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1. METODO AL VIOLETTO DI GENZIANA
a) Sezioni sparaffinate o al criostato si portano all’acqua: in soluzione di violetto
di genziana all’1% per 10 secondi per le sezioni al criostato e 10 minuti per
le sezioni in paraffina
b) Lavare in acido acetico al 2% per 2-3 minuti
c) Lavare in acqua distillata
d) Montare in glicerina. Lutare
RISULTATO: amiloide in rosso, il rimanente tessuto in blu
2. ROSSO CONGO
a) Sezioni sparaffinate o sezioni al criostato si portano all’acqua e in soluzione
acquosa di rosso Congo all’1% per 15-20 minuti
b) Immergere in carbonato di litio all’1% per 30 secondi
c) Lavare in acqua distillata
d) Alcool a 95
e) Alcool 99. Xilolo. Balsamo
RISULTATO: amiloide in rosso
Caratteristica birifrangenza verde dell’amiloide se osservata al microscopio a
luce polarizzata
3. TIOFLAVINA T: l’osservazione necessita del microscopio a fluorescenza. Questo
strumento emette raggi ultravioletti che vengono assorbiti dall’amiloide la quale è
stata colorata con la tioflavina T, quest’ultima eccitandosi produce un’energia
luminosa giallastra evidenziabile in campo oscuro
a) Fissare in formalina e includere in paraffina
b) Sparaffinare e portare le sezioni all’acqua
c) Immergere in Tiofiavina T per 3 minuti
d) Lavare rapidamente in acqua distillata
e) Montare in glicerina e lutare
RISULTATO: amiloide fluorescente. Conservare al buio
ISTOENZIMATICA:
- Le tecniche istoenzimatiche hanno l’esigenza di essere impiegate su tessuti congelati
- L’impiego di particolari substrati permette di ottenere, come prodotto della attività
dell’enzima (se presente nel tessuto), una sostanza insolubile e colorata che può essere
evidenziata con il microscopio ottico
- Le reazioni istochimiche enzimatiche ed in particolare la reazione alcalina per evidenziare
l’attività adenosintrifosfatasica (ATPasi, pH 9,6) permettono una differenziazione più netta
tra i due principali tipi di FIBRE MUSCOLARI:
Fibre di tipo I (miofibre a contrazione lenta e resistenti alla fatica), che si colorano in
o
modo tenue appaiono scure per la prevalenza di attività enzimatiche
mitocondriali
Fibre di tipo II (miofibre a contrazione rapida e poco o pochissimo resistenti alla
o fatica), che si colorano intensamente di nero
Le fibre di tipo II sono caratterizzate da una CONTRAZIONE VELOCE, assai
più breve e potente rispetto alle fibre di tipo I
Esse hanno una scarsa resistenza allo sforzo. Queste fibre producono
energia per via anaerobia per l’azione di enzimi quali la glicogeno-fosforilasi.
Realizzano contrazioni rapide e di breve durata. Reagiscono all’allenamento
diventando ipertrofiche
Appaiono chiare per un minor contenuto enzimatico
- I tipi di fibre che compongono i muscoli scheletrici nell’uomo sono mescolati in modo
abbastanza uniforme, formando un mosaico di fibre chiare di tipo I e scure di tipo II dopo
colorazione con ATPasi a pH alcalino
- I due tipi di fibre si presentano in % diversa da muscolo a muscolo in relazione al tipo ed
intensità della contrazione del muscolo stesso.
- Reazione enzimoistochimica per l’ATPasi a pH 9,6. Le fibre di tipo I (lente) appaiono chiare
mentre le fibre di tipo II (rapide) sono colorate in nero per l’elevata quantità di idrolasi
presente nel sarcoplasma
- NADH TETRAZOLIO REDUTTASI MUSCOLARE:
Riflette la densità dei mitocondri
Più elevata nelle fibre I che in quelle II
- La colorazione all’acido periodico di SHIFF (PAS) mostra una positività diffusa nel
sarcoplasma delle fibre, legata alla presenza di glicogeno, una sostanza finemente
granulosa distribuita lungo le miofibrille
IBRIDAZIONE IN SITU:
- Svelare la presenza di precise sequenze polinucleotidiche a DNA o RNA
Acidi nucleici virali
RNA delle cellule
DNA cromosomico
- Mediante impiego di sequenze nucleotidiche (probe) complementari ai bersagli da
individuare
- I probes sono opportunamente marcati con enzimi (digossigenina o biotina)
- Il loro legame è svelato con opportuni sistemi di rivelazione:
Per esempio, anticorpi anti-digossigenina coniugati con perossidasi e successiva
applicazione di opportuno cromogeno (DAB)
L’ibridazione in situ rivela acidi nucleici in campioni cito-istologici morfologicamente preservati.
La tecnica prevede la formazione di ibridi di acidi nucleici costituiti da DNA endogeno a catena
unica (denaturata) o mRNA e da una sequenza completamente di acidi nucleici esogeni a
singola catena marcata con RADIOISOTOPO, con tracciante fluorescente (FISH) o con
cromogeni osservabili in microscopia ottica (CISH) o con silver (SISH)
IMMUNOISTOCHIMICA:
metodo per localizzare antigeni specifici nei tessuti o cellule (immunocitochimica). Metodo
basato sul riconoscimento ANTIGENE-ANTICORPO.
La visualizzazione dell’avvenuto legame antigene-anticorpo è dovuta ad un enzima che
catalizza una reazione che sviluppa la colorazione di un substrato evidenziale al
microscopio ottico. In alternativa la colorazione può essere conferita da un fluorocromo
(immunofluorescenza) evidenziabile al microscopio a fluorescenza.
