Gli esami del semestre filtro di Medicina 2025-26 hanno aperto un fronte giuridico destinato a pesare sulle prossime decisioni del Ministero.
Dopo le due sessioni di novembre e dicembre, segnate da difficoltà diffuse, segnalazioni di irregolarità e quesiti contestati, la discussione si è spostata rapidamente dalle aule universitarie agli studi degli avvocati specializzati in ricorsi contro le procedure di selezione.
Da una parte, i legali Francesco Leone e Simona Fell, che parlano apertamente di norme violate e di un sistema che rischia di saltare sotto il peso delle impugnazioni. Dall’altra, l’avvocato Michele Bonetti, che invita a una riflessione più ampia sull’equità del meccanismo e sui correttivi possibili, ma mette in guardia da soluzioni improvvisate.
Le loro posizioni non coincidono, ma convergono su un punto: cambiare le regole a procedimento in corso espone l’intero impianto a un rischio legale serio.
Indice
- Il semestre filtro come concorso pubblico: il nodo giuridico
- Regole cambiate dopo le prove e affidamento degli studenti
- Le domande errate e il problema dei punteggi
- Bonetti: correttivi sì, ma non a tavolino
- Terzo test, abbonamenti e selezione economica
- L’ipotesi del sovrannumero e il rischio contenzioso
Il semestre filtro come concorso pubblico: il nodo giuridico
Per Leone e Fell, intervistati da ‘Fanpage’, il punto di partenza è a monte: il semestre filtro, al di là della sua definizione formale, funziona come una selezione pubblica. Non è un normale percorso universitario, ma un “corso-concorso” con regole stringenti, che impongono par condicio, trasparenza e criteri immutabili.
È su questa base che giudicano illegittima e incostituzionale l’ipotesi di ammettere in graduatoria anche studenti con insufficienze, come ventilato dal Ministero.
Le norme vigenti, ricordano, stabiliscono che l’accesso al secondo semestre è possibile solo dopo aver superato tutti e tre gli esami di Chimica, Biologia e Fisica, e questa condizione non può essere modificata con un semplice decreto ministeriale, “di rango inferiore nella gerarchia delle fonti”. Per farlo, spiegano ancora, “ci vorrebbe una nuova legge”.
Regole cambiate dopo le prove e affidamento degli studenti
Uno degli aspetti più critici riguarda il momento in cui si è iniziato a parlare di correttivi. Secondo Leone e Fell, intervenire a prove concluse viola un principio fondamentale: gli studenti hanno sostenuto gli esami fidandosi delle regole iniziali. Regole che dicevano chiaramente che un’insufficienza avrebbe escluso dalla graduatoria.
Cambiarle dopo significa penalizzare chi ha fatto scelte razionali sulla base di quelle norme. Leone e Fell portano un esempio concreto: c’è chi ha rinunciato al punteggio del primo appello per riprovare a dicembre, peggiorando poi la propria performance. Se oggi si consentisse l’accesso anche con insufficienze, queste persone sarebbero doppiamente danneggiate.
Nei concorsi pubblici, spiegano, questo è inaccettabile: le regole devono essere uguali per tutti fin dall’inizio.
Le domande errate e il problema dei punteggi
Altro terreno scivoloso è quello delle domande sbagliate, in particolare in Fisica. Per gli avvocati, assegnare un punto solo a fronte di due quesiti errati sarebbe un’ulteriore forzatura.
“Se le domande sbagliate sono due, i punti devono essere due”, osservano, anche perché un intervento coerente potrebbe riportare alla sufficienza molti candidati in una prova rivelatasi la più selettiva.
Qui il tema non è solo tecnico, ma di coerenza del sistema di valutazione: ogni soluzione parziale rischia di creare nuove disparità invece di sanarle.
Bonetti: correttivi sì, ma non a tavolino
Il punto di vista di Michele Bonetti, intervistato da Skuola.net, si muove su un piano diverso, meno conflittuale ma altrettanto critico.
L’avvocato guarda con scetticismo all’idea di una graduatoria senza soglia o costruita “a fasce”, soprattutto perché il nuovo impianto d’esame valuta competenze complesse e non semplici automatismi.
Cambiare ora l’assetto, avverte, rischia di non essere “giuridicamente solido” e di entrare in rotta di collisione con parità di trattamento e certezza delle regole.
Un passaggio decisivo e critico, secondo Bonetti, è stato quello di far sostenere il secondo test senza pubblicare la graduatoria del primo: una scelta che ha inciso sulla consapevolezza delle decisioni dei candidati e che pesa su qualsiasi rimodulazione successiva.
Terzo test, abbonamenti e selezione economica
Bonetti boccia anche l’ipotesi di un terzo test, ritenuto costoso, lento e dannoso sul piano organizzativo, oltre a favorire indirettamente la fuga verso le università private.
Sull’abbonamento delle domande errate, poi, pone una questione di merito: è davvero sensato fondare una selezione su voti minimi “innalzati artificialmente”?
E soprattutto, avverte, mescolare le sedi costringendo studenti con punteggi bassi a spostarsi lontano da casa rischia di trasformare una selezione fragile in una selezione economica, accessibile solo a chi può permettersela.
L’ipotesi del sovrannumero e il rischio contenzioso
In conclusione: Leone e Fell parlano apertamente del rischio che il Tar possa annullare l’intera procedura, con la perdita di un anno accademico; Bonetti, pur con toni diversi, arriva a una conclusione simile sul piano pratico, cioè che soluzioni parziali moltiplicherebbero i ricorsi e, per questo, individua come via realmente deflattiva l’ingresso in prima sede, anche in sovrannumero, per chi ha frequentato il semestre filtro e sostenuto almeno una prova.
In gioco, al di là dei tecnicismi, c’è la tenuta di un sistema che doveva semplificare l’accesso e che ora rischia di diventare un caso giuridico nazionale.