Concetti Chiave
- In Italia, la pena di morte è stata abolita definitivamente solo nel 1994, dopo essere stata reintrodotta brevemente durante il regime fascista.
- Cesare Beccaria, nel suo trattato illuminista "Dei delitti e delle pene", critica la pena di morte come inaccettabile e non necessaria, sostenendo che non ha utilità nella prevenzione dei crimini.
- Il dibattito sulla pena di morte continua, con alcuni che credono che sia un deterrente per la criminalità, nonostante i dati dimostrino il contrario.
- Il saggio evidenzia che la pena di morte non riduce il tasso di criminalità, poiché molti crimini puniti con essa sono commessi impulsivamente.
- Il concetto di perdono cristiano viene presentato come un argomento contro la pena di morte, sottolineando il diritto alla vita anche per i colpevoli di crimini estremi.

Indice
La pena di morte in Italia e nel mondo
La pena di morte, anche conosciuta come pena capitale, prevede l’uccisione dell’individuo ritenuto colpevole. In Italia, la pena di morte è stata abolita per la prima volta, sebbene non totalmente, nella seconda metà del diciannovesimo secolo, nello specifico, nel 1889. Tuttavia, è stata introdotta nuovamente nel 1931, durante il regime fascista, attraverso il codice Rocco. In seguito, la condanna a morte è stata abrogata con l’avvento della Repubblica, fatta eccezione per i codici militari di guerra. Soltanto nel 1994, la pena di morte è stata vietata totalmente anche in questi codici.
A partire dalla prima metà del ventunesimo secolo si è osservata la progressiva abolizione della pena di morte in molti Stati. Tuttavia, ancora oggi, la pena di morte fa parte della legislazione di alcuni Paesi, nello specifico, in America, in Africa e in Asia. Tra i mezzi utilizzati per l’esecuzione della condanna a morte nei Paesi in cui non è ancora stata abolita vi sono: l’impiccagione, la decapitazione, la lapidazione e l’iniezione letale.
Per approfondimenti sulla pena di morte nel mondo vedi anche qua
Il contributo dell’opera di Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene”
Un’opera che ha dato un contributo molto importante nel dibattito sulla pena di morte è “Dei delitti e delle pene” del giurista Cesare Beccaria. L’opera è stata pubblicata nel 1764, durante il periodo illuminista. È un breve trattato scritto in prosa incentrato sull’argomento della riforma della legislazione penale. In questo trattato, che è costituito da soli 47 paragrafi, il giurista Cesare Beccaria mette in luce i limiti della legislazione del tempo. Nello specifico, Cesare Beccaria sottolinea che la legislazione dovrebbe essere basata su una netta separazione tra la sfera pubblica e la sfera religiosa. I crimini non devono quindi essere considerati dei peccati, bensì delle violazioni delle norme che dovrebbero essere alla base della convivenza civile nella società.
Nella sua opera “Dei delitti e delle pene”, il giurista Cesare Beccaria affronta anche la tematica della pena di morte. Secondo l’autore, la pena capitale è inaccettabile, non è né necessaria, né utile. Cesare Beccaria sostiene, infatti, che gli esseri umani non hanno il diritto di uccidere un altro essere umano e, in aggiunta, la pena di morte non assolve alcuna utilità nella prevenzione dei crimini.
Per approfondimenti sull’opera “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria vedi anche qua
Il dibattito sulla pena di morte
ll dibattito concernente la legittimità e l’utilità della pena di morte è ancora aperto.
Da un lato, vi è la posizione di chi sostiene che la pena di morte sia l’unica cosa in grado di scoraggiare la criminalità, dissuadendo le altre persone a commettere gli stessi reati per cui altri sono stati puniti con la condanna a morte. Questa posizione viene messa in discussione dai dati: in effetti, nei Paesi in cui è applicata la pena di morte non si è osservata una diminuzione dei crimini, anzi, in alcuni casi, è stata osservato addirittura un loro incremento. Sulla base di ciò si può concludere che la pena di morte sia inutile nella prevenzione dei crimini e che non influenzi il tasso dei reati che vengono commessi. In effetti, tra alcuni dei reati che vengono puniti con la pena di morte vi è l’omicidio e si tratta di un crimine che nella maggior parte dei casi viene commesso in maniera impulsiva. In questo caso, pertanto, è improbabile che la persona pensi alle conseguenze delle proprie azioni e che la consapevolezza di essere condannato a morte lo fermi dal compiere il reato.
Concludendo, Don Mazzi afferma questo: "Chi siamo noi per decidere della fine di un altro uomo? Siamo forse Dio?" Noi siamo in grado di giudicarli, perché certi crimini sono talmente orrendi da non poter restare impassibili, ma la pena di morte è semplicemente inutile poiché tutti abbiamo il diritto di vivere, anche se commettiamo il peggior atto del mondo. Certo, non si può chiedere pietà ai familiari delle vittime: loro sarebbero giustificati se anche volessero uccidere quelle persone; ma noi abbiamo il dovere di garantire a tutti il diritto alla vita e se non ne siamo capaci non potremo mai definirci uomini cristiani, perché Dio ci ha insegnato a perdonare, anche nei casi più estremi e quando è l'ultima cosa che vorremmo fare.
Per approfondimenti sul dibattito riguardo la pena di morte vedi anche qua
Domande da interrogazione
- Qual è la storia della pena di morte in Italia?
- Qual è il contributo di Cesare Beccaria al dibattito sulla pena di morte?
- Quali sono le posizioni principali nel dibattito sulla pena di morte?
- Quali sono le argomentazioni contro la pena di morte basate sui dati?
- Qual è la posizione di Don Mazzi sulla pena di morte?
In Italia, la pena di morte è stata abolita per la prima volta nel 1889, reintrodotta nel 1931 durante il regime fascista, e definitivamente vietata nel 1994 anche nei codici militari di guerra.
Cesare Beccaria, nel suo trattato "Dei delitti e delle pene", sostiene che la pena di morte è inaccettabile, non necessaria né utile, e che gli esseri umani non hanno il diritto di uccidere un altro essere umano.
Da un lato, c'è chi sostiene che la pena di morte scoraggi la criminalità; dall'altro, i dati mostrano che non riduce i crimini, suggerendo che è inutile nella prevenzione.
Nei Paesi dove è applicata, non si osserva una diminuzione dei crimini; anzi, in alcuni casi, c'è un incremento, dimostrando che non influenza il tasso dei reati.
Don Mazzi afferma che la pena di morte è inutile e che tutti hanno diritto alla vita, anche se commettono crimini orrendi, poiché Dio ci ha insegnato a perdonare.