Un paese non è solo molto ricco di sapere perché ha un prodotto complesso, ma perché ha una
varietà di prodotti che hanno un alto livello di complessità. Secondo i dati sulla complessità, al 1°
posto in termini di complessità è il raggruppamento di prodotti inclusi nei macchinari, con una quota
del commercio mondiale di oltre il 20%: Germania, Stati Uniti e Giappone sono leader in termini di
volume delle esportazioni di macchinari. Germania, Italia e Austria sono i leader per numero/varietà
di prodotti. L'Italia ha quindi un asset strategico, composto dalle reti di competenze nella produzione
di macchinari, che ne caratterizza positivamente il sentiero di sviluppo.
I dati sull’Italia 2010 (CIS: Community Innovation Survey) e 2012 (ISTAT) mostrano che le imprese
produttrici di macchinari sono tra quelle più innovatrici. Dall’indagine risulta che solo una piccola
parte di tali imprese fa accordi con fornitori e clienti per cooperare in progetti di innovazione.
Questi flussi di informazione avvengono attraverso l'intreccio tra processi di produzione e
innovazione lungo le filiere a elevata disintegrazione verticale dei processi produttivi. In particolare,
occorre analizzare la natura sistemica dei processi di produzione e di innovazione.
I dati dei conti nazionali 1999-2007 evidenziano il miglioramento produttivo strutturale realizzato
grazie a un contenuto qualitativamente superiore dei prodotti. Il quadro che emerge è quello di
un’industria manifatturiera italiana attraversata da fermenti di cambiamento. Nei sistemi di piccole
imprese meccaniche specializzati nella produzione di macchinari:
● alimentano trasformazioni trasversali a molti settori produttivi.
● si alimentano di conoscenze tacite e codificate, che afferiscono a campi scientifici e tecnici.
Di fronte a una crescente concorrenza internazionale, le imprese meccaniche hanno risposto
aumentando la capacità di produrre per mercati di nicchia, prodotti con caratteristiche sempre più
particolari. Quali dati si possono utilizzare? N. di addetti occupati: 1951-2011 (servono tempi
medio-lunghi per creare reti di competenze):
● in aggregato e nei «comparti» dell'industria meccanica
● per regione, e a una grana più fine, per comune e per SLL
Per l’analisi, si potrebbe usufruire della cluster gerarchica, un’impostazione di analisi
multidimensionale (non è una media), analizzando la dinamica dell'occupazione nei sistemi di
piccole imprese a specializzazione meccanica, trasformazioni della struttura produttiva nei diversi
sistemi territoriali di piccola impresa.
Risultati: 1981-2001 →si osserva una riduzione dell’occupazione meccanica in ogni cluster,
soprattutto nei SLL metropolitani. Le specializzazioni produttive non appaiono uniformi e variano nel
tempo all’interno dello stesso ambito territoriale. Alcuni territori perdono in modo significativo
specializzazioni peculiari, mentre in altri si accentua una specializzazione produttiva debolmente
presente all'inizio dei vent'anni in esame.
Risultati: 2001-2011 →nel complesso l’occupazione meccanica si contrae nel decennio, perdendo
un decimo delle imprese e degli addetti, ma aumenta la quota di imprese e di addetti nella
produzione di macchinari. In Emilia-Romagna, in parte anche come risposta alla crisi molte imprese
passano dalla produzione di lavorazioni o componenti, alla produzione di parti di macchinari o di
macchinari completi. 26
Sfide per innovare la crisi
❖
Quando la crisi del 2008 ha colpito l'economia reale, l'industria meccanica si trovava in una fase di
forte crescita, con una domanda crescente nei mercati esteri e un'ampia spinta all'innovazione, sia a
livello locale che regionale. Tuttavia, l'impatto della crisi è stato disomogeneo tra i vari comparti e tipi
di imprese, così come i comportamenti delle aziende nelle filiere produttive della regione.
Le imprese committenti, che possedevano anche reparti produttivi interni, hanno iniziato a
internalizzare lavorazioni che prima erano esternalizzate, nel tentativo di mantenere l'occupazione
stabile. Allo stesso tempo, i tempi di pagamento verso i fornitori si sono allungati e sono stati imposti
sconti significativi sui prezzi. Questo ha posto un forte peso sulle imprese conto terzi, mettendone a
rischio la sopravvivenza e alterando l'assetto produttivo delle piccole e medie imprese (PMI)
meccaniche. Ciò ha portato a una rottura delle relazioni di fiducia tra imprese, minando la capacità
di innovare e compromettendo le scelte di investimento e produzione.
Le imprese conto terzi si sono trovate a fronteggiare una situazione di grande incertezza. La fiducia
nei confronti dei committenti storici è calata drasticamente, spingendo molte di queste aziende a
cercare nuovi clienti e mercati, migliorando i propri servizi e cercando di riposizionarsi nella filiera
tramite nuove partnership e aggregazioni. Le imprese finali della meccanica, pur avendo mantenuto
una certa forza globale grazie alla rete di specializzazioni del Nord Italia, hanno subito anch'esse
riduzione dell'orizzonte temporale di
l'effetto della crisi. Un cambiamento chiave è stata la
pianificazione, con una domanda sempre più variabile e la necessità di risposte rapide al mercato.
