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LA PROCEDURA AMICHEVOLE E IL PROGETTO BEPS

Sia nei trattati contro le doppie imposizioni, sia nel modello OCSE che nel modello delle Nazioni Unite, è stato inserito

un articolo sulla procedura amichevole (art.25). La disciplina contenuta nei trattati è sostanzialmente differente da

quella contenuta nel modello OCSE 2017 dal momento che quest’ ultimo è stato modificato a seguito del progetto

BEPS. Di conseguenza l’art. 25 del modello OCSE ricalca sostanzialmente l’art. 16 della Convenzione multilaterale anti

BEPS. All’interno del modello OCSE l’art. 25 era già presente ma in particolare la nuova versione del 2017 lo ha

implementato con riferimento al paragrafo 5 che ha previsto la procedura di arbitrato, la quale è prevista anche dalla

convenzione multilaterale.

La possibilità di risolvere situazioni critiche e questioni non risolte tramite la procedura amichevole e l’arbitrato, delle

situazioni critiche, rappresenta sicuramente un modo per contrastare anche condotte elusive dei contribuenti dal

momento che certe condotte possono essere anche sollecitate dal fatto che non si riesca a trovare un rimedio a dei

problemi che si pongono aventi carattere internazionale. Rientriamo però nella logica di minimo standard per cui non

è detto che tutti gli Stati, pur aderendo alla Convenzione, possano accordare la normativa dal momento che

potrebbero avanzare delle riserve.

La procedura amichevole si caratterizza per essere potenzialmente suddivisa in due fasi:

• una prima fase di tipo unilaterale, che riguarda lo Stato contraente investito dalla la persona convenzionale della

procedura;

• una seconda fase di tipo bilaterale, che si estende anche all’altro Stato contraente. A riguardo, l’estensione

bilaterale deriva dal fatto che il primo Stato non è in grado da solo di risolvere la questione.

L’art. 25 del modello OCSE risulta attualmente strutturato in 5 diversi paragrafi.

La procedura amichevole a fronte di un’imposizione non conforme al trattato

Quando una persona ritiene che le misure adottate da uno o da entrambi gli Stati contraenti comportano o

comporteranno per lei un’imposizione non conforme alle disposizioni della presente Convenzione, essa può,

indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale di detti Stati, sottoporre il proprio caso all’autorità

competente di uno degli Stati contraenti. Il caso deve essere sottoposto entro i tre anni che seguono la prima notifica

della misura che comporta un’imposizione non conforme alle disposizioni della Convenzione (art. 25 OCSE, art. 16

Convenzione, paragrafo 1).

Tale disciplina non potrebbe applicarsi qualora l’imposizione fosse in contrasto con il diritto interno, caso nel quale il

contribuente avrebbe a disposizione dei rimedi forniti dal proprio diritto – esempio: se immaginiamo la notifica di un

avviso di accertamento illegittimo, il contribuente potrebbe proporre ricorso ma avrebbe a disposizione anche

strumenti di tipo amministrativo come il reclamo o la definizione agevolata.

La clausola si esprime al futuro nel senso che la misura illegittima che il contribuente subisce potrebbe essere lesiva

anche non immediatamente, ma anche in momento successivo. La procedura è quindi accettabile anche qualora la

lesività della misura fosse solo temuta quindi ad esempio un provvedimento di carattere generale (che riguarda più

contribuenti) può costituire la base per avviare la procedura da parte di una persona.

Questa procedura può essere attivata indipendentemente dai rimedi interni (dai ricorsi previsti dalla legislazione

nazionale) di entrambi gli Stati contraenti – esempio: ipotizzando il contro rifiuto di un rimborso di imposta negata da

parte dell’altro Stato che non è lo Stato di residenza, esistono rimedi attivabili anche in quello Stato.

In particolare, il trattato Italia - Panama ritiene che la questione possa essere sottoposta soltanto all’autorità

competente dello Stato contraente di cui è residente, mentre la residenza non è richiesta nel caso della Convenzione

multilaterale e del modello OCSE (quindi non vi è obbligo per la persona di rivolgersi allo Stato di residenza). A riguardo

dobbiamo considerare che le norme speciali dei trattati, non sempre è richiesto il requisito dell’art. 1 del trattato di

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essere residente di uno degli Stati contraenti e quindi le norme speciali del trattato potrebbero applicarsi anche a

prescindere dalla residenza.

Un’altra regola fissa un limite temporale nel sottoporre il caso all’autorità competente che viene fissato pari a 3 anni

dalla prima notifica della misura che comporta l’imposizione non conforme. L’OCSE tende ad interpretare questo limite

a favore del contribuente, a partire dal momento della notifica della misura lesiva per lo stesso (esempio: avviso di

accertamento), estendendo di fatto l’orizzonte temporale. Il contribuente potrebbe avere infatti notizia di una misura

lesiva nei suoi confronti sulla base di una circolare che l’altro Stato ha emanato nei confronti di una generalità di

contribuenti, ma l’avviso di accertamento potrebbe arrivare anche dopo un anno e quindi è solo a partire da tale

momento che si dovrebbe conteggiare il limite di tempo.

