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B) ANTIGIURIDICITA’

Si ricordi che le scriminanti trovano la loro fonte nell’intero ordinamento; esse poi si

applicano in modo obiettivo, ossia anche se non conosciute dall’agente. Si è già vista la

tesi dei c.d. elementi negativi del fatto (prodromica alla bipartizione) e il fatto che le

scriminanti non soggiacciono né alla riserva di legge né al divieto di analogia, almeno

che non si tratti di leggi eccezionali, proprio in quanto ricavate dall’intero ordinamento.

Un fatto non è antigiuridico, contra ius, quando pur essendo tipico (ossia corrispondendo

ad una determinata figura criminosa) è tuttavia approvato, se non anche imposto, da

una norma collocata in un qualsiasi ramo dell’ordinamento tutto (si parla di principio di

universalità delle scriminanti per rendere tangibile l’idea del fatto che le scriminanti,

poiché appartenenti all’ordinamento tutto, rendono irrilevante non solo il fatto per il

diritto penale ma anche prima ancora sul terreno civile o amministrativo).

Nel codice non si trova mai l’espressione cause di giustificazione, ma si parla di – presso

l’art. 59 cp – circostanze di esclusione della pena, che però è espressione fuorviante (le

circostanze in senso tecnico sono disciplinate più avanti nel codice).

Nella parte generale si incontrano ben 6 cause di giustificazione (consenso dell’avente

diritto, l’esercizio di un diritto, l’adempimento di un dovere, la legittima difesa, l’uso

legittimo delle armi e lo stato di necessità), dagli artt. da 50 a 54 cp.

La dottrina si è sforzata di dare collocazione adeguata, nella dogmatica del reato, alle

cause di giustificazione, anche alla luce della afasia del Legislatore che le licenzia,

sbrigativamente, come «cause di non punibilità».

La ratio delle scriminanti è ricostruita secondo una visione monistica ovvero pluralistica.

La visione monistica si rifà al concetto di equilibrato contemperamento tra interesse

e controinteresse, ancorando così le scriminanti ad un bilanciamento tra interessi in

conflitto.

La visione pluralistica, forse preferibile, si ancora all’idea dell’interesse prevalente

(sarebbe questo il caso dell’esercizio di diritto, dell’adempimento di dovere, dell’uso

legittimo delle armi e della legittima difesa) o all’idea dell’interesse mancante (sarebbe

questo il caso del consenso dell’avente diritto e dello stato di necessità).

Alla luce dell’art. 59 c.1 cp, le circostanze che escludono la pena sono valutate sempre

a favore dell’agente, anche se da lui non conosciute o da lui ritenute inesistenti per

errore. Si parla dunque di rilevanza oggettiva delle scriminanti, che verrebbero

applicate in virtù della loro obiettiva sussistenza, a prescindere dalla consapevolezza

che ne abbia l’agente.

Si pensi alla legittima difesa e il suo elemento della costrizione (si ha legittima difesa

quando a reagire sia un soggetto costretto), da intendere come dato puramente

obiettivo. Potrà avvalersi della stessa anche un soggetto che spara ad altra persona

anche se non ha avvertito una costrizione in tal senso, in quanto non si è accorto che

l’altra persona vi stava a sua volta sparando. È un esito che lascia perplessi da un piano

di giustizia sostanziale: benché incongruo, è esito che discendere in modo univoco

dall’art. 59 c.1, frutto di una impostazione oggettivistica o tendenzialmente tale che è

alla base del nostro codice.

Se questo è il principio generale, tuttavia, vi sono scriminanti che strutturalmente

presuppongono un elemento soggettivo: si pensi alla reazione legittima agli atti arbitrari

del PU, per cui non sarebbe ragionevole riconoscere la scriminante a favore di un

soggetto che non si sia reso conto di essere vittima di un atteggiamento di sopruso del

PU stesso.

Ai sensi dell’art. 59 c.4 cp, se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di

esclusione della pena queste sono valutate a favore dell’agente medesimo. Circostanze

di esclusione della pena non allude, come si sa, alle circostanze in senso tecnico ma alle

cause di giustificazione.

All’art. 59 c.4 è disciplinata la c.d. scriminante putativa, ossia l’errore sulla

scriminante (in quanto tale reputata). Ma di che tipo di errore deve trattarsi? L’errore

può distinguersi in tre tipologie:

a) errore sul fatto di fatto

b) errore sul fatto concernente la norma extrapenale

c) errore di diritto (art. 5 cp)

Di questi tre tipi di errore, solo i primi due rilevano ai sensi dell’art. 59 c.4, e non anche

l’errore sul precetto di diritto.

Una scriminante putativa potrà essere fatta valere in giudizio da parte del soggetto che

a causa di un errore di percezione ritenga di essere aggredito e reagisce (errore di fatto

sul fatto; errore di tipo percettivo, derivante da una cattiva percezione del reale

attraverso i sensi).

La scriminante putativa può sorgere anche da errore su norma extrapenale.

Non rileva invece l’errore di diritto: per es. credere che la circostanza attenuante della

provocazione sia una scriminante non rileva ai fini del giudizio quale scriminante

putativa.

