Concetti Chiave
- La peste a Milano del 1630 si sviluppò in un contesto di sovraffollamento e crisi economica, aggravato dalla presenza di eserciti stranieri durante la Guerra di successione.
- Il dibattito sul primo caso di peste a Milano vedeva contrapposti Alessandro Tadino e Giuseppe Ripamonti, ma la diffusione fu rapida e devastante, con la creazione di lazzaretti per isolare gli infetti.
- Alessandro Manzoni descrisse dettagliatamente la peste a Milano nei "Promessi Sposi", fornendo una rappresentazione accurata del contesto storico e sociale dell'epoca.
- La peste era spesso vista come una punizione divina, portando i credenti a pratiche di autoflagellazione per espiare i peccati e placare la collera di Dio.
- La malattia, causata dal batterio Yersinia pestis trasmesso dai ratti tramite le pulci, si presentava in tre forme e le scarse condizioni igieniche nei lazzaretti peggioravano la situazione sanitaria.
Indice
Il contesto storico
La Peste si sviluppò in Italia nel 1630 e in particolare è molto nota la peste a Milano.In Lombardia vi era un sovraffollamento di persone nel territorio. La conseguenza era la mancanza di viveri e la nascita di una crisi economica. Le condizioni igienico-sanitarie erano sempre più gravi e dunque aumentava a dismisura il diffondersi di malattie virulente. Influente fu la presenza di francesi e tedeschi in Lombardia. Questi si trovavano in quei luoghi per combattere la Guerra di successione.

Lo sviluppo della peste
Negli anni, si è discusso fortemente su quale fosse stato il primo caso di peste a Milano. I due pareri contrastanti appartenevano ad Alessandro Tadino e a Giuseppe Ripamonti. Tadino affermava che il primo caso di peste fosse stato quello di Pietro Antonio da Lecco, mentre Ripamonti credeva che il primato appartenesse a Pietro Paolo Locato, proveniente da Chiovenna. Quello che è certo però, è che di lì in poi i casi si moltiplicarono e la Peste prese il sopravvento in un territorio già in estreme difficoltà.La peste a Milano cominciò a diffondersi velocemente l’utilizzo del “Lazzaretto”, un luogo in cui venivano riuniti e isolati gli appestati, per cercare di ridurre, per quanto possibile, il numero dei contagi. I giorni da passare all’interno dei lazzaretti erano quaranta. Da qui prende il nome, quella che oggi conosciamo come quarantena. Le condizioni igieniche dei lazzaretti erano scarsissime e al loro interno, la maggior parte delle volte, i contagi andavano peggiorando.
Il numero dei morti era impressionante, ammontava a circa mille persone al giorno. Vennero create delle fosse comuni per liberarsi dei tanti cadaveri. Quella più nota era il “Fopponino”, nata durante la precedente epidemia di peste a Milano nel 1576, conosciuta come Peste di San Carlo.
Alla fine della Peste, durata 4 anni, il numero dei morti era circa un quarto di tutto il popolo milanese (1 milione su 4 milioni totali).
La peste a Milano raccontata da Manzoni
La peste a Milano del 1630 è soprannominata “peste manzoniana”, proprio per sottolineare quanto Alessandro Manzoni si sia dedicato a raccontarne i minimi dettagli. L’opera di Manzoni in cui è messo più in risalto il tema della peste a Milano, è sicuramente “ I Promessi Sposi”. In questo celebre romanzo storico, i cui protagonisti sono due giovani lombardi, Manzoni ripercorre da vicino i passaggi chiave della pestilenza milanese. Ispirato dalle opere di Ripamonti e Tadino, lo scrittore pone a contatto i protagonisti con la devastante pestilenza. Lo stesso protagonista del romanzo, Renzo Tramaglino, si ammala di peste ed è costretto quindi ad un soggiorno all’interno del lazzaretto, di cui Manzoni ci fornisce accuratamente la descrizione. Lo scrittore lombardo è abile nel rappresentare nei minimi particolari il quadro storico e sociale di Milano. Leggendo questo romanzo infatti, è facile farsi un’idea ben delineata di quelli che furono gli anni più difficili e devastanti per gli abitanti milanesi.Manzoni scrisse riguardo alla peste a Milano del 1630 anche all’interno di un saggio di nome “Storia della colonna infame”.
Il rapporto tra la peste e la religione
Come successe spesso anche nei secoli precedenti, durante le varie epidemie, molti credenti cercarono la causa della peste a Milano nella religione, e più in particolare in Dio. Pensavano infatti che il morbo fosse uno spirito maligno inviato da Dio per perseguire coloro che avevano peccato. Per liberarsi da questo peccato, alcuni uomini si infliggevano dolore fisico con delle punizioni, ad esempio mediante l’uso di fruste (autoflagellazione) o bruciando parti del loro corpo, per far uscire il loro lato impuro.La Peste dal punto di vista medico
Furono i comuni roditori che trasmisero la malattia agli umani. L’infezione che colpisce i ratti deriva da un batterio, lo “Yersinia pestis”. I ratti in seguito trasmettono il morbo agli uomini mediante le pulci. Queste derivano dalle uova che vengono deposte sul corpo di alcuni animali, tra cui appunto i topi. La Peste a Milano poteva presentarsi in tre forme diverse: bubbonica, polmonare o setticemica. A seconda della forma, cambiavano i tempi di guarigione e la percentuale di mortalità. Le cure mediche del tempo erano ancora poco precise e non si riusciva a trovare una soluzione alla terribile situazione. L’idea del lazzaretto aveva delle buone fondamenta ma le condizioni di questi ultimi la rendevano vana. Come scritto in precedenza infatti, gli uomini all’interno dei lazzaretti, a causa della scarsissima igiene di questi, invece di guarire peggioravano gravemente la loro situazione. Proprio per questa arretratezza in campo medico, la pestilenza si diffuse rapidamente e incontrastata.Progetto Alternanza Scuola Lavoro.
Domande da interrogazione
- Quali furono le cause principali della diffusione della peste a Milano nel 1630?
- Come veniva gestita la peste a Milano e qual era il ruolo dei lazzaretti?
- In che modo Alessandro Manzoni ha descritto la peste a Milano nei suoi scritti?
- Qual era la percezione religiosa della peste a Milano durante l'epidemia?
- Quali erano le forme della peste e come si trasmetteva agli esseri umani?
La peste si diffuse a causa del sovraffollamento, delle scarse condizioni igienico-sanitarie e della presenza di soldati stranieri in Lombardia, che portarono i primi casi di peste.
La peste veniva gestita isolando gli appestati nei lazzaretti per quaranta giorni, ma le pessime condizioni igieniche spesso peggioravano la situazione.
Manzoni ha descritto dettagliatamente la peste a Milano nel suo romanzo "I Promessi Sposi" e nel saggio "Storia della colonna infame", evidenziando l'impatto devastante della pestilenza.
Molti credenti vedevano la peste come una punizione divina per i peccati, e alcuni praticavano l'autoflagellazione per espiare le colpe.
La peste poteva essere bubbonica, polmonare o setticemica, e si trasmetteva agli umani tramite le pulci dei ratti infetti dal batterio Yersinia pestis.