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ANALISI MATEMATICA I

Teoria

UNIMORE

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA

Filippo Ribes

Autore degli appunti: Filippo Ribes

Gli appunti sono stati scritti prendendo informazioni da fonti varie, quali professori universitari di UniMORE e ricerche online.

CAPITOLO II

Quando usare il principio di induzione

Il principio di induzione si utilizza quando è richiesta la dimostrazione di una proprietà, di un teorema, di una proposizione che vale per numeri naturali; ovvero quando ci troviamo di fronte a enunciati tipo: "Dimostrare che ∀n ∈ N vale P(n)".

Cosa dice il principio di induzione

Il principio di induzione afferma che:

  • se P è vera per n = 0, cioè P(0) è vera,
  • se P è vera per n = k ⇒ P è vera per n = k + 1, cioè P(k) vera implica P(k + 1) vera.

Allora P è vera per tutti gli n ∈ N.

  1. Il punto 1 si dice base di induzione
  2. Il punto 2 si dice passo induttivo e P(m) è detta ipotesi induttiva.

Esempio

Supponiamo di avere un robot a cui ordiniamo di costruire un edificio di due piani, dicendogli di utilizzare 10 pezzi per piano: uno per il pavimento, 4 per le pareti e uno per il soffitto.

Piano dopo piano, dobbiamo dirgli ogni volta come assemblare i pezzi. Se dobbiamo costruire un edificio di infiniti piani, non possiamo però ripetere ogni volta come procedere per ogni piano. Ma, visto che si procede sempre allo stesso modo per assemblare i pezzi, possiamo dirgli come costruire un piano qualsiasi a partire dal precedente utilizzando il principio di induzione.

Possiamo infatti pensare:

  • al pavimento (ad infiniti piani) da costruire come alla nostra proposizione P da verificare per n ∈ N,
  • alla costruzione del piano terra come alla base di induzione, cioè alla verifica che P(0) sia vera,
  • al piano precedente come all'ipotesi induttiva,
  • al piano da costruire a partire dal precedente come alla verifica di P(k + 1).

CAPITOLO III - Numeri complessi

Introduzione ai numeri complessi

Nell'insieme ℝ dei numeri reali sono presenti delle "limitazioni" di calcolo, qui non è infatti possibile estrarre la radice n.esima con indice pari di un numero negativo né risolvere le equazioni di secondo grado con delta (Δ) negativo.Per questo motivo si sono introdotti i numeri complessi.

Definizione numeri complessi: come giustificazione dei numeri reali

Partendo dall'equazione x2 + 1 = 0 ⇔ x2 = -1 introduciamo il valore di i detto unità immaginaria, definito come la radice quadrata di -1. Ecco che allora l'equazione precedente ammette come soluzione le due radici complesse distinte x1,2 = ±i.Definiamo quindi l'insieme dei numeri complessi ℂ come tutti e soli i numeri della forma a + ib, con a,b numeri reali. Tale è la forma algebrica di un numero complesso (o forma cartesiana).

Parte reale e parte immaginaria di un numero complesso

Sia z = a + ib un qualsiasi numero complesso.Se numero reale a si dice parte reale, parte immaginaria b si indicano rispettivamente Re(z) e Im(z).I numeri complessi aventi parte reale nulla, ossia i numeri della forma z = ib, con b∈ℝ, si dicono immaginari puri.

Piano di Argand-Gauss

I numeri complessi sono in corrispondenza biunivoca con i punti del piano detto piano complesso o piano di Argand-Gauss. Entro il numero complesso z = a + ib si associa il punto del piano di coordinate cartesiane (a,b) = (Re(z), Im(z)).In parole povere, il piano di Argand-Gauss è un piano cartesiano leggermente modificato, l'asse delle x infatti è chiamato asse reale e quello delle y asse immaginario.

Partendo dalla scrittura z = r [cosθ + i sinθ] applichiamo la seguente formula

al variare di k la formula per le radici del numero complesso t descrive tutte le radici m-esime di z.

Dimostrazione della formula di De Moivre.

Teorema fondamentale dell' algebra

Il teorema fondamentale dell’ algebra afferma che ogni polinomio a coefficienti reali o complessi, di grado maggiore o uguale a 1, ammette almeno una radice complessa.

P(x) = amxm + am-1xm-1 + ... + a1x + a0

Conseguenze del Teorema fondamentale dell’ algebra.

