NELLE VARIE CLASSI DI RISCHIO
Massima pericolosità Alta pericolosità Media pericolosità Bassa pericolosità
ambientale ambientale ambientale ambientale
A1: Inquinamento B1: Inquinamento C1: Inquinamento D1: Inquinamento
persistente elevato medio basso
A2: Inquinamento B2: Inquinamento C2: Inquinamento D2: Inquinamento
preoccupante importante medio - basso limitato
A3: Inquinamento B3: Inquinamento C3: Inquinamento D3: Inquinamento
consistente diffuso moderato minimo
A4: Inquinamento D4: Inquinamento
notevole assente
13. NEMICI DELLE API
Il parassitismo è una relazione simbiontica tra organismi di specie differenti, in cui una specie, il
parassita, trae beneficio dall’associazione con l’altra specie, l’ospite, il quale è danneggiato.
I parassiti aumentano la loro fitness tramite lo sfruttamento dell’ospite per ricavarne nutrimento,
habitat e possibilità di dispersione. Sebbene ricavino sostentamento dai tessuti dell’ospite, i
parassiti solitamente non uccidono gli ospiti , come invece fanno i predatori con le prede.
In genere, i parassiti sono molto più piccoli dei loro ospiti, hanno un ciclo vitale altamente
specializzato e si riproducono più velocemente e in numeri maggiori.
Il termine parassitismo può essere usato per descrivere una forma di alimentazione in cui l’animale
si impossessa del cibo raccolto da un altro (comportamento noto come cleptoparassitismo
(parassita da furto).
Il termine parassitoide può essere usato per descrivere una forma di transizione fra il parassita
propriamente detto e il predatore. Nei parassitoidi il parassitismo è limitato alle prime fasi dello
sviluppo causando la morte dell’ospite mentre l'individuo adulto ha vita autonoma.
L’ape ha sempre avuto fin dalla sua esistenza diversi nemici naturali. Tra questi abbiamo:
• L’uomo tempo fa per raccogliere il miele ricorreva all’apicidio. In seguito, con l’introduzione
delle arnie ha cessato questo comportamento ma risulta tuttora un nemico naturale in quanto,
attraverso il commercio o le pratiche apistiche, trasmette e diffonde patologie tra le api.
• L’orso è molto ghiotto di covate e per impadronirsene distrugge l’alveare. Per difendersi dalle
punture si imbratta il muso di fango.
• Tasso, volpe, puzzola, marmotta attaccano le api per cibarsi del miele
• Ricci, topi e ghiri si nutrono delle stesse api entrando nell'alveare.
• Uccelli insettivori si nutrono di api. Tra questi abbiamo:
Gruccione (Merops apiaster): cattura api in volo ingerendole col capo in avanti
▪ Fallo pecchiaiolo: è un attivo predatore di larve di vespe e bombi, ma raramente
▪ di api. Mangia anche il miele contenuto nei favi e i nidi stessi degli insetti.
Individua i nidi nel terreno osservando il volo delle vittime per poi scavare e
mettere a nudo i favi per divorare covata e miele. È dotato di penne embricate
vicino agli occhi che gli evitano le punture.
Picchio verde: Predatore di api che invita ad uscire col disturbo provocato dal
▪ tamburellare del becco sull’alveare danneggiandolo seriamente. I picchi
attaccano arnie molto vecchie e non verniciate.
Indicatore della gola nera: Si nutre dei residui lasciati dai predatori delle api,
▪ uomo compreso. Il nome deriva dal fatto che si posa in vicinanza degli alveari
quasi a volerli indicare. Possono digerire la cera grazie al batterio Micrococcus
cerolyticus, che trasforma la cera d'api in acidi grassi semplici.
• Rettili e anfibi (lucertole, rane, rospi) si nutrono di api che si poggiano a terra in prossimità
degli alveari
• Aracnidi catturano le api attraverso le tele
• Insetti
Lepidotteri:
❖ Galleria mellonella: tarma grande della cera (fam. Pyralidae). È una farfalla
▪ notturna di colore grigio cenere con macchie scure. La sua durata di vita è di 1-3
settimane con deposizione di uova di circa 300–1000 uova. La femmina depone le
uova sui favi o in prossimità di fessure che le piccole larve utilizzeranno per
penetrare nel favo. Le larve, provviste di zampe toraciche e 5 paia di
pseudozampe, hanno un corpo molto resistente, elastico e dotato di eccellente
mobilità. Si nutrono direttamente della cera creando tunnel dentro i favi e si
preparano alla metamorfosi. Durante il loro sviluppo, possono distruggere un
alveare in 15 giorni se non ci sono api o se la famiglia è molto debole. Prediligono
i favi vecchi perché più ricchi di sostanze proteiche. Queste larve man mano che
procedono emettono una secrezione sericea con cui tappezzano la parete della
galleria.
Acherontia atropos: sfinge testa di morto. Si tratta di una farfalla definita "testa
▪ di morto" in quanto sul lato dorsale del torace spicca una macchia biancastra, con
due puntini neri, che ricorda la forma di un teschio. Una volta entrata
negli alveari, si nutre del miele prelevato perforando le cellette opercolate con la
spiritromba corta e robusta. La falena viene attaccata dalle api di guardia
all'entrata dell'alveare ma la sua folta peluria, la cuticola spessa e la resistenza al
veleno che ha sviluppato le consentono di accedere al favo facendosi largo con
saltelli e col movimento vibratorio delle sue ali. Una volta dentro si sposta
indisturbata perché è capace di un mimetismo olflattivo ed emette suoni che
reprimono l’istinto aggressivo delle api. Tuttavia, non sempre riesce a sfuggire
alle api, infatti è talmente ghiotta di miele che alle volte capita si riempia troppo,
tanto da non riuscire a lasciare l'alveare e da finire soffocata da un gruppo
compatto di api. In questo caso, queste ultime ricoprono il suo cadavere con
della propoli per evitare che la decomposizione porti infezioni nell'alveare.
