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La commedia e il linguaggio
AGNÈSOh tant! Il me prenoit et les mains et les bras, Et de me les baiser il n'étoit jamais las.
ARNOLPHENe vous a-t-il point pris, Agnès, quelque autre chose...(La voyant interdite.)Ouf!Hé, il m'a...
ARNOLPHEQuoi?
AGNÈSPris...
ARNOLPHEEuh!
AGNÈSLe...“le...”
Sul Arnolphe si contorce, producendo un enorme effetto comico sfruttando sia il gioco di parole che le pause e le smorfie di Arnolphe (comicità del silenzio). 3 Un altro elemento importante è il convivere di tragico e comico, ancora una volta in Arnolphe. Molière vi riunisce il ridicolo che abbiamo visto sopra con la tragedia di un uomo per bene che non riesci a farsi amare. Il suo dolore per l’amore non corrisposto usa parole tragiche.
Maris dove la donna era solo il premio della disputa tra due uomini. Qui, i due si confrontano sul terreno del linguaggio.
Il linguaggio è proprietà del potere, nel primo atto Arnolphe interrompe sempre gli altri personaggi, parla sempre, e insieme è condannato al monologo, cioè ad un esercizio solitario della parola, come solitario è necessariamente l'uso tirannico del potere. Si mette in una posizione distaccata e sospende la comunicazione con l'interruzione della complaisance cioè l'impegno a intendersi, valore importante del comportarsi seicentesco.
Agnès invece non ha un'educazione linguistica (v. 96), prende le metafore alla lettera (vv. 512-34), non coglie i doppi sensi.
Nel secondo atto, in cui già entra Horace, Arnolphe comincia a perdere proprietà di linguaggio comincia ad incespicare; per esprimere il suo dolore di "non posso più parlare"; alla fine dell'atto dirà
“sono io il padrone, parlo: obbedite”.
Proseguendo nella commedia, quando Agnès troverà l’amore, comincerà a gestire bene la lingua, e contemporaneamente Arnolphe perderà ancora di più la capacità di parola, sbufferà molto di più “ouf!” (che nel Seicento significava dolore). Parlerà sempre meno mentre avrà sempre meno controllo su Agnès. Lei guadagnerà, attraverso l’amore, prima la capacità di mentire, affrancandosi dal barbone, controllo del poi conquisterà la capacità di parola definitivamente e potrà parlare con Arnolphe, sempre in un processo di affrancamento.
Se guardiamo ai dialoghi che ci sono tra Agnès e Arnolphe, il cui rapporto abbiamo detto essere il perno della commedia, vediamo che parlano due lingue diverse. Arnolphe parla una la lingua dell’autorità, mentre Agnès parla la lingua del desiderio e non sembra
Capire la lingua di Arnolphe. Egli, invece, comprendendo il desiderio della giovane è obbligato a tradurre il suo desiderio nella lingua del potere che lo rende incomprensibile. La lingua della legge occulta il desiderio di un vecchio per una giovane ragazza.
I termini "pupilla", "biondino" e "barbone" si usano per designare i tre poli della disputa amorosa: la giovane ragazza da conquistare; il giovane pretendente; il vecchio che contrasta il giovane e controlla la ragazza.
Riporto la traduzione (mia) della nota 555 dalle dell'editore Garnier. "Questo 'Le...' fu tema di varie polemiche. La Fontaine lo rimprovera. Racine ne parla in tono piccato. Sicuramente, come dice Climène nella "il n'est pas mis pour des prunes".
Molière si difende malamente facendo l’innocente. Si può affermare che non ha cercato, lì, l’equivoco per l’equivoco. Se c’è della malizia, è Arnolphe, il canzonatore da quattro soldi, a mettercela per primo, date le suereticenze; è, dunque, soprattutto per la situazione in rapporto ai personaggi, e non diŒuvresper sé, che la parola è pungente. Da qui la sua moralità e legittimità. - Completes, Tome I; Molière; Édition de R. Jouanny; Classiques Garnier; pag. 909; nota555. - «L’École des femmes» o il destino comico “Il ridicolo nel teatro di Molière”;4. ”; neFrancesco Fiorentino; Einaudi (1997); pag. 135-1515. Fiorentino (1997) pag. 146-1476. Fiorentino (1997) pag. 144 - Lezione 18Avis au Lecteur di Montaigne La civil Conversazione - Importanza del dialogo e della conversazione, di Stefano Guazzo, che istruisce sulle norme dicivile convivenza umana. Molière è conosciuto come il grande comico, con la bravura dell'attore. Ma Molière ha scritto e messo in scena le sue pièces, anche se non sempre la critica lo ha considerato. Fu molto importante la cultura di Molière, che conosce il Cortegiano di Castiglione. Fiorentino sostiene che Molière conosce Montaigne, quindi il comico ha anche una consapevolezza profonda dell'essere umano. Leggere il capitolo sull'Amicizia degli Essais di Montaigne. Edizione del 1595, postuma, curata dalla Marie de Gournay. Editore: Abel Langellier, éditeur italianisant, pubblica