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L’ ANTROPOLOGIA ITALIANA: GRAMSCI E DE MARTINO.

Introduzione.

La riscoperta di un sapere antropologico nel panorama intellettuale italiano

significava sviluppare un approccio INNOVATIVO nell’azione ricostruttiva

dello stile di ricerca e dei modi di ragionare dell’antropologia sociale e culturale

in uso.

In particolar modo, nello scenario intellettuale sovrastano 2 principali istanze:

necessità di NUOVI saperi forti e semplificati

1) La che: offrano certezze,

connessi a essenzialismi e a stereotipi culturali

riproduzione di antiquati schemi ideologici

2) la e scorciatoie polemiche

camuffate da critica scientifica 

A fronte di una simile esigenza, si percepisce il bisogno di elaborare gli

elementi di base di un’antropologia sociale e culturale a partire dalla critica

socio-culturale italiana, quella che coinvolge sia Antonio Gramsci che Ernesto

de Martino.

Nella attuale comunicazione (pubblica, politica o culturale), quando si parla di

“differenza antropologica” per intendere l’IMPOSSIBILITA’ della riduzione

della distanza a livello socio-culturale, ci si riferisce, in realtà, alla

<< PLURALITA’ delle forme culturali INTERNE ad una comunità e NON a differenze

biofisiche >>

Un perfetto esempio è l’accezione della parola “razza”: in Italia, autori come

 Antonio Gramsci usarono CONSAPEVOLMENTE quella parola, cercando, ALLO

STESSO TEMPO, di essere sensibili contro il razzismo, negando a questo

fenomeno la capacità di discernere le differenze culturali tra esseri umani ma,

CORRESPONSABILE nella produzione delle disuguaglianze

anzi, ritenendolo

sociali la Costituzione

promulgata il 1 Gennaio 1948, attivava quell’articolo

a soli 10 anni dalle leggi razziali, emanate nel 1938: si rendeva necessario

ribadire il principio di uguaglianze usando la nozione di razza per riportarla ad

una precedente neutralità ne risulta condivisa la valutazione della

NECESSARIA distanza tra il concetto di “differenza” e di “disuguaglianza” sul

piano piano del senso comune italiano vigente si riaffacciano per tutti alcuni

interrogativi:

In che modo la complessità plurale delle forme di vita sociale, culturale e

politica può costituire oggetto di scienza?

Come possono i punti di vista locali e non immediatamente ascritti alle

scienze globali, ritrovare un diritto di cittadinanza nel mondo attuale?

La “egemonia”.

Antonio Gramsci. Vediamo brevemente la storia personale del filosofo e

sociologo:

•Gramsci nacque ad Ales nel 1891 e visse la sua gioventù a Ghilarza (in

Sardegna).

•Nel 1921, a Livorno, il Partito Comunista d’Italia (PCI) e ne fu il dirigente in un

primo momento.

•Viene arrestato dalla polizia fascista nel 1926 nonostante l’immunità

parlamentare, dopo un brevissimo confino a Ustica.

•Nell’ottobre 1934 venne accolta la sua richiesta di libertà condizionale e

venne trasferito in diverse cliniche per problemi di salute.

•Morì nel 1937 a 47 anni per emorragia cerebrale alla clinica “Quisisana” di

Roma : le sue ceneri vennero poste al cimitero Acattolico di Roma, dove

stanno attualmente.

La sua opera consiste in 3 blocchi di scritti:

1. Opere precarceriare

2. Quaderni del carcere

3. Lettere dal carcere

Egli influì molto su numerosissime discipline nel secondo dopoguerra,

“Lettere dal carcere”,

soprattutto grazie al saggio pubblicato postumo, nel

1948 Gramsci, in particolar modo, è importante per l’antropologia in quanto

ha incluso nelle teorie marxiste classiche la sua peculiare nozione di cultura:

per studiare la cultura in quanto “produzione umana”, lo studioso ritiene che

essa NON esista DI PER SE’ ma che sia COSTRUITA, fabbricata, prodotta da

persone reali che vivono in gruppi situati in contesti SPECIFICI e PLURALI,

contesti che, nell’insieme dei loro rapporti, si definiscono “società”.

Questi strumenti realizzano la nozione di “egemonia culturale”: col termine

“egemonia” intendiamo:

<< la direzione morale di intere moltitudini popolari e nazionali NON sulla base di

potere coercitivo, bensì attraverso il consenso popolare nei confronti dello Stato,

prodotto PROPRIO da questa istituzione attraverso la sua permanente attività culturale

>>

Gramsci fonda una vera e propria “antropologia dello Stato”, intesa come

<<un rapporto tra lo Stato e il corpo>>, ovvero come lo studio della capacità

statuale di costruire consenso e una dimensione abituale facendo apparire

tutto questo come una produzione SPONTANEA di quelle moltitudini che

derivano dallo Stato stesso.

Ernesto de Martino. Vediamo brevemente la storia personale del sociologo

e antropologo:

• Nacque a Napoli nel 1908

• A Torino, de Martino studiò filosofia alla Facoltà di ingegneria, per poi passare

a studiare filosofia a Napoli.

• In giovanissima età si iscrisse al Partito fascista ma, successivamente, se ne

allontanò, diventando partigiano e scoprendosi un socialista.