Achroia grisella: tarma piccola della cera. Una specie di farfalla notturna simile
▪ a Galleria mellonella come comportamento ma più piccola e mediamente
depone meno uova (circa 300); la testa è di colore giallo. Mentre l’adulto di
galleria se stimolato, tende a volare via, quello di achroia compie brevi tratti di
corsa, spesso passando da una faccia del favo all’altra. Tendenzialmente, le larve
di Achroia scavano singoli tunnel che ricoprono con fili sericei e feci e dentro i
quali poi si imbozzolano, facendo sì che i bozzoli risultino sparsi mentre le larve di
Galleria tendono a impuparsi in modo gregario. Peculiare è la modalità di
comunicazione sessuale: i maschi emettono il feromone sessuale supportandolo
con l’emissione di ultrasuoni prodotti con la rapida vibrazione delle ali. La “Tarma
piccola” è anche oggetto di allevamento poiché, le larve, oltre ad essere richieste
come mangime per i nidiacei, costituiscono un’ottima esca per la pesca sportiva.
Imenotteri:
❖ Philanthus triangulum: è una vespa solitaria (Fam. Sfecidi) che si nutre
▪ soprattutto a danno delle api mentre sono intente a bottinare. Essa col
pungiglione inietta il veleno nell'ape paralizzandola, dopodiché, esercitando una
pressione sull’addome le fa rigurgitare il nettare di cui si nutre avidamente.
Successivamente porta 3-4 api, ancora vive, in una cavità precedentemente
scavata. Su una viene deposto un uovo da cui fuoriesce una larva, che, essendo
carnivora, divorerà le api per poi impuparsi e completare il ciclo.
Vespidi: hanno il corpo più slanciato e glabro, con netto restringimento tra torace
▪ e addome, in genere con strisce gialle e nere. Le vespe formano colonie
stagionali: sopravvivono soltanto alcune femmine fecondate, che riescono a
svernare in anfratti (sottotetti, entro cassonetti delle tapparelle, crepe dei muri,
ecc…) e che in primavera daranno inizio ad una nuova colonia. Le vespe cacciano
le api in piena campagna o in prossimità degli alveari. Una volta catturate ed
uccise, producono una poltiglia semiliquida con le parti più sclerificate (testa,
torace, ali e zampe) dell'ape per nutrire le larve.
Formicidi: le formiche non sono aggressive verso le api, generalmente
▪ sottraggono risorse non accessibili, salendo sulle soffitte e saccheggiando i
nutritori oppure sui fondi per prendere il polline caduto, ma anche per predare
varroe e giovani tarme. Provocano uno stato di irritazione alle api. Possono essere
sintomo di alveare collassato e quindi di facile accesso. Ci sono però formiche
xilofaghe che possono danneggiare le arnie. I rimedi consistono nell’inserire sul
coprifavo dei repellenti naturali come i fondi da caffè, foglie di pomodori freschi,
di ortiche e spezie varie; non usare mai prodotti chimici che possono dar fastidio
alle api; isolare da terra i piedi dei supporti degli alveari, inserendoli dentro a dei
recipienti pieni di olio, così le formiche non riescono ad attraversare i laghetti per
arrampicarsi sui supporti
Coleotteri:
❖ Meloidi (Meloe violaceus): la larva campodeiforme o triungulino è caratterizzata
▪ da un corpo più o meno allungato, ben differenziato in capo, torace e addome
provvista di zampe ambulatorie o cursorie e dotata di vita autonoma. Rappresenta
la forma più caratteristica di larva oligopode. La larva con i suoi uncini si aggrappa
alle api che visitano i fiori è un problema più per gli apidi solitari dove una volta
entrata nel nido si trasforma in una larva di secondo tipo simile a quella degli
apidi e si nutre delle materie di riserva.
Cleridi (Tricodes Apiarius e Avearius): gli adulti crescono fino a una lunghezza
▪ di 9-16 mm e si possono rinvenire da maggio a giugno principalmente sui fiori
nutrendosi di polline. Depongono le uova nei nidi di Apidi solitari. Quando le
larve si sviluppano dentro i nidi attaccano gli stadi larvali. Possono penetrare
anche negli alveari divorando larve ammalate o morte sparse sul fondo sebbene
solo gli alveari trascurati e sofferenti possano essere infestati da questi Cleridi.
Scarabeidi (Potosia opaca o Cetonia nera degli alveari): coleottero di colore
▪ nero opaco, di dimensioni notevoli 2×1.5 cm. Gli adulti rinvenibili con maggior
frequenza dentro gli alveari risultano prevalentemente mellivori. Si trovano di
preferenza sui telaini laterali del nido a consumare riserve di miele e di polline.
La larva utilizza come cibo materiale vegetale in decomposizione, mentre l’adulto,
floricolo, si nutre di polline e nettare. L’uso delle porticine a griglia davanti
all’apertura di volo ne impediscono fisicamente l’accesso.
Nitidulidi: Carpophilus lugubris, innocuo da non confondere con Aethina
▪ tumida: Hanno una lunghezza di 5-7 mm, larghezza di 2,3-2,5 mm e longevità
massima di 6 mesi. La forma adulta trascorre l’inverno all'interno del glomere,
nutrendosi dei prodotti dell'alveare e, quando disponibile, di covata.