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TFUE:
- ART. 3 enumera le competenze esclusive ovvero che quella materia è data
esclusivamente all’Unione Europea e gli Stati membri non possono assolutamente
legiferare (politica commerciale e monetaria)
- ART. 2 TFUE parla delle competenze concorrenti: l’UE e gli Stati membri possono
legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri
esercitano la loro competenza nella misura SOLO in cui l’Unione non ha esercitato la
propria. “armonizzazione” delle legislazioni degli Stati membri: si adotta una legge
che vale per tutti a sostituzione delle legislazioni precedenti nazionali. Oppure
"armonizzazione minima”: consente allo Stato membro di continuare a esercitare
parte di quella disciplina.
- Le competenze di coordinamento e supporto o parallele sono delle aree di
competenze in cui l’Unione non sostituisce la legislazione degli Stati membri, non
armonizza il diritto nazionale. La legislazione nazionale rimane e rimarrà sempre:
l’Unione semplice coordina e supporta la cooperazione tra gli Stati. Caso tipico è il
coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (pensioni di vecchiaia). In alcune aree
della politica sociale, l’UE può fare solo questo. Ad esempio l’art. 153 TFUE dice che
le condizioni di lavoro e sicurezza sociale, la sicurezza sul lavoro e protezione
sociale dei lavoratori sono di competenza di coordinamento. Tra le competenze di
coordinamento e supporto si trovano anche l’istruzione (erasmus programma di tipica
competenza di coordinamento), protezione civile, turismo e ricerca.
Il diritto del lavoro dell’Ue è composto da gran parte dalla politica sociale la quale comporta
delle norme per tutti i lavoratori di cittadini UE e non UE, ma anche norme specifiche per
cittadini non UE. Una parte riguarda esclusivamente i cittadini UE come la libera circolazione
dei lavoratori.
Il diritto dell’UE entra in modo molto più sostanzioso nel diritto nazionale rispetto al diritto
internazionale.
Laddove vi sia un contrasto tra norma interna e norma dell’UE, il diritto europeo prevale sul
diritto nazionale (principio primato). La normativa europea prevale su quella interna, ma non
la rende invalida. Tra UE e Italia non c’è un rapporto gerarchico, ma un rapporto speciale
secondo cui alcune materie sono regolate in maniera preminente dall’UE. La norma interna
che violi l’UE, non è semplicemente incostituzionale, ma è proprio da disapplicare. Questo è
il principio del primato. Costa contro Enel nel 1964, nel 1984 anche la Corte Costituzionale
ha capito l’atto e quindi per qualunque giudice il diritto europeo prevale sul diritto nazionale.
Rimane valido perché non si può ricorrere alla Corte Costituzionale perché quest’ultima non
può pronunciarsi tra le avversità di Ue e Italia. Normalmente il legislatore abroga alla fine
norme incompatibili. Non serve rinvio pregiudiziale. Esempio decreto Cutro, questa norma è
stata considerata dal giudice di Catania incompatibile con l’UE.
Il principio dell’effetto diretto si trova nella giurisprudenza dell’UE nel 1963: è il principio
secondo cui il diritto europeo può creare diritti in capo ai singoli all’interno degli ordinamenti
nazionali e i singoli possono vocare questi diritti davanti ai giudici nazionali. Si crea un
effetto direttamente sul singolo e ha effetto su tutti gli Stati membri. Non tutte le norme
godono di effetto diretto perché alcune non sono abbastanza chiare e incondizionate, ovvero
sono troppo vaghe e non definiscono un diritto in maniera sufficientemente precisa. Molte
norme di politiche sociali chiedono agli Stati di fare qualcosa. Negli anni ‘70 c'è una cittadina
che appartiene a scientology e vuole andare a lavorare nella chiesa di scientology nel regno
unito. Però il regno unito vieta alla signora di risiedere nel regno unito perché il governo
riteneva dannose le attività di scientology. Si va contro l’art. 45 TFUE e dice che la libera
circolazione dei lavoratori è assicurata abolendo tutte le discriminazioni di nazionalità tra i
lavoratori degli Stati membri. La signora ha fatto ricorso contro il giudice britannico
eccependo il fatto che il provvedimento violava l’art. 45. L’art. 45 ha effetto diretto? Sì,
perché la norma è chiara in quanto l’oggetto e il soggetto sono molto chiari. CGUE dice che
l’art. 45 impone agli Stati membri un ordine preciso che non richiede alcun ulteriore
provvedimento.
Se la norma europea non ha effetto diretto, l’unica opzione è l’interpretazione conforme.
Il caso Von Colson parla di una lavoratrice tedesca nel 1984 la quale era un’assistente
sociale che voleva lavorare nella prigione della zona occidentale. Secondo la normativa
tedesca applicabile, lei non poteva lavorare in quella prigione perché del sesso opposto. Dal
punto di vista del diritto tedesco non c’era tedeschi, ma dal punto di vista europeo sì in
quanto si vietava la discriminazione del sesso in materia lavorativa. L’amministrazione può
solo compensarla per la discriminazione, ma il diritto europeo non imponeva una sanzione
per discriminazione. Solo nel 2006 è stato introdotto l’obbligo di sanzione per i diritti interni
art. 18. La sanzione quindi non era chiaro a quanto montasse e quindi si diede il rimborso
per le spese di viaggio e alloggio per una parte maggioritaria; la parte minoritario giungeva
alla conclusione che la signora tedesca avrebbe dovuto ricevere il rimborso del viaggio, ma
anche tutti i danni morali e materiali. L’obbligo degli Stati membri di conseguire il risultato da
questo contemplate vale per tutti gli organi degli Stati membri ivi compresi, nell’ambito di loro
competenza; quindi nell’applicare il diritto nazionale il giudice nazionale deve interpretare il
proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva.
