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4
La
figura
dell’Esteta
L’artista che incarna i canoni dell’Estetismo,
sentendosi sradicato dalla società in
cui vive e dai valori che la reggono (profitto e
guadagno) a causa di un diffuso senso di
insoddisfazione, stanchezza e sfiducia
nell’agire dell’uomo, è alla costante ricerca
d’evasione dal mondo borghese, sentito come
ristretto e mediocre. Nasce così la fuga verso
un mondo raffinato ed insolito, prezioso e un
po’ malato (rispetto ai canoni borghesi).E’
l’atteggiamento che si definisce
normalmente:Estetismo (che vuol diventare un
modello comportamentale oltre che artistico in
cui arte e vita si fondono). L’Esteta, sia come
uomo che come letterato, è una figura molto
complessa e molto intrigante. Lo scrittore
Esteta cerca con ogni mezzo di suscitare nel
lettore emozioni rare, forti e sconvolgenti. La
letteratura si distingue soprattutto in base alla
forma:nella poesia, la parola ha la funzione di
eccitare l’animo del lettore, di accarezzare
l’orecchio con la sua musicalità e di
comunicare immagini attraverso il suono. Il
poeta non scrive per la massa ma si rivolge a
pochi eletti (aristocratici colti e raffinati) capaci
di decodificare il messaggio. Il linguaggio
dell’esteta è complesso e spesso difficile da
capire; ricorrono nei testi diverse figure
retoriche come l’analogia, la metafora o la
sinestesia. 5
L’artista che vuole raggiungere e identificarsi
con il bello deve essere brillante e fuori dal
comune; è convinto che il senso della vita non
stia nella realtà, ma nell’immaginarla: per lui il
sogno è più bello di qualsiasi realtà mediocre e
banale.
Da questa convinzione nasce la continua
ricerca del piacere e la convinzione dell’Esteta
che la sua salvezza risieda proprio nei vizi. Per
questo motivo non disdegna l’uso di
stupefacenti e alcoolici ed è convinto che, pur
essendo dei vizi, l’alcool e l’oppio esistano per
ragioni estetiche.
Per l ‘Esteta il piacere estetico e quello
sensuale sono la realizzazione dell’uomo, ma
pochi individui privilegiati sono capaci di
realizzarsi in questo senso. La realizzazione di
per sé, per l’Esteta, è essere sublime sempre
Esteta non è colui che gode semplicemente
delle situazioni della vita, ma chi è alla
continua ricerca di sensazioni ed esperienze
nuove. Egli s'innamora di tutto ciò che passa e
non dura nel tempo (ad esempio la sua
bellezza e la sua giovinezza).
Esistono due forme diverse di intendere
l'Estetismo: la vita come piacere e la vita come
bellezza. Alla bellezza, per essere tale, è
necessario il vizio, il ripugnante, l’orrido.
Amare la vita significa renderla unica, perfetta,
sovrumana, fino all’esasperazione delle
perversioni sadiche che procurano l’estremo e
crudele piacere.
La donna, è spesso presente nei pensieri
dell’Esteta, ma essa il più delle volte non è
altro che una cavia per degli esperimenti, una
fonte di piacere e di sensazioni straordinarie.
Una volta che la sua bellezza è sfiorita, o ha
perduto qualcosa, verrà sostituita da un’altra
donna più giovane, più bella e che possa offrire
sensazioni e piaceri nuovi e diversi.
Un Esteta non parla mai di matrimonio e non lo
accetta perché è antiestetico ed è un impegno
che uccide la bellezza e il piacere. All’Esteta
interessa il preambolo del rapporto:la
seduzione. Egli ama vedersi in azione: è un
libertino freddo e calcolatore che sacrifica la
sua vita alla bellezza. L’amore dell’Esteta non
è di certo quello del “Dolce stil novo” cantato
da Dante Alighieri. 6
La “Divisa
Estetica”
Ogni Esteta, durante le cerimonie, le occasioni
importanti, le serate di gala o semplicemente
quando gli andava doveva indossare la “Divisa
Estetica” mostrando al mondo intero la sua
anima completamente proiettata verso la
bellezza. Questa “Divisa” era
composta da:
- un paio di pantaloni
lunghi fino al
ginocchio, molto
attillati e di velluto
scuro;
- delle lunghe calze
di seta, scure; -
scarpini di vernice
neri con dei lunghi
fiocchi;
- una giacca da frac
con le code piatte; -
una camicia bianca
con lo sparato
altrettanto candido e inamidato; - il
papillon bianco da frac.
