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DIPENDENZA
Le BDZ danno dipendenza se vengono prese per molto tempo e con dosi eccessive, altrimenti non c'è dipendenza. La dipendenza si manifesta principalmente a livello psichico (Es. se non ho la pasticca dietro potrebbe venirmi un attacco di panico/ se non prendo la pasticca non dormo). La dipendenza fisica si manifesta con sintomi che derivano dalla brusca sospensione del farmaco. Se si usa da tanto tempo una BDZ che viene lasciata di colpo i sintomi sono: ansia è, irritabilità, tremori, palpitazioni e insonnia. Nelle forme più gravi si arriva alla fotofobia, ai disturbi dell'equilibrio e al vomito. La dipendenza ovviamente è secondaria al fatto che l'uso di questi farmaci non è corretto. Il paziente è dipendente se la usa male. Questi sono i fattori che favoriscono l'insorgenza della dipendenza (dosaggio troppo prolungato, dosaggio troppo alto). C'è un grosso dibattito sul fatto che l'uso
Prolungato di questi farmaci favorisca la demenza. Ci sono degli studi che dicono che l'uso prolungato di BDZ favorisca il deterioramento mentale e un rischio di sviluppare l'Alzheimer. Altri studi affermano che non ci sia un rapporto di causa-effetto tra dipendenza BDZ e la demenza.
Una delle novità che venne fuori nei primi anni '90 è che i farmaci anti-depressivi (principalmente triciclici) curavano l'ansia e vennero fatti degli studi che il più potente anti-depressivo, la CLOMITRAMINA (nome commerciale ANAFRANIL) riusciva a prevenire in modo spettacolare gli attacchi di panico. Non a bloccare l'ansia acuta dell'attacco di panico, ma è in grado di ridurre moltissimo la probabilità che si sviluppi un attacco di panico. Questo è stato un grande cambiamento che ha portato a capire che i farmaci anti-depressivi, a seconda della dose, funzionano molto bene nella terapia cronica dei disturbi d'ansia.
generalmente dovuto alla capacità di questi farmaci di agire sul sistema serotoninergico nel cervello. La serotonina è un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione dell'umore e dell'ansia. Gli antidepressivi agiscono aumentando la disponibilità di serotonina nel cervello, il che può contribuire a ridurre i sintomi dell'ansia. Tuttavia, è importante sottolineare che gli antidepressivi non sono la prima scelta di trattamento per i disturbi d'ansia. Esistono farmaci specifici per l'ansia, come gli ansiolitici, che sono più indicati per il trattamento di questi disturbi. Gli antidepressivi possono essere prescritti per l'ansia solo se altri trattamenti non hanno avuto successo o se il paziente presenta anche sintomi depressivi. In conclusione, sebbene gli antidepressivi possano avere un effetto positivo sui disturbi d'ansia, è importante consultare sempre un medico specialista per una valutazione accurata e una prescrizione adeguata.Dovuto ad un potenziamento della funzione serotoninergica che viene potenziata grazie agli anti-depressivi e che anche qui se somministriamo il farmaco con dosi più basse si potenzia la serotonina il giusto per ridurre l'ansia, con un disturbo depressivo bisogna alzare la dose per avere un aumento maggiore di funzione serotoninergica.
Quali farmaci, che appartengono alla famiglia degli anti-depressivi, è più opportuno somministrare in caso di disturbo d'ansia?
La scelta è abbastanza soggettiva, ma si cerca di dare molecole che non danno troppo effetti collaterali e che si possono dare per un lungo periodo: CITALOPRAM, ESCITALOPRAM (si legge es-citalopram), SENTRALINA, PAROXETINA (che probabilmente è il farmaco più potente per combattere l'ansia e per prevenire gli attacchi di panico). Ancora più potenti della paroxetina sono gli anti-depressivi ciclici che però, a differenza degli SSRI, hanno effetti collaterali molto pesanti.
Cisono molti studi relativi a tutta una serie di disturbi d'ansia dove è chiaro che questi farmaci hanno una buona efficacia. Soprattutto per il panico e l'agorafobia. Non ci sono studi controllati sulla fobia semplice (ma vi dico io che funzionano abbastanza bene). Ci sono molti studi sull'ansia generalizzata e ci sono molti studi sul DOC, dove purtroppo le dosi sono molto alte e somministrate in vena in modo tale da essere più potenti. Detto questo, volevo spiegarvi come si fa uno studio su un farmaco, come arriva un farmaco ad essere messo in commercio, quali sono le fasi da passare. I farmaci generalmente vengono sintetizzati partendo da quello che si sa, o si ritiene di sapere, sui meccanismi fisiopatologici alla base di un sintomo o di una malattia. Molte delle molecole più efficaci hanno avuto una grande fortuna perché sono state sintetizzate per una cosa e poi si è scoperto utilizzandole che funzionavano per un'altra, questo sichiama Serendipity.Esempio: il Litio che è un grandissimo stabilizzante dell'umore, farmaco più utilizzato al mondo nella prevenzione del disturbo bipolare, unico farmaco che ha l'indicazione in tutto il mondo per la prevenzione del suicidio, è stato utilizzato per la prima volta negli anni '50 per i malati di tubercolosi perché si pensava che fosse una molecola che aiutasse a combattere la tubercolosi. Si accorsero che le persone che lo assumevano non avevano più sbalzi d'umore, da qui il successo enorme del Litio.Tornando al nostro discorso, una volta che hai concepito la molecola per il problema x, devi superare tutta una serie di fasi:
- PRIMA FASE: TEST SUGLI ANIMALI
Viene fatta una prima somministrazione sugli animali, dove si misura la sicurezza e l'eventuale tossicità.
