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La seguente tesina sulla moda ha come obiettivo quello di analizzare il tema della moda, seguendo un percorso multidisciplinare. La moda si afferma in un dato momento storico e in un un dato luogo geografico; essa si afferma con il gusto e con lo stile in particolare nel campo dell'abbigliamento. un capo d'abbigliamento conosciuto è senza ombra di dubbio il blue-jeans, nato a Genova nel 1500 e realizzato con un tessuto che veniva usato in particolare modo dai marinai di Genova. per la copertura delle merci sulle navi a vela. I lavoratori utilizzavano i jeans per svolgere il loro mestiere, poi iniziarono a diventare una moda, diventando uno dei capi d'abbigliamento dello stilista americano Levi Strauss. Il vero emblema della moda era rappresentato da Coco Chanel, una giovane donna che dopo aver perso entrambi i genitori iniziò la sua carriera, cucendo cappelli e riuscendo ad aprire due negozi a Parigi e a Deauville. La celebre stilista creò anche una sua linea che comprendeva la creazione di borse, accessori, scarpe, cinture, sciarpe e bigiotterie che riprendevano il modello dei gioielli costosi. La sua per l'epoca fu una moda rivoluzionaria e che dava maggiore importanza alla donna che riscopriva la sua femminilità.
La tesina mostra come nel 2009 invece si tenne il "Fashion Week di Milano" durante il quale vari stilisti iniziarono a dialogare con dodici intellettuali spagnoli; quindi durante questo evento la moda incontra la letteratura. Infatti, nel corso di questo evento è come se le parole prendessero vita attraverso gli abiti, percependo quindi la moda come se fosse una "seconda pelle". Tra gli intellettuali che parteciparono a questa sfilata di moda vi fu anche Gabriel Garcia Marquez, con l'intento di dialogare con gli stilisti lì presenti. Sul piano artistico si affermò invece il futurismo, che intendeva rompere con il passato, credendo nel futuro. Il connubio tra arte e moda è ben delineato attraverso il “Manifesto della moda femminile futurista”, che affermava che gli abiti dovessero essere accessibili a tutti e realizzati con stoffe meno costose, le quali soffocassero meno il corpo e che permettessero una certa libertà di movimento. I colori per i futuristi sarebbero dovuti essere vivaci e non più scuri.
Infine anche l'artista Gabriele D'Annunzio, nelle sue opere letterarie, si fece interprete della moda dell'epoca vestendo le donne con toelette dell'epoca. I vestiti dell'epoca erano eleganti ed erano utilizzati sia in occasione di eventi, come quelli teatrali sia in occasioni di vita quotidiana.
Inglese: I Blue-Jeans.
Francese: Coco Chanel.
Spagnolo: Fashion Week Milano e Marquez.
Storia dell'arte: Il futurismo.
Italiano: D’Annunzio.
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Nel periodo umbertino (1879-1900) gli indumenti cominciarono a
prendere nuove forme; nel campo femminile in particolare vengono
creati abiti diversi a seconda dell’occasione: da cerimonia, spesso
molto accollati e con lunghi strascichi, da ballo, che potevano avere
delle scollature fino sopra alle spalle e parte del petto che per la prima
volta mettono in risalto il corpo femminile, per il pomeriggio, in cui
erano molto utilizzati il cappello e il foulard, per la campagna, da
viaggio, dove il nuovo elemento è il colletto alla “marinara”, per lo
sport o da spiaggia. Proprio il tailleur trionferà alla fine del secolo introducendo
nell’eleganza femminile un qualcosa di severo ma semplice del vestito
maschile. Il termine significa proprio “abito fatto da un sarto”, quindi si
esige una confezione maschile per poter realizzare questo tipo di
abbigliamento; inoltre indicava anche una maggiore emancipazione
della donna, la quale cominciava a conquistarsi un ruolo un po’ più
importante nella società.