  • Ricordando che l'insieme dei numeri complessi è un campo e che un campo si dice algebraicamente chiuso se ogni polinomio a coefficiente nel campo ammette almeno una radice che vi appartiene, per il teorema fondamentale dell’ algebra possiamo concludere che il campo C dei numeri complessi è algebraicamente chiuso.

Corollario del Teorema fondamentale dell’ algebra: ogni polinomio a coefficienti reali o complessi di grado m ≥ 1 ammette in C esattamente m radici contate con la loro molteplicità.

da una parte, f(x) ∈ V1 poiché x ∈ U1, dall'altra, f(x) ∈ V2

poiché x ∈ U2. Abbiamo allora una contraddizione: V1 ∩ V2 = ∅

per ipotesi d'assurdo Vn ∩ Vn ≠ ∅ per quanto appena visto.

Il limite, dunque, è unico.

Teorema della limitatezza locale

Sia f:ℝ → ℝ una funzione. Se f ammette limite finito per x → c,

allora ∃I(c)(intorno di c), ∃ Mf > 0 (costante) tale che:

f(x) dominato da f ∩ I(x)\{c}, ||f(x)|| ≤ Mf.

Dim.

Sia L = lim f(x) e L ∈ ℝ. Dalla definizione di limite con ad esempio ε = 1, si deduce che esiste un

intorno I(c) della tale che ∀x ∈ dom f, se x ∈ I(c)\{c} ⇒ |f(x)-c| < 1.

Dalla disuguaglianza triangolare, si ha che:

|f(x)| = |f(x)-c+L| ≤ |f(x)-c|+|c| 1 L| ≤ 1+L|.

Dunque è sufficiente porre Mf = 1+L|.

Comportamento del limite rispetto alle operazioni elementari

  • Limite della somma

Date due funzioni: f(x), g(x) tali che

lim f(x)=L lim g(x)=M ⇒

lim (f(x)+g(x)) = L+M.

Dim.

Per definire un limite di successione fisso ε > 0:

  • ∃x1 ∈ ℕ ||f(x1) − L| < ε/2
  • ∃x2 ∈ ℕ ||g(x2) − M| < ε/2
  • sia ora x ≠ x1 ∩ x ≠ x2. Allora:
  • |f(x)+g(x) - ((L+M)| = |f(x) - c + g(x), M| ≤ |f(x), [(1+L)|g(x), M)| ≤ ε = ε/2 + ε/2 = ε.
  • Limite del prodotto

Date due funzioni (f(x), g(x)): A → ℝ Tali che

lim f(x_C) = L lim g(x_&_z) = M ⇒

lim (f(x) * g(x)) = L * M.

∀ε>0, ∃ B1 di ε/2 | ∀x3 ⋲ B1, |. t ε0 f(x) ◉ ε + T.

∀ε>0, ∃ B3, di b | ∀x3 ∈ B3, m = t * g(x) ◉ ε m0 + t

Dim.

Topio, provare che ∀ε>0, ∃ B di ε/2 | ∀x ∈ b, M.E.; ε=f(x), |g where |_ me ε.

Pongo |f(x), g(x)ε)◉ε-R-min| ε e aggiungo, tolgo il valore f ws.

per ottenere l f (cx), [ g(c!ε) = |m+ M t0, ∃m∈ℕ, con m≥0 | ∀n>m se |an - a| < ε ⇔ a è il limite della successione e limn→∞ an = a

  • divergente positivamente se e solo se limn→∞ an = +∞ ⇔ ∀M>0, ∃m∈ℕ, m≥0 | an > M, ∀n>m
  • divergente negativamente se e solo se limn→∞ an = -∞ ⇔ ∀M>0, ∃m∈ℕ, m≥0 | an < -M
  • irregolare ⇔ non è né convergente né divergente
  • Teorema: ogni successione convergente è limitata

    (E*)

    Dim: Si suppone che la successione an converga ad a e scelgo un ε=1.

    Dalla definizione di limite: ∃m | |an - a| < ε, ∀n>m.

    Dalla disuguaglianza triangolare si ha che: |an| = |(an - a) + a| ≤ |an - a| + |a| < 1 + |a|, ∀n>m ⇔

    ⇒ si ha che ∀n∈ℕ, |an| ≤ M = max {|a1|, |a2|, ..., |am|, 1 + |a|}

    Successioni indeterminate

    1, 0, 1, 0, 1, ∞, 0, 0, 0

    Dettagli
    Publisher
    A.A. 2016-2017
    72 pagine
    SSD Scienze matematiche e informatiche MAT/05 Analisi matematica

    I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher NoteWave_RF di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi Matematica I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Gavioli Andrea.