ECG DINAMICO SECONDO HOLTER:
- Si effettua collegando ad un registratore di tracce ECG gli elettrodi fissati sul torace
del paziente, il quale viene invitato ad effettuare la consueta attività e di annotare un
diario durante la registrazione per confrontare sintomi-ECG per un periodo
prolungato (24h o più)
- Utile per valutare la presenza di eventuali aritmie e indagare sintomi sospetti di
angina
- Event o loop recorder: i dispositivi più avanzati sono definiti “event recorder” e si
attivano solo nel momento in cui la persona presenta il problema (es. aritmia)
- Vi sono sistemi di registrazione prolungata con dispositivi sottocutanei (recorders)
che rimangono in sede anche per 6 mesi 23
TECNICHE DI IMAGING: TAC E RM:
- Il medico tedesco Forssmann introduce il cateterismo cardiaco (introduzione di un
catetere a livello vascolare), tecniche che permette:
a) Lo studio delle pressioni e dei flussi presenti nel cuore (informazioni in tempo
reale)
b) Lo studio angiografico delle coronarie tramite iniezione di mezzo di contrasto
- Le arterie maggiormente utilizzate per l’inserzione sono l’arteria femorale e brachiale
TERAPIA NELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA:
ANGINA STABILE:
- Terapia medica con:
a) Antiaggreganti
b) Beta-bloccanti
c) Nitrati
d) Statine
e) Ace-inibitori (in particolare negli ipertesi)
f) Nitrati sublinguali al bisogno
- Rivascolarizzazione con angioplastica coronarica e/o con by-pass aorto-coronarico
I FARMACI UTILIZZATI NELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA:
I farmaci usati per curare patologie caratterizzate dalla presenza di placche coronariche che
determinano una discrepanza tra apporto sanguigno e fabbisogno sono molto numerosi,
nella sindrome coronarica (sia acuta che cronica) i principali farmaci sono:
I BETA-BLOCCANTI:
- Farmaci che riducono il consumo di ossigeno da parte del miocardico agendo su tre
aspetti:
a) Diminuzione della FC (bradicardia)
b) Diminuzione della contrattilità: la caratteristica del muscolo cardiaco che
determina la sua forza (ciò avviene perché questi farmaci competono con il
recettore dell’adrenalina)
c) Diminuzione della pressione
- I beta-bloccanti sono particolarmente utili nella fase acuta della cardiomiopatia (es.
infarto miocardico e angina), in quanto riducono la propensione del muscolo a
sviluppare aritmie (extrasistoli e fibrillazioni ventricolari) che possono essere
pericolose per la vita
- Questi farmaci agiscono anche come vasodilatatori, sia a livello arterioso che
venoso:
a) La dilatazione delle coronarie permette un aumento dell’arrivo di sangue al
muscolo cardiaco
b) La dilatazione venosa permette una diminuzione del precarico (migliore
ritorno al cuore)
- In sintesi questi farmaci aiutano il cuore a “lavorare meno” perché abbassano la
pressione, la FC e la contrattilità (ossia i determinanti del consumo miocardico di O2)
e causano una vasodilatazione delle coronarie e delle vene, utile a diminuire il
precarico
- I Beta-bloccanti sono divisi in:
a) Cardioselettivi = agiscono solo sui recettori B1 24
b) Non cardioselettivi = devono essere usati con cautela nei soggetti asmatici,
in quanto possono avere grandi effetti sul respiro (es. azione di costrizione
delle vie respiratorie)
- Devono essere usati con attenzione in caso di bradicardia o turba di conduzione
elettrica e in caso di insufficienza ventricolare sinistra (scompenso cardiaca) in
quanto possono determinare un peggioramento della contrattilità cardiaco, aspetto
già precario in queste situazioni
La fibrillazione atriale è l’aritmia cardiaca più frequente (colpisce il 10% delle
➔ persone oltre i 70 anni) e ha come complicanza la possibilità di formazione di emboli
a livello atriale (in caso di aritmia infatti non è garantito un buon ricambio di sangue, il
quale tende a ristagnare, determinando la comparsa di un coagulo, che per il il 95%
dei casi si creerà a livello dell’auricola sinistra)
I FARMACI ANTITROMBOTICI:
- Nella sindrome coronarica acuta vi è una lesione endoteliale e la creazione di un
trombo (impalcatura di fibrina e piastrine): i farmaci anti-trombotici prevengono o
riducono la comparsa di trombi e in presenza di trombo, limitano la sua progressione
o ne determinano la regressione
- Tutti i pazienti che hanno avuto un episodio di cardiopatia ischemica acuta o
presentano cardiopatia cronica sono sempre in terapia antiaggregante, a meno che
non ci sia indicazione anche per una terapia anticoagulante (es. in caso di
fibrillazione atriale e pazienti fattori di rischio per embolia come diabete, malattie
vascolari, ipertensione, età avanzata e sesso femminile) = in caso di paziente che
presenta cardiopatia ischemica e episodio di fibrillazione atriale la terapia si basa
sempre su l’uso di anticoagulante e antiaggreganti (duplice terapia antitrombotica)
- L’angina stabile e la sindrome coronarica cronica sono patologie legate alla presenza
di placche ateromatose nelle coronarie, in grado di ridurre il flusso di sangue ma che
allo stesso tempo non presentano una superficie ulcerata: quando la pressione di
perfusione viene ridotta e a valle la vasodilatazione compensatoria non è più
sufficiente si assiste ad una caduta di pressione, che può dare ischemia