Nei primi del ‘900 quindi spariscono i bustini e nascono dei vestiti che
mettono in risalto il corpo della donna, quindi anche l’anatomia
femminile. Questa tipologia di abbigliamento prende spunto dai corai
greci, vestiti eleganti lunghi a pieghe che mettevano bene in risalto le curve della perfetta donna
greca.
BLUE-JEANS
Nel 1500 a Genova nasce la storia del tessuto che ha accompagnato l’evoluzione del jeans. Infatti
proprio questo nome arriva da “blue de Genes”, da qui poi blue-jeans, che indicava un particolare
tessuto utilizzato dai marinai di Genova per coprire delle merci sulle navi a vele. Era adatto ai
lunghi viaggi perché era molto resistente alle intemperie.
Questo tessuto veniva fabbricato in una città francese, Nimes, da qui poi la
parola denim (de Nimes). Secondo altre versioni i pratici e resistenti “calzoni
da lavoro” erano fatti, in tempi remoti, proprio con questa tela di Nimes di
color indaco ed erano indossati dai marinai genovesi.
Dal 1850 i jeans sono utilizzati, non più come tessuto in sé, ma come pantaloni per i lavoratori.
Infatti a San Francisco Levi Strauss, un giovane commerciante emigrato
dalla Baviera, lancia un modello di pantaloni, resistenti, con cinque tasche,
per i cercatori d’oro.
Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale i jeans venivano utilizzati
solo come abito da lavoro, poi, nel dopoguerra, diventano un vero e proprio
capo d’abbigliamento.
Proprio attraverso il cinema americano degli anni
’50 tutti i giovani inizieranno a portare i jeans, i
quali diventeranno simbolo della ribellione giovanile, delle bande, della
voglia di prendere le distanze dal mondo ipocrita degli adulti.
Alla fine degli anni ’70 le varie firme se ne impadroniscono e lo fanno diventare un capo
d’abbigliamento elegante, il più portato in assoluto e preferito dai giovani.
A partire dagli anni ’80 qualsiasi ditta d’abbigliamento produce una propria linea di jeans.
Nel 2004 a Genova è stato realizzato, da parte di alcuni studenti,
un pantalone blu di dimensioni gigantesche (18m X 5m) confezionato
con circa 600 paia di vecchi jeans.
È stato issato su una gru del Porto antico.
COCO CHANEL Gabrielle Bonheur Chanel, nata a Saumur (Francia meridionale) nel
1883 e morta a Parigi nel 1971, fu una stilista francese molto famosa
che rivoluzionò il concetto di femminilità.
Quando aveva solo 12 anni morì la madre quindi venne spedita in un
orfanotrofio da suo padre, il quale fu costretto ad emigrare per poter
mantenere i suoi figli.
Passò anche alcuni anni da delle zie le quali le diedero il soprannome
Coco che significava “bestiolina” e le insegnarono a cucire.
La sua carriera cominciò nel 1909, cucendo cappelli, poco dopo riuscì
ad aprire due negozi, a Parigi e Deauville, e un salone di alta moda.
Intorno agli anni ’20 uscì il famosissimo profumo “Chanel No. 5”, il primo profumo che portava il
nome di uno stilista. Questo fu reso ancora più leggendario negli anni ’50 quando era utilizzato da
Marilyn Monroe.
Creò anche una sua linea di borse, accessori, scarpe, cinture, sciarpe e bigiotterie sul modello dei
veri gioielli costosi.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale fu costretta a chiudere il
suo atelier per rifugiarsi in Svizzera. Ritornò in scena solo finita la
guerra. Morì a 87 anni.
Il suo stile nacque in mancanza di mezzi economici, che le
impedivano di comprare i vestiti della Belle Epoque: fu così che
cominciò a cucirsi da sola giacche, cravatte e cappelli.