Sempre in questo periodo, coltivò il suo interesse scientifico per la religione,

abbandonandolo per un generale interesse per l’essere umano.

“Naturalismo e storicismo nell’etnologia”;

• Nel 1941 uscì il suo primo volume

“Il mondo magico”

nel 1948, uscì questi volumi inaugurarono la “Collana

viola”, la collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici.

• De Martino morì prematuramente nel 1965.

Nell’antropologia italiana, tra queste due figure sono ben 17 anni di differenza

e sono così tanto diverse da aver stabilito un vero e proprio “asse”,

approfondito specialmente dall’allieva di de Martino, Clara Gallini: si

tratterebbe di una vera e propria antropologia italiana a vocazione marxista e

antifascista che parte dalla fine dell’Ottocento/primi del Novecento sino al

secondo dopoguerra.

La “presenza”.

Ernesto de Martino è noto per il suo concetto di “presenza” e di “crisi della

presenza”.

La “presenza” viene concepita come:

<< la capacità umana di affrontare il rapporto con il mondo esterno,

trascendendolo e oggettivandolo >>

Se tale capacità si INCRINA, la presenza vive una “crisi” e tutto ciò che è

negativo prende il SOPRAVVENTO, NON potendo essere trasceso.

Esempio stupido : un conto è avere la capacità di “avere il controllo” sulla

propria vita (l’organizzazione dei diversi impegni di studio o di lavoro, del

tempo libero, del coltivare le proprie amicizie, ecc.) ma tutt’altra storia è la

consapevolezza di NON avere questo controllo i diversi impegni si

accavallano tra loro, non si riesce a portarli a termine tutti, non si riesce a

controllare l’energia per poter affrontare tutti gli impegni, non trovare il tempo

per coltivare le proprie amicizie né i propri hobbies.

Il concetto di presenza è stato ripreso da de Martino dalla filosofia

 esistenzialista di Martin Heidegger, il quale aveva parlato filosoficamente di

presenza come di un “esserci” (“dasein”, in tedesco), come di un progetto, in

cui il “ci” assumeva un’importanza notevole evocando un contesto, un luogo

e, quindi, un RAPPORTO.

È solo tramite l’ALLONTANAMENTO dall’accezione ASTRATTA e incorporea,

 psicologica e filosofica del concetto di presenza e un avvicinamento alla

declinazione più corporea e concreta dell’antropologia socioculturale (nella

fattispecie religiosa) si può far emergere la dimensione politica della

nozione di presenza: perché questo concetto sia declinato per quello che è, a

nostro avviso, riguarda una POTENTE capacità di agire. “Il mondo magico”

L’indole politica della “presenza” demartiniana. Ne

(1948), de Martino esprime quella che si potrebbe definire l’indole politica della

presenza umana, sia per quanto riguarda il mondo extraeuropeo (lavori teorici,

antropologici e filosofici) sia nei lavori sulla magia nell’Italia meridionale.

La proposta demartiniana è un confronto dialettico tra culture occidentali

e non-occidentali, con interpretazioni antropologiche delle contraddizioni

interne ed esterne: la realtà NON è unica ma si introduce una molteplicità, così

da poter aprire la categoria occidentale di realtà in particolar modo, esistono

due livelli di confronto:

Livello collettivo

a) : confronto tra cultura 1, cultura 2, cultura X secondo

diversi parametri (struttura sociale, religione, arte, musica, linguaggio,

economia) in modo astorico e non giudicante.

Livello individuale

b) : si tratta di una tipologia di confronto che si basava sugli

stessi parametri del livello collettivo ma questo si applicava alle singole

persone.

La presenza umana nel mondo e la sua crisi sono definite da de Martino in

rapporto alla dimensione della magia, rappresentata dallo sciamanesimo.

<< Nella magia la presenza è ancora impegnata a raccogliersi come “unità” in

cospetto del mondo, a trattenersi e a limitarsi […] correlativamente il mondo

non è ancora allontanato dalla presenza, gettato davanti ad essa e ricevuto

come indipendente. In questa situazione storica, in questo dramma culturale, la

“presenza al mondo” e il “mondo che si fa presente” sono in continua contesa

per la definizione delle reciproche frontiere, una contesa che implica atti di

guerra, sconfitte e vittorie, come anche tregue e compromessi >>

L’antropologia “politica”. Per “antropologia politica” si intende

<< una particolare declinazione critica dell’antropologia sociale e culturale

come concepire la presenza come una politica della vita per: liberarsi dal

controllo delle istituzioni, come impregnarsi per il cambiamento sociale >>

L’Antropologia politica, per quanto riguarda Antonio Gramsci, riguarda una

lettura di antropologia contemporanea: ciò significa convalidare un approccio

CRITICO che ogni antropologia dovrebbe assumere nella propria impostazione

per il fatto che essa trae COSTANTEMENTE dall’esperienza e dalle prassi umane

gli elementi per un’INCESSANTE progressione di teoria e di metodo, prodotta

dal loro intreccio in tal senso, l’antropologia socio-culturale va configurandosi

come una filosofia con molto esempi concreti o come una sociologia

iperqualitativa che tenda a dilatare la permanenza sul campo in lungh

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eleninaderiu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Cossu Tatiana.
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