- SECONDA FASE: TEST CAVIE UMANE
Dopodiché passi alla fase di somministrazione sui "volontari" (cavie umane a pagamento). Su
Questi volontari devono valutare la tollerabilità. Fanno firmare 800 fogli, fanno l'assicurazione, si coprono il culo. Dopodiché si identifica un gruppo di persone, per quella determinata patologia, e si cerca di vedere se c'è una risposta, con ovviamente dei criteri oggettivi, che varia a seconda del dosaggio. Esempio: Attacco di panico, si dà la pasticca in dosaggio x, y e z e si verifica cosa succede per ogni dosaggio. Quando si superano queste due fasi si passa alla terza fase, fondamentale perché molti farmaci a questo punto possono venire scartati.
TERZA FASE: CONFRONTO
Si fa il confronto con altre molecole utilizzate per la patologia presa in questione. Bisogna provare di avere un farmaco nuovo che merita di essere messo sul mercato perché è più efficace rispetto ad altri. Ovviamente, ogni volta che c'è un paziente che si sottopone alla sperimentazione in fase 3, bisognerà segnalare con molta attenzione e tempismo ogni
eventuale effetto collaterale. Quando si fa una sperimentazione, in questa fase spesso viene utilizzato uno studio CIECO: ad un certo numero di persone viene somministrato il farmaco vero, ad altre viene somministrato un placebo. È uno studio cieco perché né lo sperimentatore né il paziente sa a chi viene somministrato il farmaco è a chi il placebo. Questo è molto importante perché nelle patologie di tipo depressivo e ansioso la risposta al placebo è molto alta, 30-35%. Se non si fa uno studio cieco, non posso valutare l'efficacia del farmaco, e neanche i suoi effetti collaterali perché oltre all'effetto placebo (mi sento meglio anche se mi hanno dato acqua fresca), c'è anche un effetto nocevo (sento gli effetti collaterali quando mi stanno dando l'acqua fresca).
QUARTA FASE: ANALISI SULLA POPOLAZIONE
Il farmaco è ormai in commercio, è utilizzato da molte persone quindi si fanno degli
Studi su numeri molto ampi di pazienti. A differenza della fase 3 che avviene in ospedale, la fase 4 racconta quello che avviene nella gente comune al di fuori dell'ambito ospedaliero.
BREVE RACCONTO DEL PROF SULLE CASE FARMACEUTICHE.
Vent'anni fa una ditta farmaceutica aveva il brevetto del farmaco che durava tanto e c'era solo quel tipo lì, ora c'è il generico. Al giorno d'oggi, dopo 5/10 anni l'azienda farmaceutica perde il brevetto, e a quel punto c'è un'altra ditta che compra il brevetto all'azienda che ha progettato il farmaco, produce il generico e lo vende ad un prezzo più basso. Una casa farmaceutica per produrre un nuovo farmaco spende tantissimo denaro, quindi ci pensa bene prima di farlo, poiché il profitto dura pochi anni.
Il secondo gruppo di farmaci di cui vi volevo parlare è quelli degli ANTIPSICOTICI.
Parliamo di schizofrenia, che è la psicosi per eccellenza. Noi sappiamo da
tutta una serie di studi hanno dimostrato che dopo il primo episodio psicotico, se il paziente viene curato adeguatamente, il cervello rimane abbastanza integro. Tuttavia, se il paziente viene curato in modo inadeguato o non viene curato affatto, o viene curato con farmaci obsoleti, il cervello subisce danni sia a livello macroscopico che funzionale. Un primo dato interessante è che nel cervello del paziente schizofrenico non curato, ad ogni episodio di riacutizzazione della psicosi, si osserva un aumento delle dimensioni dei ventricoli cerebrali. Ciò corrisponde ad una riduzione del volume complessivo del cervello, soprattutto nella sua parte più importante. Se poi analizziamo il cervello a livello microscopico, notiamo una progressiva atrofia dendritica che si manifesta nel cervello del paziente schizofrenico non curato, ma non nel paziente schizofrenico curato adeguatamente. Inoltre, il paziente schizofrenico cronico non curato o curato in modo inadeguato presenta una diminuzione dei fattori trofici più noti. Questo significa che il cervello soffre e si impoverisce nel tempo. Da studi condotti a partire dal 1952, si è potuto osservare che la cura adeguata della schizofrenia è fondamentale per preservare l'integrità del cervello e prevenire danni a lungo termine.grazie alla nascita degli antipsicotici, il numero di ricoveri nel reparto di psichiatria e nei manicomi è crollato. Prima i pazienti venivano rinchiusi e trattati come bestie, grazie ai farmaci ciò non avviene più. I sintomi tipici della schizofrenia sono divisi in: - SINTOMI POSITIVI: deliri, allucinazioni, comportamento disorganizzato (aggressivo e violento), esame di realtà non adeguato; - SINTOMI NEGATIVI: perdita dei nessi logici, appiattimento affettivo, impoverimento cognitivo. Sappiamo abbastanza bene che i sintomi positivi e negativi hanno un correlato funzionale nel cervello che risiede principalmente nei sistemi dopaminergici. Quando c'è un'iperattività dopaminergica alla livello della VIA MESOLIMBICA abbiamo i deliri, le allucinazioni e i comportamenti disorganizzati. Mentre un'ipofunzione dopaminergica della VIA MESOCORTICALE, che va verso la corteccia prefrontale, si ritiene responsabile dei sintomi negativi. La grossaLa scoperta degli ultimi anni sta nel fatto che alcune vie serotoninergiche, non quelle dettate al controllo dell'umore, se iperattive determinano un'ipofunzione dopaminergica. Quindi, noi abbiamo la via me