- Vi sono due possibilità terapeutiche:
1) Esclusiva = solo terapia medica
2) Complementare = si adotta quando la terapia medica non basta e occorre
associare una tecnica di rivascolarizzazione cardiochirurgica, che si può
mettere in atto tramite: 1) Angioplastica coronarica 2) Bypass
aorto-coronarico
- La terapia medica si basa nella maggior parte dei casi sulla cardioaspirina: il cui
dosaggio è abitualmente di 75-150 mg in uso cronico e di 500 mg in acuto (bisogno
di un effetto in breve tempo)
- In alcune situazioni, oltre alla cardioaspirina, c’è la necessità di introdurre un
secondo antiaggregante:
1) In caso di intolleranza all'aspirina (es. per i suoi effetti gastrolesivi)
2) In caso di:
● Presenza di uno stent (situazione in cui un solo antiaggregante non è
sufficiente) = la presenza di uno stent in lega d’acciaio è un fattore di
pro-trombosi, è quindi utile introdurre un altro antiaggregante in grado
di agire ad un livello diverso rispetto la cardioaspirina (ossia a livello di
25
un altro recettore piastrinico, diverso dalla via della cicloossigenasi, in
cui si concentra l’azione della cardioaspirina) = in questo modo il
rischio trombotico si abbassa allo 0,2%
● Soggetti ad alto rischio di trombosi coronarica
- I principali farmaci antitrombotici:
1) Aspirina = l’aspirina non viene mai eliminata in un paziente con stent, in
quanto il rischio emorragico è molto alto
2) Ticlopidina = sospesa per i suoi effetti collaterali pericolosi (es. leucopenia),
3) Clopidogrel = ad oggi è il farmaco più utilizzato, presenta lo stesso
meccanismo d’azione della Ticlopidina (azione sul recettore P2Y12), i suoi
effetti avversi sono legati al suo essere un profarmaco: viene infatti attivato a
livello epatico e ciò in alcuni pazienti può non accadere in modo efficace
4) Ticagrelor e Prasugrel = inibitori del recettore P2Y12, sono i farmaci che
forniscono una maggiore protezione antitrombotica, ma anche un aumentato
rischio emorragico (ad oggi sono i farmaci utilizzati in condizioni di normalità,
viene però preferito il Clopidogrel in caso di paziente con grande rischio
emorragico)
5) Cangrelor = caratterizzato da una azione rapida in soli 5 min
L’Aspirina da sola riduce l'attività di adesione piastrinica del 30% e se associata ad
➔ un altro farmaco l’inibizione arriva anche al 50%: l’associazione di più antiaggreganti
viene svolta in situazioni in cui occorre agire sulla formazione di un trombo già atto,
ad esempio durante un intervento chirurgico a livello cardiaco: in questo caso
vengono somministrati farmaci antiaggreganti via endovenosa, in particolare
vengono utilizzate le glicoproteine 2B3A (es. tirofiban), che nel giro di soli 5-10 min
inibiscono del 100% l’aggregazione piastrinica
La bridge therapy = viene introdotta nel caso in cui il paziente che ha subito un
➔ intervento cardiovascolare che assume una doppia terapia antiaggregante debba
sottoporsi ad altri interventi: in questo caso si sfrutta l’emivita del farmaco (che in
generale ha un’emivita attorno ai 4/5 giorni, ad eccezione del tirofiban, la cui emivita
è di sole alcune ore) per creare una finestra in cui in circolo è presente un solo
farmaco antiaggregante = importanza di controbilanciare il rischio emorragico
durante l’intervento e il rischio trombotico dovuto alla sospensione della terapia
LO STENT = il tessuto endoteliale tende a ricoprire lo stent nel giro di qualche mese,
➔ tuttavia ad oggi la maggior parte degli stent sono medicati con farmaci
antiproliferativi, data la loro capacità di determinare restenosi intrastent, fenomeno
che compare nei primi 3 mesi in cui si assiste ad una proliferazione
mio-mesenchimale in risposta all’insulto da barotrauma legato alla pressione con cui
viene di norma rilasciato lo stent (circa 13-14 atm), in seguito al quale viene a
formarsi un tessuto cicatriziale (denominato “cheloide vascolare”) che occupa il
calibro del vaso
I NITRATI:
- Farmaci derivati della nitroglicerina che di norma vengono assunti tramite
assorbimento sublinguale (nel trattamento acuto) o in forma di cerotto (in terapia
acuta) 26
- Vengono utilizzati principalmente per controbattere l’angina pectoris nella fase acuta
in quanto, attraverso la loro azione veno-dilatatrice permettono un abbassamento
delle pressioni e del lavoro cardiaco
- È consigliato far assumere il farmaco da seduti, per la possibilità di sincope da
abbassamento delle pressioni
LE STATINE:
- Famiglia di farmaci con un meccanismo comune, ossia l’inibizione dell’enzima
epatico HGM2 con conseguente riduzione di produzione endogena di colesterolo, ne
fanno parte la simvastatina, pravastatina, fluvastatina, atorvastatina, rosuvastatina,
associazioni
- La potenza della attività ipolipemizzante appare diversa da farmaco a farmaco: 10
mg di Atorvastatina = 20 mg di Simvastatina = 40 mg di Pravastatina
- Farmaci impiegati nel trattamento della iperdislipidemia, fattore di rischio molto
importante per la cardiopatia ischemica (livelli di LDL superiori a 25 mg/dl
determinano un aumento del rischio del 28%)
- Abbassare i livelli di colesterolo nel sangue significa avere una riduzione consistente
delle manifestazioni legate all’ateroscleros
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