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Sviluppo economico e sociale nei primi quindici anni del secolo

Sotto il profilo economico e sociale i primi quindici anni del secolo videro uno sviluppo significativo sulla scia del primo momento di sviluppo industriale, il quale determinò un generale aumento dei redditi e quindi un'accelerazione della mobilità sociale. Un importante frutto di questi anni furono le politiche scolastiche, in particolare la legge Orlando del 1904 e la legge Daneo-Credaro del 1911: due leggi che ebbero effetti positivi sulla scolarizzazione soprattutto elementare, perché puntavano sull'alfabetizzazione. L'obiettivo era quello di formare una manovalanza specializzata, richiesta dall'industrializzazione. I progressi sono evidenti se mettiamo in confronto il censimento del 1901 e quello del 1911: avvenne una discesa consistente del tasso di analfabetismo a livello nazionale, dal 48% al 37%. Ma attenzione: la discesa dell'analfabetismo fu evidente nelle regioni settentrionali, soprattutto in Lombardia e Piemonte (nel 1911:

15%); in altre regioni, come la Calabria e la Basilicata, vi era ancora il 65% e più di analfabetismo. In questo periodo aumenta il gap tra Nord e Sud, perché le regioni settentrionali accelerarono molto il loro sviluppo industriale, mentre quelle meridionali arrancavano ancora nel mondo contadino. Significativo fu l'aumento degli alunni nelle scuole elementari: tra il 1900 e il 1914 furono 700 mila i bambini in più (erano meno di 3 milioni nell'Ottocento e 3 milioni e 700 mila nel 1914). Rilevante in termini relativi, anche se più contenuto in termini assoluti, fu l'ascesa del numero degli iscritti alle scuole medie, soprattutto quelle primarie: aumentò il numero dei bambini che proseguivano gli studi elementari con tre anni di medie. Proprio per formare la manovalanza specializzata ci fu una riforma delle scuole medie che consentivano ai bambini delle elementari di accedere alla scuola primaria tecnica, non al ginnasio, che dava loro un

diploma con la possibilità di continuare. Proprio su impulsodella nascita della scuola tecnica ci fu un aumento di coloro che dopo le elementari continuavano gli studiscegliendo un indirizzo: il numero dei bambini che frequentavano le scuole secondarie di primo grado quasitriplicò (nel 1900 erano 91 mila e nel 1914 294 mila). Fu un aumento importante perché si permetteva disuperare il tasso di analfabetismo, inoltre rappresentava un'ottima scolarizzazione, determinando ilprogressivo ampliamento delle fasce di popolazione relativamente acculturate.

Meno crescita ebbero le istituzioni universitarie in questa fase, fu una crescita contenuta: dai 26 mila nel 1900ai quasi 30 mila nel 1914.

Vi fu un enorme aumento anche degli addetti al pubblico impiego, sia maschi che femmine: in parte ful'industria nascente ad assorbire questi addetti, ma anche l'espansione delle funzioni dello Stato. Ad assorbiree richiedere addetti all'impiego fu soprattutto lo Stato.

Il pubblico: iniziò la prevalenza di meridionali in questo ambito, in cui vi erano un gran numero di laureati in giurisprudenza che al sud non avevano mercato. Si notò una forte meridionalizzazione del pubblico impiego che caratterizza ancora la storia italiana. Tutti questi fattori positivi, attenzione, furono insufficienti però per assorbire la persistente disoccupazione intellettuale di quella fase, alimentata in particolare dai laureati in giurisprudenza. Per questo gli studenti delle università non aumentarono molto in quegli anni, per assenza di prospettive lavorative. Tutti questi fattori, comunque, ebbero un importante eco e riflesso sulla nascita dell'industria culturale. C'erano già stati alcuni indizi, soprattutto negli anni Ottanta dell'Ottocento a Milano e Torino dove erano nate le prime case editrici con una fisionomia industriale. I veri primi passi avvennero nell'età giolittiana, con un consistente

ampliamento del mercato della cultura, il quale riguardò sia coloro che producevano cultura (editori di riviste e libri, coloro che gestivano teatri, compagnie teatrali, etc.) sia dei fruitori di prodotti culturali. Sono anni in cui si fa pressante la spinta per accedere al giornalismo, al teatro, alla produzione narrativa. Tutti questi fattori determinarono un incremento della stampa periodica: aumentarono le riviste e i quotidiani. Questi fattori determinarono anche l'aumento della produzione e del consumo librario. L'incremento riguardò anche i consumi di pubblici spettacoli, tra cui il nascente cinematografo (l'Italia era il leader mondiale della produzione cinematografica nei primi quindici anni del Novecento). Nacque quindi l'industria culturale in tutte le sue articolazioni. Attenzione: tutti questi progressi vanno presi pensando ai loro limiti. L'Italia del primo quindicennio del secolo rimase un paese depresso culturalmente, in cui per la

Gran parte la popolazione lavoratrice aveva a disposizione salari troppo bassi per consumare altro oltre ai bisogni essenziali. La scolarizzazione non raggiungeva le medie europee. Inoltre, in quegli anni si configurava dal punto di vista culturale una divaricazione sempre più forte non solo tra Nord e Sud, ma anche tra città e campagna, e tra città vere e proprie e città provinciali: le campagne rimasero completamente estranee a questo sviluppo, rimasero immobili. Quindi, si può dire che in questo primo quindicennio solo alcuni segmenti della popolazione si avvicinarono al mercato della cultura, non possiamo parlare di forme di cultura di massa: l'industria culturale era ancora acerba. La fisionomia della cultura italiana conservava ancora un carattere elitario.

