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Company), che restò la compagnia americana concessionaria responsabile della produzione petrolifera in
Arabia saudita sino al 1973. La rendita petrolifera era costituita dalla quota fissa per tonnellata prodotta,
pagata dalla concessionaria al Re (da cui il nome di royalty); grazie ai proventi del petrolio, le accresciute
entrate resero più semplice la realizzazione delle politiche di consolidamento del Regno volute da Ibn Saud:
i primi effetti visibili della nuova ricchezza furono soprattutto l’espansione edilizia e la costruzione di nuove
infrastrutture (strade, ferrovie, ospedali, scuole pubbliche); tutte le infrastrutture furono costruite
direttamente dall’Aramco per i Sauditi.
Contrasti tra riformisti e conservatori e consolidamento degli Al Saud (19562-1972)
I primi effetti dell’inizio dell’era petrolifera si manifestarono nel 1953 quando, dopo la morte del fondatore e
l’ascesa al trono del figlio maggiore Saud, si sviluppò un contrasto tra questi e suo fratello minore Feisal. Il
primo auspicava una continuazione delle politiche e dei costumi dell’epoca precedente, sostenuta dalla
nuova ricchezza petrolifera, mentre il secondo riteneva invece che la nuova era e la nuova ricchezza
richiedessero una maggiore modernizzazione, in particolare un apparato statale più articolato ed una
politica di investimenti sociali ed economici. La rivalità personale e politica tra i due fratelli coinvolse in
opposti schieramenti le élite del Regno; lo scontro intestino ebbe alterne vicende e, dal 1958, portò alla
guida del governo l’uno o l’altro dei due fratelli finché, nel 1964, Saud fu deposto dagli stessi Al Saud, i quali
nominarono Feisal al suo posto. La deposizione di Saud non risolse la tensione tra modernizzatori e
conservatori, poiché la duplice origine (wahhabita e dinastica) della legittimità dello Stato rendeva (e rende
tuttora) questa tensione insita nella natura stessa del Regno. In effetti Feisal, ‘il modernizzatore’, fu preferito
dalla famiglia reale solo perché considerato il più adatto ad affrontare le due maggiori sfide dell’epoca: in
primo luogo, mettere ordine nella spesa sfrenata delle risorse statali incoraggiata sino all’indebitamento da
re Saud; in secondo luogo, affrontare la sfida del nazionalismo arabo radicale, che ovunque nei Paesi arabi
Downloaded by Simone Tammaro (simoyellow27@gmail.com)
lOMoARcPSD|8651516
metteva in crisi le monarchie conservatrici e filo-occidentali, talvolta determinandone la cauta come in
Egitto (1952) o in Iraq (1958). Nel Mondo arabo, gli anni ‘50 e ‘60 furono gli anni delle rivoluzioni che,
marginalizzando o spazzando via la classe dei notabili, portarono al potere una nuova classe media, la cui
ideologia era quella del nazionalismo panarabo e del socialismo arabo. Queste trasformazioni, tuttavia, non
ebbero luogo in Arabia saudita, dove il potere dei notabili fu meno indebolito dalla modernizzazione, grazie
alla sua diversa origine (tribale e religiosa, non fondiaria) ed al suo diverso sviluppo, basato sul petrolio e
non sull’industrializzazione o le riforme agrarie. In realtà, il cambiamento in corso nel resto del Mondo
arabo toccò anche l’Arabia saudita, ma ebbe effetti diversi: la rendita petrolifera rafforzò il potere degli Al
Saud, ed il nazionalismo influenzò significativamente solo alcuni ristretti settori sociali, imponendo
comunque un adattamento della politica estera saudita.
L’alleanza con gli usa; la crisi con l’Egitto; panislamismo contro panarabismo
La politica estera sotto Ibn Saud si era sin lì svolta all’insegna di due criteri principali: l’opposizione alle
ambizioni regionali delle monarchie hashemite in Iraq e Giordania, e l’alleanza, senza subordinazione, con
una potenza esterna (prima la Gran Bretagna, poi gli Usa) che potesse soddisfare i bisogni economici e di
sicurezza del Regno. Per il resto, il monarca saudita si era sostanzialmente tenuto ai margini delle grandi
questioni che appassionavano il resto del Mondo arabo, quali le lotte anticoloniali o la questione
palestinese. Durante la Seconda Guerra Mondiale, lo sviluppo petrolifero aveva progressivamente portato
l’Arabia saudita fuori dall’orbita britannica e verso un’alleanza con gli Stati Uniti, consolidata dagli aiuti
economici da questi inviati in tempo di guerra. Per quanto riguarda la politica araba, Ibn Saud aveva
coltivato le relazioni con l’Egitto in funzione anti-hashemita, assecondandone le iniziative e con la rottura
delle relazioni con l’Inghilterra e la Francia nel 1956, durante la crisi di Suez. Poco dopo però, le relazioni con
l’Egitto di Nasser divennero tese a causa della profonda divergenza tra i due Paesi su questioni quali la
repressione in Egitto dell’Organizzazione dei Fratelli musulmani, sostenuti invece dai Sauditi, e gli
orientamenti socialisteggianti della Repubblica araba unita (Rau), istituita tra Siria ed Egitto nel 1958.
Quando nel 1962 un ufficiale yemenita, sostenuto dall’Egitto, depose un imam in Yemen, ebbe inizio una
guerra civile nel Paese che si trasformò presto in una guerra per procura tra Arabia saudita ed Egitto, i quali
intervennero militarmente a sostegno rispettivamente dei realisti e dei repubblicani. Il conflitto egitto-
saudita in Yemen durò sino al 1967, quando l’Egitto fu costretto a ritirare le proprie truppe dopo la sconfitta
subita nella terza guerra arabo-israeliana. Lo scontro fu fortemente influenzato dall’opposto schieramento
dei due Paesi nella Guerra Fredda, nel cui quadro l’alleanza saudita con gli Usa fu ulteriormente consolidata.