Effetto diretto verticale secondo cui l’individuo ha dei diritti che corrispondono a obblighi
dello Stato e si ha sempre effetto diretto verticale; l’effetto diretto orizzontale è la capacità
dei diritti di un individuo di creare degli obblighi in capo agli altri individui.
Tutte le norme dell’ordinamento interno devono essere conformi all’ordinamento europeo,
qualunque sia il rango della norma interna, dalle circolari amministrative alle leggi
costituzionali.
Se non si può disapplicare una norma e fare interpretazione conforme, si può fare causa allo
Stato per responsabilità extracontrattuale dello Stato.
Le istituzioni dell’Unione Europea sono il Parlamento Europeo, la Commissione, la Corte di
Giustizia, il Consiglio Europeo e il Consiglio dell’UE. Queste partecipano alle procedure
decisionali.
Il Parlamento Europeo ha sede a Strasburgo e a Bruxelles, ma è stato pensato per avere la
sede principale a Strasburgo e successivamente è nata la sede a Bruxelles che è anche
molto usata. Quella di Strasburgo non viene eliminata perché è citata nel trattato e almeno
una volta al mese si devono riunire lì. Esso è composto da 704 membri più il suo presidente
ed è eletto con elezioni dirette a suffragio universale ogni 5 anni dai cittadini europei; la
prossima elezione sarà nel 2024. L’Italia ha 76 deputati eletti in Italia. Ogni Stato membro
elegge i propri parlamentari e il numero riflette il numero degli abitanti. Una volta eletti i
deputati europei non rappresentano lo Stato, si dividono in gruppi politici e si mettono
insieme ad altri parlamentari che condividono più o meno le stesse ideologie. Ci sono i PPE,
RENEW, ECR (fatto da conservatori inglesi). Blu, giallo, rosso e verdi sono partiti pro
europei e votano spesso assieme. Partiti di estrema destra non sono per l'Unione Europea e
i conservatori sono presieduti da Giorgia Meloni. Gruppo identità e democrazia. Votiamo per
i partiti italiani, ma loro andranno a creare partiti europei con altri membri di altri Paesi. Il
movimento 5 stelle è nei non iscritti.
Il parlamento europeo vota a maggioranza e il parlamento, come quello italiano, si divide in
commissioni: trasporti, politica estera e così via. La commissione è composta
proporzionalmente come l’intera commissione. Le commissioni discutono le proposte,
emendano, adottano posizioni e la posizione adottata in commissione deve comunque
essere portata davanti all’emiciclo. Il sistema elettorale è proporzionale e varia da Stato e
Stato. Il parlamento europeo ha potere legislativo e lo condivide con un’altra istituzione: il
parlamento è un co-legislatore. Inoltre, approva il bilancio sempre assieme a un’altra
istituzione e controlla la Commissione Europea. Approva la commissione e può obbligarla a
rimettersi ex-post. Come la relazione tra parlamento italiano e governo. Tuttavia in Europa la
sfiducia è difficilissima da adottare perché dovrebbe votare con la maggioranza dei ⅔ del
parlamento.
Il Consiglio dell’Unione Europea che nei trattati è chiamato solo “Consiglio”. Il Consiglio è
l’altro legislatore ed ha gli stessi poteri del Parlamento: affinché un atto sia approvato è
necessario che sia il consiglio e il parlamento lo approvino. C’è il bicameralismo perfetto
(come tra senato e parlamento), però il Consiglio dell’Unione Europea non è un senato; è un
organo di Stati non di Persone, si rappresentano gli Stati e ogni Stato ha un rappresentante
che rappresenta il proprio ministro. Il rappresentante dello Stato cambia a seconda delle
questioni che bisogna trattare: agricoltura, lavoro, affari esteri e così via, basta che sia un
ministro. Esistono 10 formazioni del Consiglio. Esso adotta atti e bilancio, stessi poteri del
Parlamento. Vota raramente all’unanimità, generalmente vota con la maggioranza qualificata
(maggioranza di 15 Stati membri e questi 15 devono rappresentare almeno il 60% dell’UE).
Il Consiglio Europeo ha sempre 27 membri, ma è composto dai capi di Stato o di governo
degli Stati membri ed è presieduto da Charles Michel, eletto contestualmente al parlamento
dai membri del consiglio europeo e viene eletto ogni 2 anni. Solitamente viene rieletto. Lui
compila verbali, decide l’agenda e manda lettere per la riunione. Il consiglio europeo adotta
conclusioni, ma non atti legislativi. Dalla Conclusione la commissione proporrà interventi
legislativi. Diversamente dal Consiglio dell’Unione Europea, il Consiglio vota all’unanimità
generalmente. Il Consiglio dell'Unione e Europeo stanno a Bruxelles. Per nominare una
commissione basta che una maggioranza qualificata degli stati membri sia a favore, MA
serve anche l’approvazione del pa