molti autori italiani e aiuta la diffusione della cultura in Francia. Qui è lo stesso autore che si rivolge al lettore. È interessante che Montaigne non dedichi il libro a un potente, ma si rivolga al lettore direttamente. Montaigne scrive 50 anni dopo Ronsard, quindi è un atteggiamento diverso da parte di un.autore.Livre de bonne foi: sincero, aspetto importante.Montaigne dice di averlo scritto per sé e pochi intimi, e di non essere degno di altipropositi. Invece di dichiarare i suoi intenti, sembra voler dichiarare ciò che non volevafare. Se avesse voluto cercare il favore del pubblico, si sarebbe meglio agghindato(attifé), vedi Du Bellay che non voleva pettinare troppo i suoi versi. Non vuole fare usoartifices c’est moi que je dépeins),di , artifici, perché "sono io al centro di questo libro" (pur nel rispetto delle convenzioni della società. Se fosse nato tra le popolazioniIprimitive (selvaggi della scoperta dell’America, al centro di un capitolo dettoCannibali) dice che si sarebbe dipinto per intero, tutto nudo. Comincia qui il mito delbuon selvaggio: la nudità è la cosa che più colpisce l’uomo europeo nel selvaggio. Ipopoli autoctoni dell'America, i "selvaggi", venivano dipinti e
Rappresentati come uomini ricoperti di peli tranne il sesso e le mani, invece i viaggiatori, durante le loro esplorazioni, trovano questi "selvaggi" reali e molto diversi dalle rappresentazioni che ne venivano fatte, non sono ricoperti di peli, e si interrogano quindi su questi uomini primitivi. Il fatto che Montaigne faccia riferimento alla nudità, alla genuinità e naturalità di quelle popolazioni fa capire l'importanza della riflessione sull'uomo selvaggio.
Per parlare di sé stesso Montaigne ha bisogno di un interlocutore, che sia suo padre o de la Boétie. Fa un esercizio di introspezione al fine di capire sé stesso ma anche gli altri. Già da S. Agostino con le si fa introspezione in letteratura. Giudicando sé stessi si capiscono anche meglio gli altri. Dice di riuscire a capire le qualità dei suoi amici meglio di come facciano loro stessi, perché è abituato a rispecchiare sé.
stesso negli altri. Il Montaigne privato si mette quindi in relazione con l'altro, per questo sembra scrivere senza un filo logico, a salti e passi lunghi.
Capitolo 3 sull'Amicizia
Montaigne cerca di indagare sul mistero dell'amicizia, su quali siano le forze che legano gli esseri umani, da dove vengano queste forze. La frase più famosa è: "eravamo amici perché era lui, perché ero io". Legros dimostra che queste frasi sono state scritte in momenti diversi. Questa frase gli è venuta nel corso degli anni, quindi domandiamo il perché abbia inserito in un certo momento questa frase. Siamo nel 1 libro, capitolo 28.
Nell'amicizia, due anime si mescolano e si confondono l'una con l'altra, tanto da non "Ci cercavamo", "prima di esserci visti, ritrovare più la cucitura che le ha unite. dice, perché avevamo sentito parlare l'uno dell'altro. Ci abbracciavamo attraverso i
nostrinomi." Il primo incontro avviene per caso, in una festa cittadina. Montaigne scriveSaggiquesti per metabolizzare la morte di Etienne, e analizza la cucitura tra dueanime umane e le relazioni tra gli esseri umani. Nel 500 si parla di conférence,consonanza, comunicazione tra esseri umani. Montaigne dedica attenzione allacomunicazione, all’incontro con l’altro, al dialogo, alla condivisione delle idee conl’altro. L’ascolto è più importante della parola. Anche la lettura dei libri è importante,ma è lo scambio che è fondamentale per la comprensione. Inoltre, la conversazioneè anche fonte di piacere, oltre che conoscenza. Il bello di avere dei piaceri è quello dicomunicarlo; quindi, si ribadisce l’essenzialità dell’altro che rappresenta la condizioneumana. Ogni uomo porta in sé l’intera forma della condizione umana. Il fatto diriflettere su sé stesso non è
Un ostacolo, anzi facilità il contatto con l'altro. Quindi è necessario un grande esercizio di umiltà, che consente di conoscere i propri limiti per ascoltare ed accettare l'altro. Saggi, è imparare ricordare sempre che Montaigne corregge e amplifica sempre i suoi e qualcuno considera definitiva l'edizione definitiva quella postuma del 1595, anche se ad essere pignoli non risponde alla volontà autentica dell'autore ormai morto. La frase "Parce que c'était lui, parce que c'était moi" famosa di Montaigne: si rinuncia a cercare una spiegazione. L'interessante è che questa riflessione viene inserita nel manoscritto di Bordeaux, e ciò indica che la riflessione sull'amicizia si dipana e si perfeziona nel tempo, segno di una riflessione sul tema da parte di Montaigne.
Lezione 19
Montaigne e la sua scrittura