ANTIGENE: sostanze, per lo più proteiche, estranee all’organismo in grado di indurre una
risposta immunitaria quando iniettate in una specie animale sono in grado di provocare la
produzione di anticorpi o l'instaurarsi di una risposta cellulo-mediata
(Sostanza estranea che innesca una risposta immune attraverso la produzione di anticorpi
specifici quando introdotta in un animale).
ANTICORPI POLICLONALI - Iniezione di Ag (proteine, rivestimenti di batteri, parti di virus)
in animale di media e grande taglia: coniglio, pecora, maiale, cavallo e dopo 6 settimane si
ha la risposta primaria produzione di Ab di tipo IgM.
Se altre proteine hanno almeno un epitopo uguale a quello presente nell’Ag ricercato
all’antisiero, vi si legherà e darà una colorazione aspecifica
ANTICORPI MONOCLONALI: PRODOTTI DA UN UNICO CLONE. UNICO CLONE CHE
REAGISCE VERSO UN EPITOPO DI QUELLA SOSTANZA. Si immunizzano animali di
piccola taglia come topo, ratto, coniglio e si ottiene una risposta primaria (IgM) e dopo
successive iniezioni di Ag si avrà la risposta secondaria (IgG). Viene utilizzata una
procedura di ingegneria genetica detta tecnica degli ibridomi dove l’ibridoma è la fusione di
un linfocita B (sensibilizzato) e una cellula di mieloma (plasmacellula tumorale). Con una
procedura complessa viene isolato un solo clone di linfociti B che produce gli anticorpi per
un solo epitopo; questi linfociti morirebbero rapidamente in coltura, vengono immortalizzati
fondendoli con cellule tumorali della stessa specie e poi mantenute indefinitamente in
coltura per avere una produzione di anticorpi monoclonali
Esistono numerose preparazioni di anticorpi:
1) LA FRAZIONE DI SIERO INTERO che si ottiene con procedure semplici e poco costose
(centrifugazione del sangue). Oltre agli anticorpi specifici per l’Ag contiene: proteine,
elettroliti ed altri anticorpi del sistema immunitario. Questi ultimi sono responsabili della
cross-reattività con alcune componenti del tessuto. Ne può derivare una colorazione
aspecifica
2) LA FRAZIONE IMMUNOGLOBULINICA viene isolata mediante cromatografia a scambio
ionico. Viene eliminata la cross-reattività dovuta ad altri anticorpi aspecifici. Contiene una
minima quantità di proteine sieriche che possono essere eliminate tramite ulteriori
procedure di purificazione
ANTICORPI PRIMARI permettono, mediante legami ad alta affinità con specifici epitopi
di individuare antigeni di varia natura. Essi si dividono in monoclonali (riconoscono un solo
epitopo di uno specifico antigene) e policlonali (provengono da più cloni di cellule B e
pertanto presentano una specificità verso numerosi determinanti antigenici)
ANTISIERI: sono prodotti per mezzo dell’immunizzazione di animali sani con appropriati
antigeni. Piccoli campioni di sangue sono successivamente prelevati dall’animale e su
questi si da un’analisi quantitativa della presenza degli anticorpi desiderati (test ELISA).
Il sangue viene raccolto usando una tecnica asettica all’interno di contenitori sterili (in presenza
di eparina o altro anticoagulante)
Con successive iniezioni inducono risposta secondaria produzione di abbondanti IgG si pratica
quindi il salasso animale. La frazione anticorpale viene quindi purificata dal siero per mezzo
di successive precipitazioni (etanolo e ammonio solfato) o di cromatografia ad alta
risoluzione. Dopo questa purificazione si determina il titolo degli anticorpi, solitamente per
mezzo di saggi biologici o immunologici.
IMMUNOISTOCHIMICA la metodica di immunoistochimica si esegue su tessuti congelati o
fissati e inclusi in paraffina. La formalina non è ideale per tutti gli Ag per cui è necessaria la
digestione enzimatica con proteasi quali:
- Pepsina
- Tripsina
- DNAsi
- Proteasi K
- Pronasi
1991 SMASCHERAMENTO ANTIGENICO riscaldamento ad elevate temperature delle
sezioni in paraffina in opportune soluzioni (tampone citrato) e diversi pH in forno a
microonde o pentola a pressione
1940 IMMUNOFLUORESCENZA in sezioni al criostato
1974 PRIME APPLICAZIONI IN PARAFFINA
1990 generale applicazione in anatomia patologica
Esistono 4 diversi metodi di immunoistochimica:
1) METODO DIRETTO
a. L’anticorpo è rivolto in maniera specifica contro l’antigene
b. L’identificazione avviene grazie all’uso di anticorpi direttamente coniugati con
fluorocromi o enzimi
c. Nel caso di Ab coniugati con enzimi, l’applicazione di un substrato cromogeno
permette la formazione di un prodotto colorato che precipita e localizza l’antigene
La coniugazione è una procedura che lega chimicamente un anticorpo con
o alcuni marcatori (enzimi o fluorocromi)
L’anticorpo primario si lega all’antigene e viene localizzato da un opportuno
o sistema di rivelazione
VANTAGGI: rapidità nell’esecuzione e alta specificità
SVANTAGGI: difficoltà nell’ottenere un diverso anticorpo coniugato per ogni differente
antigene da individuare
Il metodo è generalmente utilizzato per la rivelazione di immunoglobuline, proteine del
complemento e depositi di immunocomplessi (metodo utilizzato sulle biopsie renali o cute
in immunofluorescenza)
2) METODO INDIRETTO
a. L’antigene viene fatto reagire con un anticorpo primario non coniugato.
b. Al complesso antigene-anticorpo si legano poi uno o più anticorpi secondari
coniugati con molecole di marcatore (enzima o fluorocromo)
c. l’anticorpo primario si lega all’antigene e l’anticorpo secondario marcato si lega alla