Gli ambiti tipici di applicazione della procedura L’applicazione della procedura riguarda ambiti molto delicati che

riguardano nella maggior parte dei casi società e non persone fisiche:

• sussistenza o meno di stabile organizzazione;

• definizione degli attribuibili alla stabile organizzazione;

• imprese associate e relativa attribuzione utili (transfer pricing);

• accertamento della residenza.

Il passaggio dalla fase unilaterale alla fase bilaterale

L’autorità competente, se il ricorso le appare fondato e se essa non è in grado di giungere ad una soddisfacente

soluzione, farà del suo meglio per regolare il caso per via di amichevole composizione con l’autorità competente

dell’altro Stato contraente, al fine di evitare una tassazione non conforme alla Convenzione (art. 25 / art. 16, paragrafo

2).

Quindi la norma prevede un obbligo da parte del primo Stato nella verifica della richiesta e della sussistenza dei

presupposti, ma non ha un obbligo di risultato.

La fase bilaterale del procedimento

La fase bilaterale si caratterizza per la partecipazione dell’altro Stato contraente al fine di arrivare ad una composizione

amichevole (accordo amichevole) per risolvere il problema di conflittualità con una o più disposizioni contenute nella

Convenzione.

Si tratta quindi di una procedura che pone un obbligo delle parti di negoziare, ma senza nessun obbligo di giungere ad

un accordo.

Limiti temporali interni e decisioni giudiziali

Una volta raggiunto l’accordo, l’art. 16, secondo paragrafo della Convenzione multilaterale prevede che esso verrà

eseguito a prescindere che siano già decorsi termini dei singoli diritti interni a riguardo (e quindi anche se il

contribuente non avesse presentato opposizione in tempo) – esempio: il nostro ordinamento giuridico prevede dei

limiti temporali entro i quali il contribuente che voglia chiedere il rimborso di un’imposta (contribuente italiano verso

uno Stato estero). Le istanze di rimborso sono soggette a termini decadenziali con la conseguenza che, se non venisse

presentata entro tale termine (48 mesi), il contribuente perderebbe il diritto al rimborso.

Un problema importante riguarda il rapporto tra la procedura amichevole ed eventuali rimedi offerti dai diritti interni.

In questi casi, se gli Stati contraenti sono a conoscenza del fatto che un contribuente si è mosso sul piano interno, vi

sarà poco interesse per le autorità competenti dei due Stati di darsi da fare (per un dispendio di energie e di costi).

Quindi se anche è vero che si tratta di procedimenti autonomi il d.lgs. 546/1992 prevede che il processo tributario è

altresì sospeso, su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle

Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall'Italia ovvero nel caso in cui sia iniziata una

procedura amichevole ai sensi della Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica

degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990 (art. 39, comma 1-ter). Il nostro diritto interno prevede

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quindi che il processo tributario e i diritti interni vengano sospesi per lasciare spazio allo svolgimento della procedura

amichevole.

La procedura amichevole per difficoltà o dubbi derivanti dall’interpretazione o applicazione trattato e consultazione

per eliminare la doppia imposizione

Un’altra forma di procedura amichevole prevede che le autorità competenti degli Stati contraenti faranno del loro

meglio per risolvere per via di amichevole composizione le difficoltà o i dubbi inerenti all’interpretazione o

all’applicazione della Convenzione. Esse potranno altresì consultarsi per eliminare la doppia imposizione nei casi non

previsti dalla Convenzione (art. 25, terzo paragrafo).

Il terzo paragrafo identifica quindi due ipotesi:

• procedura amichevole attivata a fronte di difficoltà e dubbi derivanti dall’interpretazione e conseguente

applicazione del trattato, soprattutto nei casi di disposizioni aventi carattere di generalità relativi ad una

collettività di soggetti e non ad un singolo contribuente;

• procedura amichevole attivata eliminare la doppia imposizione.

Questo consente di precisare un aspetto ulteriore nel senso che questa clausola dà modo agli Stati di consultarsi

reciprocamente per eliminare ipotesi di doppia imposizione a riguardo di casi che non siano previsti dalla Convenzione

(altrimenti la soluzione sarebbe contenuta nel trattato). In questo caso si parla di doppia imposizione, mentre nelle

disposizioni precedenti (contenute nel primo e secondo paragrafo) non si parla di doppia imposizione ma di misure

lesive per il contribuente che fossero in contrasto con il trattato senza che ne derivi necessariamente una doppia

imposizione.

Il classico caso fa riferimento all’impresa residente nello Stato che ha una stabile organizzazione in un altro Stato (Italia)

e un’altra stabile organizzazione in un terzo Stato. Un caso di doppia imposizione non previsto dai trattati riguarda la

doppia imposizione che può sorgere tra gli Stati in cui sono ubicate la stabile organizzazione.

Viceversa potrebbe avere poi una soluzione di tipo multilaterale dal momento che ex art. 25 primo e secondo

paragrafo, l’impresa residente nel terzo Stato, a fronte di questa rettifica di utili da parte degli Stati potrà agire con un

accordo amichevole con i singoli Stati in cui ha la stabile organizzazione. Questo lo può fare se presenta trattati con

entrambi gli Stati, ma come

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A.A. 2022-2023
263 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dieuni3 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Tarigo Paola.