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antropologica. DIRITTI UMANI ED ETNOCENTRISMO CRITICO
La tensione tra il discorso umanitario e quello antropologico resterà importante negli anni.
venne incaricato negli anni di scrivere una critica dell’ideologia razzista dall’UNESCO. Il
Lévi-Strauss Cinquanta
volume che ne esce risulta in un saggio di confutazione del razzismo “scientifico” e delle teorie
“Razza e storia”
sull’ineguaglianza e nell’affermazione del principio di differenza culturale.
Egli sostiene che una volta superata l’idea del razzismo biologico, la differenza tra le culture umane resta un problema
complesso da affrontare e l’uguaglianza naturale degli esseri umani non basta a superarla
- Lévi-Strauss propone quindi una critica all’etnocentrismo, ma si dichiara preoccupato anche dall’omologazione
culturale
- Ritiene che ogni cultura contribuisca alla civiltà umana nell’osservare le differenze che la separano dalle altre.
- Nella sua visione le da cui l’individuo non può uscire e che deve difendere.
culture sono quasi delle «prigioni»
Secondo la celebre metafora del francese, le culture sarebbero come dei treni, che circolano ognuno sul suo
binario: se ne vediamo una che va in una direzione simile riusciamo a capirne in parte i tratti e a distinguerne i
passeggeri, se invece ne vediamo una che va in direzione opposta probabilmente faremo appena in tempo a
notarla, e il viaggiatore che si trova all’interno di un treno in corso coglierà gli altri treni sempre in modo fuggevole e
distorto
Negli anni la sua posizione è stata considerata eccessivamente essenzialista e l’antropologia ha smentito l’idea di
culture come entità stabili e nettamente definite che incombono sull’individuo
I DIRITTI UNIVERSALI
antropologo italiano, propone la soluzione dell’etnocentrismo critico, come posizione che
Ernesto De Martino,
l’individuo può assumere nell’incontro culturale, che viene a formarsi grazie alla conoscenza delle teorie etnografiche
Tra gli anni Quaranta e Sessanta si occupò di superare quella che lui definiva la fallacia dell’etnologia positivistica,
ovvero la pretesa di studiare le altre culture assumendo come scontata quella datità del reale, che è invece un
prodotto specifico delle culture stesse. Allo stesso tempo però, De Martino non sosteneva che il relativismo sarebbe
stato l’antidoto all’etnocentrismo, poiché affermava che non è possibile per nessuno uscire dalla storia culturale in cui
è nato. Non possiamo ignorare la nostra etica e la nostra morale, quando incontriamo l’altro.
Dobbiamo allora partire dalle nostre “fedeltà” culturali, non per riaffermarle costruendo l’altro come “meno umano” di
noi, quanto invece per ampliare la nostra consapevolezza dei modi in cui si sono costruite storicamente le condizioni
del nostro modo di essere umani.
Questa posizione venne criticata, in quanto sembra che l’altro diventi solo una scusa per migliorare sé stessi. De
Martino non concordava, sostenendo come prendere sul serio il punto di vista dell’altro non serviva solo a migliorare
sé stessi, bensì per un comune accrescimento.
non c’è alcuna risposta a certa ai dubbi posti : questo possiamo considerarlo come un “benvenuto” alla pratica
——->
di riflessione antropologica, basata sulle svariate declinazioni dell’essere umano in quanto animale sociale e culturale.
IL METODO ETNOGRAFICO
Modulo 4 Proviamo a costruire la storia della “ricerca sul campo”:
o è una definizione con cui vengono descritti gli antropologi
“Armchair anthropologist” “antropologi da tavolino”
evoluzionisti, in riferimento alla loro metodologia che vedeva la raccolta dei dati e la loro elaborazione come due
momenti separati e che quindi non si recavano sul campo.
Nelle opere degli antropologi da tavolino, si nota una vena letteraria che sarebbe stata prima ripudiata e poi ritrovata in
tempo più moderno.
Ad esempio l’opera di rappresenta un esempio classico di antropologia
James G. Frazer, “Il ramo d’oro”,
evoluzionista. Il volume esplora quello che lui definisce il attraverso una comparazione astratta tra dati
pensiero magico
provenienti da molte parti del mondo, proponendo un’esplorazione letteraria dell’inconscio europeo.
quasi un’analisi freudiana del “cuore di tenebra” della civiltà contemporanea.
——->
È scorretto affermare che gli antropologi evoluzionisti sottovalutassero l’importanza della raccolta dei dati,
semplicemente lo pensavano come un momento da tenere separato da quello dell’elaborazione teorica.
Nel 1870 infatti, venne prodotto un testo chiamato che doveva servire da guida
Notes and Queries on Anthropology,
per coloro che andavano sul campo : gli antropologi ritenevano che il ricercatore sul campo e il comparativista
dovessero avere due ruoli completamente diversi e pertanto da mantenere separati.
Questo modo di intendere la ricerca sarebbe rimasto invariato fino agli anni Venti e alla rivoluzione etnografica che
avrebbe trovato il suo culmine nella figura di Malinowski.
IL PARTICOLARISMO STORICO
di origine tedesca, fu tra i negli Stati Uniti, nonché critico
Franz Boas, fondatori dell’Antropologia Culturale
dell’antropologia evoluzionista, sia in termini teorici che metodologici.