Esiste una specularità tra art. 59 c.4 e art. 47 c.1 cp: il cacciatore anziché colpire la

selvaggina uccide il compagno di battuta; questo tipo di errore è di tipo senso-percettivo

(sul fatto di fatto), che perciò esclude la punibilità ai sensi dell’art. 47 c.1, in quanto qui

va ad escludere il dolo dell’agente.

L’interpretazione della norma in dottrina è spesso restrittiva: questa porta beneficio al

principio di extrema ratio.

L’art. 59 c.4, nella sua seconda parte, si occupa invece del c.d. errore colposo,

prevedendo che se l’errore sulla presenza di una scriminante (uccisione dell’amico

anziché del bestiame) è dovuto a colpa la punibilità non è esclusa, se il fatto è previsto

dalla legge come delitto colposo: ossia, la punibilità non è esclusa equivale a dire che si

risponderà di una residuale responsabilità colposa (esclusosi il dolo, anzitutto). Esempio

classico è quello del soggetto che, di notte, scambia una persona che chiede

informazioni con un pericoloso malfattore e lo uccide.

Esiste anche qui una specularità l’art. 59 c.4 seconda parte e l’art. 47 c.1 cp: anche qui

si prevede una residua responsabilità colposa.

Ultimo aspetto è la formula «se il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo»: i

delitti si contrappongono alle contravvenzioni, è perciò a queste estensibile la disciplina

della residua responsabilità colposa?

Questa estensione positiva alle contravvenzioni viene argomentata sulla base della

simmetria tra l’art. 59 c.4 ultima parte e art. 47 c.1 ultima parte, nel quale si ritiene

estensibile l’estensione di una residua responsabilità colposa alle contravvenzioni. Essa

estensione rischia di contrastare tuttavia il divieto di analogia, estendendosi una norma

peggiorativa per l’agente tradendo il dettato testuale che si esprime in termini di delitto,

escludendo esplicitamente le contravvenzioni.

L’art. 55 cp prevede invece l’eccesso colposo, assicurando che quando nel commettere

alcuno dei fatti previsti dagli artt. 51, 52, 53 e 54 si eccedono colposamente i limiti

stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità oppure imposti dalla necessità, si

applicheranno le disposizioni concernenti i delitti colposi se il fatto è previsto dalla legge

come delitto colposo.

L’eccesso dovuto alla colpa si distingue dall’art. 59 c.4 cp in quanto questo si occupa

della scriminante putativa, e dunque esistente solo nella mente dell’agente, che ritiene

presente la scusante per errore (non di diritto). L’art. 55 cp si occupa invece del fatto

in cui la scriminante è effettivamente presente ma ne vengono travalicati i limiti, imposti

dalla triplice fonte di cui alla norma (legge, autorità o necessità). Anche qui viene

comunque in gioco un errore, che può consistere o in un’errata valutazione della

situazione di fatto (valutata male, e dunque anziché limitarmi a percuotere uccido

l’aggressore) oppure di un’errata modalità di esecuzione del fatto (errore sulle modalità

esecutive del fatto). L’eccesso colposo va tenuto distinto dall’eccesso doloso (es. se il

mio aggressore è disarmato e io anziché limitarmi a percuoterlo uso un coltello per

provocargli uno sfregio permanente del viso si avrà non un eccesso colposo, ma uno

doloso, per cui l’agente risponderà a titolo di dolo).

A causa di una natura incerta del consenso dell’avente diritto (che qualcuno inquadra

tra gli elementi che escludono non già l’antigiuridicità ma il fatto tipico tutto) l’art. 55

non richiama l’art. 50 cp. E tuttavia, nonostante il silenzio, la dottrina ritiene che l’art.

55 cp operi anche senza il consenso dell’avente diritto: vale qui la stessa obiezione di

sopra, per cui se il Legislatore non ha voluto richiamare il consenso ciò debba

rispettarsi.

a) Il consenso dell’avente diritto

Ai sensi dell’art. 50 cp non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto con il consenso

di chi può validamente disporne. Ratio dell’istituto risiede nell’interesse mancante: se il

titolare del bene rinuncia alla sua tutela non sarebbe ragionevole una tutela forzosa di

quel bene da parte dello Stato, ad oltranza, contra voluntatem del titolare del bene

stesso.

Il consenso dell’avente diritto viene visto come scriminante, in via generale. Vi sono

tuttavia casi in cui è ragionevole ritenere che il consenso esclude già la tipicità,

prima ancora che l’antigiuridicità del fatto (si tratta di una disputa circa il collocamento

dogmatico del consenso dell’avente diritto). L’art. 614 cp prevede e punisce la violazione

di domicilio: se io, titolare del domicilio, acconsento a che una persona entri nel mio

domicilio non si avrà violazione di domicilio scriminata ma è del tutto plausibile che

manchi già il fatto tipico della violazione di domicilio (lo steso vale per la violenza

sessuale di cui all’art. 609-bis cp).

Vi è una tendenza, certo minoritaria, che tende a collocare il consenso dell’avente diritto

sempre nel terreno della tipicità (come strumento di esclusione del fatto tipico) e non

già in toto nell’antigiuridicità (es. Germania, Portogallo o parte della dottrina minoritaria

italiana).

Il consenso non è un negozio di diritto privato o di diritto pubblico: si tratta di un a

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Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher makil_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Bonini Sergio.
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