Concetti Chiave
- La biologia della conservazione, una disciplina sviluppata negli anni '80, studia le cause della diminuzione della biodiversità per elaborare strategie di conservazione sostenibile.
- L'Europa è un esempio positivo di espansione della superficie forestale grazie a politiche di rimboschimento, nonostante le sfide delle piogge acide.
- Le foreste europee sono cruciali per l'habitat delle specie minacciate, la produzione di materie prime e l'assorbimento di CO2, contribuendo alla lotta contro l'effetto serra.
- L'Agenda 21, risultato della Conferenza ONU del 1992, offre una guida per lo sviluppo sostenibile globale, coinvolgendo governi e organizzazioni internazionali.
- Il Protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005, impegna i paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas serra, anche se alcuni paesi chiave non hanno aderito.
Indice
Tema - Difesa e conservazione degli ecosistemi
L’unico modo per difendere gli ecosistemi sarebbe quello di impedire all’uomo di violarli. Ma talvolta a violarli sono proprio i contadini che cercano nuove terre o, più in generale, sono paesi in via di sviluppo che tentano di farsi strada nel mercato globale. Quale intervento sarebbe opportuno allora per salvaguardare i diritti di entrambi? Proteggere la biodiversità e salvare le comunità umane dalla povertà sono problemi di pari importanza. È per questo motivo che la protezione della biodiversità richiede scelte basate su valutazioni approfondite e un accurato bilancio tra costi e benefici. Per stabilire le strategie più idonee per la conservazione della natura, negli anni Ottanta del XX secolo si è sviluppata una disciplina, la biologia della conservazione, che studia le cause della diminuzione della biodiversità e ne individua i rimedi. Si tratta di una sintesi di discipline quali biogeografia, ecologia, biologia evolutiva, genetica, biologia molecolare e tassonomia, e fornisce le basi teoriche necessarie per gli interventi di salvaguardia e di ripristino della biodiversità, sia a livello locale sia su scala globale. Partendo dall’idea di risolvere il “conflitto” tra necessità umane e tutela della biodiversità, la biologia della conservazione si pone come obiettivo una politica di sviluppo sostenibile, ovvero uno sviluppo che possa durare indefinitamente, basandosi sullo sfruttamento di risorse rinnovabili, sulla minimizzazione del danno ambientale e sul mantenimento dell’integrità delle comunità animali e vegetali. La Commissione mondiale su ambiente e sviluppo, nel 1987, definì testualmente lo sviluppo sostenibile come «lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri».
L’effetto positivo delle politiche forestali europee
Nel panorama mondiale, l’Europa appare in controtendenza: grazie a opportune politiche forestali, la superficie verde è infatti addirittura in espansione. Nel XX secolo si è tentato di porre rimedio alla situazione di degrado forestale attraverso opere di rimboschimento: oggi boschi decidui di notevoli estensioni, coltivati e selezionati, arricchiscono, anche economicamente, molti paesi europei. Le politiche forestali toccano molti aspetti della protezione ambientale; poiché le foreste costituiscono l’habitat di numerose specie minacciate, sono un’importante fonte di materie prime e rappresentano un fondamentale serbatoio di assorbimento dell’anidride carbonica, gas responsabile dell’effetto serra. Il rimboschimento ha migliorato sensibilmente la situazione, e negli ultimi quarant’anni il volume complessivo della produttività forestale europea è aumentato del 43%. Da alcuni decenni quasi un quarto delle piante di tutto il continente sta soffrendo un altro grave attacco distruttivo, quello delle piogge acide, che provocano la perdita o la decolorazione delle foglie e poi la morte degli alberi. Le più colpite sono le foreste della Polonia, della Repubblica Ceca, della Slovacchia, dove gli alberi soffrono in modo particolare per le emissioni di biossido di zolfo delle centrali elettriche alimentate a carbone. È da notare che la ricaduta di elementi nocivi avviene solo in parte sui paesi che li hanno prodotti: a causa dei movimenti generali dell’atmosfera, oltre che della rotazione terrestre, le masse d’aria nell’emisfero settentrionale tendono infatti a dirigersi verso est. Nonostante queste alterne vicende, la situazione europea appare oggi promettente, tanto che, anche nel nostro paese, nell’ultimo decennio le superfici boschive sono aumentate.
Le politiche internazionali di tutela
Fondamentali per costruire il futuro sono le strategie locali, sebbene esistano piccole e grandi associazioni ambientaliste impegnate in progetti di conservazione, resta indubbio il peso delle decisioni politiche prese dai governi in materia di sviluppo sostenibile. Di fondamentale rilievo in questo senso è stata la Conferenza dell’ONU su Ambiente e sviluppo tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, dalla quale è scaturito il programma d’azione noto come Agenda 21 (cose da fare nel XXI secolo). L’Agenda 21 è una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta che prevede una pianificazione completa delle azioni da intraprendere, a livello mondiale, nazionale e locale, dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, dai governi e dalle amministrazioni in ogni area in cui la presenza umana abbia impatti sull’ambiente. Tra gli accordi internazionali mirati a ridurre l’impatto delle attività dell’uomo sul pianeta, il più noto è probabilmente il Protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Si tratta di un documento redatto e approvato nel corso della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici tenutasi in Giappone nel 1997. Tale documento, sulla base del principio di responsabilità comuni, ma differenziate, impegna i paesi industrializzati e quelli a economia in transizione a una riduzione delle emissioni dei principali gas a effetto serra rispetto ai valori del 1990. All’entrata in vigore del protocollo, i paesi che si sono impegnati ad attuare politiche industriali e ambientali tendenti a ridurre il surriscaldamento del pianeta sono stati 141 (l’Italia ha aderito nel 2002). Tra i paesi non aderenti figurano gli Stati Uniti, responsabili del 36,2% del totale delle emissioni (nel marzo 2001). L’India, la Cina e altri paesi in via di sviluppo, che hanno ratificato il protocollo, sono stati esonerati dagli obblighi del Protocollo di Kyoto, perché non sono stati tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra durante il periodo di industrializzazione che si crede stia provocando oggi il cambiamento climatico. I paesi non aderenti sono responsabili del 40% dell’emissione mondiale di gas serra.
Domande da interrogazione
- Qual è l'obiettivo principale della biologia della conservazione?
- Quali sono stati gli effetti delle politiche forestali europee nel XX secolo?
- Quali sono le principali minacce per le foreste europee?
- Qual è stato il risultato della Conferenza dell'ONU su Ambiente e sviluppo del 1992?
- Qual è il ruolo del Protocollo di Kyoto nelle politiche internazionali di tutela ambientale?
La biologia della conservazione mira a risolvere il conflitto tra necessità umane e tutela della biodiversità, promuovendo uno sviluppo sostenibile che utilizzi risorse rinnovabili e minimizzi il danno ambientale.
Le politiche forestali europee hanno portato a un'espansione delle superfici verdi grazie al rimboschimento, migliorando la produttività forestale del 43% negli ultimi quarant'anni.
Le foreste europee sono minacciate dalle piogge acide, che causano la perdita o decolorazione delle foglie e la morte degli alberi, particolarmente in Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
La conferenza ha portato alla creazione dell'Agenda 21, un programma d'azione per lo sviluppo sostenibile globale, nazionale e locale.
Il Protocollo di Kyoto impegna i paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, basandosi sul principio di responsabilità comuni ma differenziate.