Creò una nuova moda rivoluzionaria, degli anni ’20, che dava voce
al bisogno di una riforma sociale che potesse dare più valore e
importanza alla donna. Infatti proprio in questi anni il suo ruolo
stava cambiando, cominciava ad emanciparsi sempre di più, stava
conoscendo un’indipendenza che non aveva mai avuto.
Quindi Coco cercò di rompere con le vecchie regole del passato per impostare nuovi modelli di abiti
molto più comodi e pratici, senza rinunciare al tocco di sensualità femminile.
Infatti fu proprio lei una delle prime donne ad indossare dei pantaloni e inventò il modello dei
tailleur.
Il suo stile si può riassumere con le parole: eleganza, raffinatezza, modernità e comfort.
LETTERATURA SPAGNOLA A MILANO (MARQUEZ)
In occasione della “Fashion Week” di Milano del marzo 2009, vari autori della letteratura spagnola
si incontrano e dialogano con dodici stilisti fra i più interessanti della Spagna.
La mostra, chiamata “12 abiti per Milano – stilisti spagnoli dialogano con la letteratura”, vuole
mettere in luce, attraverso la suggestione letteraria delle parole e la
grande abilità stilistica degli abiti, come questi due mondi, la moda e la
letteratura, siano strettamente collegati. Esiste un vero e proprio
dialogo, una matrice comune, una corrispondenza estetica tra essi che
apparentemente sembrano così diversi.
"La moda è una delle arti che meglio coniuga l'aspetto spirituale con
quello economico grazie al lavoro che l'industria di questo settore,
quale ponte tra creazione e produzione, compie con grandi risultati.
Ciò consente alla cultura di trovare il suo spazio e di conservare la sua dignità nel nostro mondo
globalizzato", secondo il Ministro della Cultura, César Antonio Molina. "Se questo nobile obiettivo
si può raggiungere con iniziative come la mostra "12 abiti per milano - stilisti spagnoli dialogano
con la letteratura" che permettono la sinergia tra le varie arti, tanto che l'espressione della moda
viene addirittura consacrata dalla letteratura, allora il risultato potrà essere encomiabile".
È come se le parole prendessero vita negli abiti. La similitudine tra
queste due forme espressive va anche oltre, infatti è stato anche detto
che noi percepiamo la moda come se fosse una “seconda pelle”,
perché “siamo soliti interpretare la letteratura come una successione
di maschere grazie a cui ci identifichiamo con i personaggi”.
I sarti di qualsiasi epoca partirono sempre sulla base della letteratura,
tanto che alcuni stilisti si sono identificati con i personaggi di opere
letterarie. Il punto in comune fra letteratura e moda è il protagonismo
del personaggio femminile.
Questi dodici autori che hanno partecipato alla mostra sono stati
selezionati fra quelli che hanno ricevuto i maggiori premi della
letteratura spagnola.
Gabriel Garcia Marquez è uno scrittore giornalista colombiano che ha partecipato a questa
conferenza.
Nasce nel 1927 e in quasi tutta la sua vita non ha fatto altro che viaggiare da un Paese all’altro. I
suoi primi scritti uscirono dal 1967, ma già da prima lo possiamo vedere impegnato con il
giornalismo.
La sua notorietà si deve principalmente alla sua attività di scrittore, infatti nel 1982 ha ricevuto il
Premio Nobel per la letteratura; è considerato il maggiore esponente del realismo magico, filone
letterario in cui gli elementi magici appaiono in situazioni realistiche, e ha
contribuito a rilanciare interesse per la letteratura ispanoamericana.
La massima espressione che possiamo trovare del realismo magico è in
Cent’anni di solitudine, romanzo che narra le vicende di una famiglia
attraverso diverse generazioni; è un’opera molto complessa e ricca di
riferimenti alla cultura del Sud America, la quale ha ispirato stilisti come
Devota e Lomba.
IL FUTURISMO E LA MODA
Tra la fine dell’Ottocento e per tutto il Novecento si susseguono diverse correnti
artistiche, le quali si basavano su ricerche di ordine artistico.