Wilde variava questa “Divisa” in diversi modi:
invece della giacca da frac indossava una
giacca corta e un morbido panciotto di velluto,
e una fazzoletto da
collo verde o azzurro. 7
L’Esteta per
eccellenza:
Gabriele D
’Annunzio
8
Uno dei maggiori esponenti dell’estetismo in
Italia fu Gabriele D’Annunzio.
Nato a Pescara nel 1863 da una famiglia
borghese adagiata, studiò al collegio Cicognini
di Prato, una delle scuole più aristocratiche
presenti in Italia in quegli anni. Iniziò
giovanissimo a comporre ed esordì appena
sedicenne con un libretto di versi intitolato
“Primo vere” che fu
subito apprezzato
anche da letterati di
fama.
A diciotto anni,
raggiunta la licenza
liceale, si trasferì a
Roma per frequentare
l’università ma
abbandonò gli studi
molto presto
preferendo la vita tra
salotti mondani e
redazioni di giornali.
La maschera
dell’esteta
D’Annunzio si crea subito la maschera
dell’Esteta, dell’individuo superiore dalla
squisita sensibilità, che rifiuta inorridito la
mediocrità borghese e si rifugia in un mondo
fatto di sola arte disprezzando la morale
comune e accettando come regola di vita solo
il bello, e cercando in tutta la sua vita di
coltivare tutto ciò che fosse bello, elegante e
raffinato. D’Annunzio si distingueva dalla
“massa comune” per una capacità di vita
trasgressiva, controcorrente e passionale.
9
“Il piacere”
Il suo capolavoro, che rispecchia tutti questi
principi, è il suo
primo romanzo “Il
piacere”, pubblicato
nel 1889. Romanzo
in parte
autobiografico in cui
il protagonista
Andrea Sperelli
incarna la tipologia
perfetta dell’Esteta
aristocratico e colto.
Andrea Sperelli
rispecchia lo stesso
D’Annunzio perché
condusse, come il
poeta abruzzese,
una vita fuori dal
comune, incentrata
su una forte
passione amorosa
con la bellissima
Elena Muti, amante trasgressiva e spudorata
quanto lui. Nella seconda parte del romanzo
Andrea Sperelli, abbandonato dall’amante
prediletta, cercherà di ricostruirsi una vita con
Maria Ferres, una donna meno passionale ed
eccentrica della precedente; ma questo sarà
un sentimento fasullo e artefatto che si
concluderà con l’abbandono anche di questa
seconda donna, nel momento in cui, durante
un incontro d’amore, Andrea Sperelli la
chiamerà con il nome della prima.
10
Il mito del Superuomo
La fase estetizzante nella vita del poeta
attraversò però una crisi all’inizio degli anni
Novanta e ispirandosi alle teorie del filosofo
tedesco Nietzsche, scoprì un nuovo mito:quello
del Superuomo. D’Annunzio fu prima Esteta e
poi Superuomo (senza che però questo
secondo concetto annullasse il primo). Il
superomismo non si basava più soltanto sulla
bellezza, ma anche sull’energia eroica e
attivistica. Il Superuomo è quell’individuo che
si distingue dalla massa comune perché dotato
di qualità e doti eccezionali. Tuttavia, per il
momento, si accontentò di sostituire la
letteratura all’azione, ed il Superuomo restò
una fantasia che alimentò tutta la sua
produzione poetica e narrativa.
Il <<vivere inimitabile>>… Fare
della vita un’opera d’arte La
vita di D’Annunzio può essere considerata una
delle sue opere più interessanti: secondo i
principi dell’estetismo bisognava fare della
propria vita un’opera d’arte, e D’Annunzio fu
costantemente impegnato a raggiungere
questo obbiettivo. Puntò a creare
l’immagine di una vita eccezionale lontana
dalla vita comune. Infatti condusse una vita da
principe rinascimentale, nella sua villa della
Capponcina, sui colli di Fiersole, circondato da
oggetti d’arte, stoffe preziose, cavalli e levrieri
di razza. A fare della sua vita un’opera d’arte
contribuirono anche gli innumerevoli amori
dell’artista, specialmente quello, lungo e
tormentato, che lo vedeva legato alla
grandissima attrice Eleonora Duse.
11
Le esigenze del mercato
D’Annunzio non riuscì mai a superare una
grande contraddizione nella sua vita. Infatti
nonostante disprezzasse la massa, il denaro ed
il mondo borghese, era strettamente legato ad
essi per esigenze di mercato. Con le sue
esibizioni clamorose ed i suoi scandali lo
scrittore voleva mettersi in primo piano
nell’attenzione pubblica, per vendere meglio la
sua immagine e i suoi prodotti letterari.