Questo ha portato a una riorganizzazione delle reti di fornitura, sia a livello globale che locale. I
problemi principali riscontrati dall'industria meccanica e manifatturiera italiana includono:
○ burocrazia eccessiva: ostacola le trasformazioni necessarie per creare valore.
○ debolezza della domanda interna: non è sostenuta da adeguati investimenti e mancanza di
politiche industriali efficaci.
○ scarsa presenza sui mercati esteri: per mancanza di strutture di supporto adeguate.
○ governance territoriale insufficiente: incapace di supportare i processi di sviluppo locale.
○ problemi di accesso al credito: comprendono non solo il venture capital e il private equity, ma
anche il credito commerciale. Quest'ultimo è cruciale per il sostegno ai processi produttivi
frammentati e complementari tipici dei sistemi di piccola impresa nel settore meccanico.
Formazione per innovare e creare nuove imprese →nell'industria meccanica c’è difficoltà a trovare
giovani tecnici, diplomati e laureati, con una formazione adeguata. Non si tratta solo di una carenza
numerica, ma anche di una formazione che spesso non risponde alle reali esigenze del settore,
compromettendo la competitività dell'intero comparto meccanico e la crescita e l'innovazione che ne
costituiscono le basi strategiche.
In passato, le competenze tecniche apprese a scuola o nei corsi di formazione si consolidano
all'interno delle imprese, grazie all'affiancamento di lavoratori esperti, spesso gli stessi imprenditori.
Nelle aree di piccola impresa, lavorare nel settore meccanico rappresentava anche un'opportunità di
mobilità sociale, sia attraverso la crescita professionale in azienda sia cambiandola. Tuttavia, il
sistema educativo italiano non è riuscito a rispondere in modo efficace alle nuove esigenze richieste
dall'industria e dai servizi. Solo negli ultimi anni sono stati introdotti strumenti legislativi per
migliorare la formazione tecnica e professionale. Le piccole imprese spesso non dispongono delle
risorse necessarie per affrontare questi cambiamenti, sia internamente che ricorrendo a consulenti
esterni, aumentandone il rischio di chiusura. Colmare questo gap formativo è essenziale per
valorizzare le competenze e le eccellenze delle PMI meccaniche e sfruttarne appieno il potenziale
competitivo. Servono politiche formative che creino un ambiente di apprendimento in cui gli studenti,
lavorando in team, possano risolvere problemi reali che emergono nelle imprese. 27
Politiche pubbliche →per sostenere la crescita dell'industria meccanica, oltre a ridurre la pressione
fiscale e semplificare la burocrazia, è importante orientare gli investimenti privati verso gli obiettivi
stabiliti dall'UE per il 2020. A livello regionale, sono richieste politiche mirate in tre ambiti principali:
1) ricerca: di fronte alla crescente concorrenza internazionale, le imprese meccaniche italiane
hanno reagito puntando sui mercati di nicchia, producendo beni sempre più personalizzati e
investendo in Paesi in forte espansione. Questo approccio competitivo si basa sull'innovazione
incrementale, essenziale per soddisfare le esigenze dei clienti che richiedono macchinari
speciali. Tuttavia, per supportarla è necessario un enorme sforzo di ricerca, sia teorica che
applicata, e una diffusa competenza tra tutti gli operatori coinvolti: progettisti, produttori e
tecnici. Politiche pubbliche mirate dovrebbero consolidare queste conoscenze, migliorando il
sistema educativo e formativo. Parallelamente, servono anche politiche industriali, sociali e di
welfare che diano slancio allo sviluppo locale.
2) formazione: non deve essere solo tecnica. Per competere a livello globale, le imprese devono
ampliare la loro comprensione delle culture dei Paesi in cui operano. C'è una crescente
richiesta di formazione nel management delle reti di imprese, per coordinare progetti e
sviluppare nuove competenze progettuali all'interno delle filiere produttive. Inoltre, è essenziale
colmare il divario tra le conoscenze teoriche acquisite durante la formazione e quelle pratiche
apprese direttamente sul campo.
3) ricambio generazionale: per evitare la dispersione di competenze e reti accumulate nel
tempo, è fondamentale sostenere il ricambio generazionale nelle imprese. Le imprese più a
rischio di chiusura sono sia quelle "mature" senza successori, sia quelle guidate da giovani
imprenditori che hanno bisogno di aggiornare le proprie competenze per rimanere competitive.
Infine, è preoccupante il calo nella nascita di nuove imprese, poiché riduce la capacità
produttiva complessiva e la varietà necessaria per alimentare il potenziale innovativo dell’intero
sistema produttivo.
Domande riassuntive fine capitolo
1. Perché occorre studiare la natura sistemica dei processi di produzione e di innovazione nei
sistemi produttivi di piccola impresa?
Studiare la natura sistemica permette di comprendere come le piccole imprese interagiscono
tra loro e con il contesto locale per generare innovazione e valore. Nei sistemi produttivi di
piccola impresa, la cooperazione, lo scambio di conoscenze e la specializzazione funzionale
creano vantaggi competitivi difficili da replicare altrove. La natura sistemica consente di
analizzare le dinamiche di rete, l'efficienza dei processi, l'adattabilità alle richieste di mercato e
l'innovazione incrementale tipica di questi sistemi
2. Con riferimento alla produzione meccanica in Italia, le specializzazioni pro
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Economia e istituzioni dei distretti industriali