In questo periodo furono numerose le iniziative della politica estera saudita volte a contrastare la diffusione
del nazionalismo arabo nelle sue forme più radicali, il nasserismo prima ed il bathismo siriano ed iracheno
poi. Tra queste iniziative va annoverata la creazione di alcune istituzioni panislamiche e l’enfasi posta sugli
aspetti islamici della questione palestinese, come ad esempio la difesa dei luoghi santi di Gerusalemme,
anziché sulle rivendicazioni nazionaliste.
3. Dall’era dell’abbondanza all’era della vulnerabilità (1973-1980)
L’uso del petrolio come arma politica, l’assassinio di re Feisal e gli anni dell’opulenza (1973-1979)
Nel 1973, lo scoppio della quarta guerra arabo-israeliana costrinse i Sauditi a realizzare quanto deciso nel
vertice arabo di Khartum del 1967: usare il petrolio come arma politica nel conflitto arabo-israeliano. Di
fronte alle difficoltà seguite all’iniziale successo dell’attacco egiziano nel Sinai ed agli immediati rifornimenti
militari Usa ad Israele, i Sauditi, che dall’avvento di Sadat alla presidenza erano tornati ad allearsi con
l’Egitto, si unirono agli altri membri dell’Organizzazione dei produttori arabi di petrolio (Oapec) per adottare
una riduzione mensile della produzione petrolifera, finché Israele non si fosse ritirato dai territori arabi
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occupati nel ‘67; i Sauditi decisero poi un embargo commerciale, unilaterale ed immediato, contro gli alleati
di Israele (Usa in primis). Per i Paesi consumatori di petrolio, la riduzione della produzione e l’embargo
ebbero ripercussioni politiche ed economiche ampie, che i Sauditi cercarono di contenere. In ogni caso, gli
effetti dell’embargo consentirono comunque all’Opec (l’organizzazione di cartelli dei produttori petroliferi
mondiali) di quadruplicare il prezzo del petrolio nel 1973: il conseguente aumento della rendita petrolifera
saudita fu così enorme da aprire una nuova era nella storia del Regno. Così, il governo saudita acquistò il
controllo dell’Aramco e la compagnia cambiò perciò il nome in Saudi Arabian Oil Company (o Saudi Aramco).
Nel 1975 si concluse, col suo drammatico omicidio, anche il regno di Re Feisal (1964-1975), regno che fu
caratterizzato dal consolidamento del consenso nella famiglia regnante e da una forte modernizzazione
‘tecnica’, cioè svolta all’insegna della conservazione dei principi wahhabiti. Per realizzare questo tipo di
modernizzazione, Feisal portò progressivamente gli ulema sotto il controllo statale, con stipendi e cariche
elargite ai religiosi più moderati ed inclini a legittimare le scelte governative con apposite fatwa (parere
giuridico-religioso). Sotto Feisal, la famiglia reale si era ricompattata, grazie al comune interesse nel gestire
la ricchezza statale spartendosi gli incarichi di governo, e la modernizzazione ‘tecnica’ aveva portato alla
nascita di una borghesia di tecnocrati (i primi Sauditi istruiti all’estero) e di appaltatori dei contratti statali,
tutti dipendenti dalla famiglia reale per la propria posizione. Sotto Feisal, anche gli altri strati della
popolazione erano divenuti sempre più dipendenti dalla spesa pubblica, grazie ai servizi (quali l’istruzione e
l’assistenza sanitaria gratuita), gli stipendi e le elargizioni statali. La modernizzazione ‘tecnica’ voluta da
Feisal (e continuata dai suoi successori) lasciò tuttavia intatti i tradizionali costumi sociali tribali e religiosi.
Seppur cauta, la modernizzazione non procedette senza problemi: ad esempio, nel 1965 la prima emittente
televisiva poté entrare in funzione solo dopo la repressione di manifestazioni contrarie, durante le quali fu
ucciso un nipote dello stesso Re. Nel 1975, il fratello dell’ucciso vendicò la sua morte, uccidendo re Feisal
con un colpo di pistola durante la tradizionale udienza reale. Così ascese al trono re Khaled, il quale nominò
come suo erede il fratellastro Fahd. Khaled non amava governare e, pur restando in carica, svolse
soprattutto un ruolo cerimoniale, mentre le responsabilità politiche andarono, di fatto, a Fahd ed ai suoi sei
fratelli, i quali ricoprivano le principali cariche di governo. Gli anni del breve regno di Khaled (1975-1982)
furono il momento di massima ricchezza dell’Arabia saudita, che moltiplicò la sua influenza internazionale
attraverso il sostegno alle grandi istituzioni internazionali (come l’Fmi), ai governi amici, ad una serie di
cause politiche e, soprattutto, alla diffusione della predicazione dell’islam salafita wahhabita. Sotto Khaled
continuarono i faraonici programmi di sviluppo delle infrastrutture e dei servizi ed iniziarono i tentativi di
diversificazione dell’economia, tramite lo sviluppo sovvenzionato di industria ed agricoltura. Verso la fine di
questo periodo di apogeo cominciarono però ad emergere vecchi e nuovi aspetti della grande vulnerabilità
del Regno, dovuta alla combinazione delle sue caratteristiche strutturali (l’aridità del territorio, la scarsità
della popolazione, la dipendenza dalle risorse petrolifere), con la peculiarità religioso-dinastica della
legittimità politica del Regno.
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