Il futurismo è il primo movimento che si dà un programma preventivo, rompendo decisamente con
il passato sostenendo il futuro e collocandosi in una posizione di polemica verso tutti quelli che si
sarebbero opposti. Così nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti pubblicò sulla Gazzetta D’Emilia il
“Manifesto del futurismo”, nel quale viene ripresa la vecchia tematica della fiducia nel progresso,
per esaltare la velocità della vita moderna e quindi tutte le innovazioni, come la macchina che era il
simbolo di potenza.
Fra i vari Manifesti che uscirono in questo periodo vi fu il “Manifesto della moda femminile
futurista”, oltre che quello maschile, in cui la nuova moda proponeva dei capi di abbigliamento fatti
con materiali moderni, non più con stoffe costose ma accessibili a tutti. Useranno quindi la carta, la
stagnola, il caucciù e molti altri materiali.
Vogliono abolire tutto ciò che era scomodo, soffocante e che “imprigionava” il corpo, per avere una
certa libertà di movimento; inoltre le tinte dei colori dovevano essere vivaci e quindi non più neutre
o nere. I futuristi dichiarano che vogliono liberare la nostra razza dalla neutralità, dall’indecisione,
dalla paura, dall’inerzia, dalla nostalgia per avere abiti dinamici, semplici, aggressivi, gioiosi,
illuminanti. I futuristi quindi reagiscono con la massima brutalità.
La donna futurista doveva portare il nuovo abbigliamento con lo stesso coraggio
con cui i futuristi avevano declamato la libertà.
La moda femminile era stravagante, voleva abolire le simmetrie con decolté a zig
zag e le maniche un diversa dall’altra; veniva immaginata come una
mitragliatrice, un’antenna, un motoscafo, senza però perdere il
suo stile, la sua eleganza e la sua grazia provocante.
Le linee erano più aggressive, i colori più squillanti, la
geometria era esasperata.
Giacomo Balla, pittore, scultore e scenografo, studiò approfonditamente il vestito
da donna, abbozzandone uno che poi venne realizzato e portato dalla figlia Luce.
Balla, insieme ad altri artisti, inventano nuovi abiti da donna, come il pigiama, la
tenuta per giocare a golf, la tuta, il costume da bagno, il cappello e vari vestiti da
sera. Balla dipinge anche dei bozzetti di bluse a maniche lunghe e camicette senza maniche con
vivacissime invenzioni cromatiche, inventa anche moltissimi accessori come borse, scarpe, cinture e
sciarpe, che verranno poi indossate dalle sue figlie.
D’ANNUNZIO
Gabriele D’Annunzio è nato a Pescara nel 1863. Compie gli studi liceali in
cui si dimostra da subito un allievo molto dotato e ambizioso. A 16 anni
pubblica, a spese del padre, il suo primo libro di versi ispirato a Carducci.
Finito il liceo si trasferisce a Roma, si butta nella vita mondana e letteraria e diventa collaboratore
di diversi periodici come la “La Cronaca bizantina”, rivista che mirava a divulgare la letteratura in
un ampio pubblico, e “La Tribuna”, un importante quotidiano della capitale.
D'Annunzio fa rivivere nelle sue cronache mondane alcune toilette sfoggiate dalle diverse donne
che ha incontrato; durante il ballo di casa Pallavicini a Roma il 25 gennaio 1885 descrive come
“li onori di casa erano fatti, con quella nobile cortesia che tutti sanno, dalla principessa e dalle
sue figlie. la principessa vestiva un abito fraise-ecrasée pallido, poco décolleté, arricchito di
merletti crème; ed aveva, come al solito, la chioma poudrée settencentisticamente. Donna Livia
vestiva di bianco e di celeste... Donna Elena Sonnino aveva una toilette di color granato scuro
costellata di molti brillanti. La contessa Francesetti, questa contessa che ha i più bei capelli della