- Egli sosteneva la necessità della ricerca sul campo, anche se non la praticherà per lunghi periodi.
- Diede infatti un contributo fondamentale all’elaborazione di un approccio alla ricerca significativamente diverso da
quello proposto dai colleghi oltreoceano.
- Nel pubblicò un fondamentale articolo di critica alle teorie evoluzionisti e comparativiste, chiamato
1896 «I limiti del
metodo comparativo dell’antropologia»
Limite del metodo comparativo :
Secondo Boas è necessario concentrarsi sull’osservazione di un singolo
diretta delle caratteristiche culturali
gruppo sociale, per determinarne le capaci di dare origine a i tratti
specifiche, uniche e irripetibili cause storiche
culturali oggetto d’indagine.
Solo attraverso l’attenzione alle cause storiche, contestuali e ambientali si possono costruire comparazioni di portata
limitata e informate, diversamente da quelle spesso astratte degli antropologi evoluzionisti
Ogni contesto culturale ha delle vicende storiche uniche, per cui è importante indagare l’origine storica di
———>
ogni cultura. La comparazione può essere fatta solamente nel caso in cui le storie siano simili tra le culture osservate.
Boas specifica le fondamentali differenze tra il metodo comparativo e il sul campo, ritenendo
metodo da lui applicato
che sia:
- Metodo, che da diversi punti di vista molto più sicuro.
- Studio dettagliato dei costumi, in connessione con un’indagine sulla loro distribuzione geografica tra le tribù vicine
- Strumento per determinare le cause storiche che conducono alla formazione dei costumi e dei processi psicologici
- La sua applicazione è basata su un territorio geografico piccolo e ben definito e la sua comparazione non si
estende oltre i limiti dell’area culturale su cui si basa lo studio
Così facendo pose la base della caratteristica principale dell’antropologia ancora oggi: lavorare in profondità su
contesti e gruppi piccoli —-> approccio qualitativo piuttosto che quantitativo
Vi sono che Boas offre alla riflessione metodologica in antropologia:
tre principali contributi
1. L’importanza attribuita alla storia
Egli ritiene che non è scontato che similitudini tra gruppi umani siano il prodotto delle stesse cause; questo perché
piuttosto che generate da leggi universali, le società potrebbero essere più semplicemente prodotta da condizioni e
motivazioni differenti.
Ritiene dunque che non c’è alcuna base scientifica per usare i casi etnografici nella costruzione di scale evolutive,
come invece ritenevano gli evoluzionisti.
La ricerca di campo deve dunque comprendere le origini storiche di specifici costumi e credenze in contesti circoscritti
2. L’attenzione ai processi psicologici individuali
Egli era interessato a comprendere in che termini i modelli sociali di comportamento venissero riprodotti e modificati
dagli individui che li adottano, postulando una reciproca influenza tra il singolo e la cultura.
Questo filone è stato poi proseguito nella tramite il lavoro delle sue allieve,
“Scuola di cultura e personalità”
soprattutto con importanti studi dei processi educativi e di genere.
Margaret Mead,
3. L’elaborazione del concetto di area culturale.
Egli fa riferimento a un territorio geografico determinato, in cui fosse possibile riconoscere tratti culturali simili
: restringere il campo d’indagine in cui operare le comparazioni tra casi etnografici diversi
——> scopo
[ Tale prospettiva sarebbe stata utilizzata in maniera profondamente differente dalla corrente del ]
diffusionismo
MALINOWSKI E L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE
A partire dagli si inizia a superare l’idea che qualsiasi sguardo possa essere neutrale e
anni Venti del Novecento,
capace di raccogliere i dati etnografici, cominciando a immaginare che osservazione e interpretazione scientifica
abbiano bisogno l’una dell’altra. L’etnografo sul campo non riesce a descrivere adeguatamente ciò che vede se non
possiede una seria preparazione scientifica, ma al contempo il teorico non può comprendere fino in fondo senza
averla conosciuta con un contatto diretto e ravvicinato
considerato il si inserisce nel percorso di Boas e
Malinowski, fondatore della moderna tradizione etnografica,
delle spedizioni organizzate dall’università di Cambridge. Sarà colui che proporrà una strutturazione e definizione della
ricerca di campo etnografica e delle relative metodologie d’indagine.
Egli nasce in Polonia e si forma a Londra. Durante la prima guerra mondiale trascorse lunghi periodi di ricerca
nell’arcipelago Qui Malinowski condusse una ricerca etnografica caratterizzata dal suo
melanesiano delle Trobriand.
essere lunga, intensiva e solitaria, vivendo non al margine dei villaggi ma al loro interno, documentando in maniera
olistica tutti gli aspetti della cultura e della vita quotidiana dei nativi.
Quando tornò in Europa, pubblicò nel il famoso che in breve tempo
*
1922 “Argonauti del Pacifico occidentale”
divenne il manifesto di un nuovo modo sia di fare ricerca che di presentarne i risultati.
Il suo approccio concluse infatti la stagione della separazione tra pratica della ricerca ed elaborazione teorica.
Quali sono gli aspetti caratteriz