Sempre in questi primi anni vediamo gli sviluppi culturali dal punto di vista filosofico. Anche in Italia, come in Europa, ci fu una forte reazione al positivismo: polemica e volontà di superamento.

Ne è una manifestazione la nascita del neoidealismo: filosofia che poi divenne egemone fino agli anni Quaranta. Rappresenta la manifestazione di questa reazione al positivismo, la risposta italiana alla crisi del positivismo. Le basi del neoidealismo furono poste da Benedetto Croce e da Giovanni Gentile. Croce e Gentile partivano dal recupero e dalla revisione dell'idealismo di Hegel, per configurare un vero e proprio sistema filosofico inizialmente incomune. Poi, durante la guerra e il dopoguerra, le loro strade iniziarono a dividersi dal punto di vista filosofico e politico. Il neoidealismo non fu solo una filosofia, ma un sistema che ebbe ripercussioni profonde in tutte le altre discipline: permeò di sé le altre discipline ed ebbe un'ermeneutica conseguenza su tutto (storia, pedagogia, estetica, dottrina politica, storiografia, scienze naturali). Cerchiamo di sintetizziamo sul piano politico il neoidealismo: nacque da una forte reazione al marxismo e al

materialismo (smonta la filosofia di Marx). Indirezione di cosa? Benedetto Croce si indirizzò verso un liberalismo conservatore: una dottrina liberale, fortemente conservatrice e spaventata dalla dialettica politica. Croce puntava su un liberalismo in cui tutti potessero riconoscersi, un liberalismo un po' zoppicante. Poi, con la nascita del fascismo, il suo punto di vista cambiò un po', e radicalizzò il suo liberalismo negli anni Venti e Trenta. Ma se guardiamo ai primi anni notiamo in Croce anche delle posizioni di contrasto nei confronti del voto femminile, mentre il vero liberalismo affermava che non c'era liberalismo senza uguaglianza: era importante dare pari diritti a uomini e donne, ma anche a "razze" diverse. Il liberalismo di Croce è molto conservatore in questi primi quindici anni. Per quanto riguarda Giovanni Gentile, il suo neoidealismo andava in direzione di un liberalismo sui generis, che contraddiceva sé stesso.

Gentile riprendeva da Hegel il principio dello stato etico, mentre un principio fondamentale del liberalismo è il diritto dell'individuo; per Gentile, invece, l'individuo doveva sparire davanti allo Stato (tema del fascismo). Lo Stato è l'entità superiore! Parliamo di una posizione quasi semireazionaria, era convinto che gli uomini non fossero tutti uguali. Infatti, aderì per tutta la vita al fascismo. Un altro punto importante del neoidealismo era il rapporto tra la filosofia e tutte le altre discipline: in particolare con la scienza. Il positivismo aveva accentuato il valore ermeneutico delle scienze dure, naturali, matematiche, fisiche; il neoidealismo negava il valore ermeneutico delle scienze e del sapere scientifico. Vennero declassate e poste sul piano pratico, utilitaristico: Croce disse che la scienza produce solo pseudo concetti. Per i neoidealisti la filosofia della scienza non esiste, non può sussistere! L'egemonia del

Il neoidealismo allontanò l'Italia dalle correnti neoilluministe e dalla filosofia della scienza. Interessante è anche il rapporto tra filosofia e storia, molto forte, in cui sostanzialmente prevaleva la filosofia. L'idea era quella di far coincidere storia e filosofia: per Croce ogni episodio storico in realtà include un concetto filosofico e la storia è la storia dell'élite politiche e culturali. Ogni sistema filosofico si presenta come chiave di lettura della storia, quindi, la coincidenza tra storia e filosofia finiva per defraudare la storia. Non a caso una riforma di Gentile del 1923 dava ai filosofi, e non agli storici, il compito di insegnare la storia nei licei classici, cosa che avviene ancora adesso. La filosofia insegna a guardare la storia, e non viceversa. Infine, altro punto portante è la concezione estetica: cosa è il bello? Come guardare alle opere d'arte, alle opere letterarie? Quali sono i criteri di valutazione?

giudizi di queste opere e come nascono? Croce lavorò molto sull'estetica neoidealistica, imponendo la concezione dell'arte come espressione autonoma dello Spirito (Spirito, cioè qualcosa che non dipende dal materiale). L'arte è completamente slegata, secondo Croce, dalle contingenze e dalle condizioni materiali. Inoltre, Croce divideva l'arte pura, la letteratura pura, da ciò che non era arte: i suoi giudizi influenzarono molto la storia della letteratura e dell'estetica dei decenni successivi. Per esempio, declassò la letteratura per bambini, non considerandola arte. Per un certo punto di vista bisogna arrivare a Gramsci per correggere il tiro di questa concezione estetica. Nel 1902 Croce fonda la rivista La Critica, collaborando con Laterza, editore di Bari che dal 1901 iniziò a fare l'editore e cercò un uomo di cultura per la pubblicazione di opere di saggistica. Inizia la collaborazione tra i due che fece

di Croce il magister delle grandi collane di saggistica aperte presso Laterza. Croce costruì e diffuse, con le sue opere e le opere dei suoi allievi, l’egemonia del neoidealismo. Attenzione: Croce non insegnò, né ascuola né all’università, decise, invece, di servirsi non dei canali ist

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
97 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hanna-love di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della cultura contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Piazzoni Irene Maria Luisa.