La fuga in Francia
D’Annunzio condusse una vita talmente
dispendiosa, che le altissime somme di denaro
che gli pagavano gli editori non gli bastavano
a soddisfare quel tenore di vita molto lussuoso.
A causa dei creditori inferociti, fu costretto nel
1910 a fuggire dall’Italia e cercare rifugio in
Francia. Durante la sua permanenza in Francia
si adatta al nuovo stile letterari e scrive
addirittura opere teatrali in lingua francese.
La guerra e l’impresa Fiumana
L’occasione tanto attesa per l’azione eroica
arrivò durante la prima guerra mondiale. Nel
1915 D’Annunzio tornò in Italia sotto la veste
di uno fra i più fervidi interventisti. Nonostante
abbia 52 anni prende servizio al fronte e da
una valutazione estetizzante alla guerra così
come ad ogni altro aspetto della sua vita,
infatti la guerra combattuta da D’Annunzio fu
una guerra eccezionale. Non combatté in
mezzo al fango o nella sporcizia delle trincee,
ma nei cieli, attraverso una nuovissima arma:
l’aereo. Nel dopoguerra D’Annunzio si fece
portavoce dei rancori per la <<vittoria
mutilata>> dell’Italia, poiché Fiume e la
Dalmazia furono assegnate alla Jugoslavia dai
trattati di pace. 12
Nel 1919 si mise a capo di una marcia di
volontari su Fiume e occupò la città, dove
instaurò un dominio personale sfidando lo
Stato italiano, ma fu scacciato dal governo
Giolitti, con le armi, nel 1920. Sperò di proporsi
come <<duce>> di una <<rivoluzione>>
reazionaria che riportasse ordine nel caos
sociale del dopoguerra; ma Benito Mussolini fu
un politico più abile di lui.
Nutrendo una certa diffidenza verso Mussolini
ed il suo partito, si ritira presso Gardone, sul
lago di Garda, nella villa Cargnacco, che verrà
trasformata da lui stesso in una casa-museo,
sovraccarica di arredi e reliquie. In seguito alla
sua morte verrà trasformato nel museo-
mausoleo del “Vittoriale degli italiani”. In
questa villa il poeta trascorre una malinconica
vecchiaia e muore il primo Marzo del 1938
stroncato da un’emorragia celebrale.
13
Alcune foto del
Vittoriale degli
italiani
Ingresso della casa
Ingresso
principale
del Vittoriale Una
delle
tante
librerie
14
Il bagno blu
La sala da pranzo
La camera da letto 15
Nature’s Embrace
Quadro dell’artista inglese Josephine Wall che mi
ricorda tantissimo la
poesia di Gabriele D’Annunzio “La pioggia nel
pineto” 16
Il Dandismo e
l’elevazione
dell’essere ad
opera d’arte
Il corrispondente dell’Esteta in Inghilterra è il
Dandy: un personaggio che sfoggia eleganza
eccentrica, ma raffinata, nell’abbigliamento e
si atteggia secondo un individualismo
aristocratico. Il Dandismo fu un movimento
culturale che nacque in Inghilterra alla fine del
secolo, questo movimento fu caratterizzato
XIX
dall’eleganza, dalla finezza e dall’originalità
del linguaggio e dell’abbigliamento. La
definizione di Dandy potrebbe essere: uomo
dall’andatura preziosa, originale e ricercata e
dal linguaggio scelto. Spesso si tende a
confondere il Dandy con lo snob, che cerca di
avvicinarsi alle classi sociali più elevate
imitando i loro modi di fare e di vestire. Il
Dandy, al contrario, cerca di esprimere la sua
ostilità con la società cercando di differenziarsi
il più possibile, non si adegua alla moda, ma la
respinge e si pone
controcorrente. E’ lui che
plasma, che crea…e se c’è
una moda che segue
quella è la sua. Il Dandy,
infatti, non subisce mai la
moda anzi a volte si
diletta ad esserne il fiero
assassino. 17
L’eleganza del Dandy è un
mezzo di espressione: egli cerca la bellezza a
tutti i costi; nulla viene lasciato al caso nella
sua vita: il gusto per le cose belle e la ricerca
del dettaglio e della perfezione. Il Dandy non è
attratto dal successo fine a se stesso, dal
denaro, dal sesso o dal potere: l’unico motivo
che lo porta ad indossare camicie di seta, ad
ondularsi i capelli artificialmente, a preferire