Concetti Chiave
- Alla fine del XV secolo, la Chiesa era percepita in grave crisi a causa degli abusi ecclesiastici diffusi tra le gerarchie.
- Molti ecclesiastici erano più interessati ai benefici economici e al prestigio piuttosto che ai doveri pastorali.
- Le grandi famiglie aristocratiche spesso influenzavano le gerarchie ecclesiastiche, come nel caso di Giovanni de'Medici, cardinale a tredici anni.
- L'accumulo di incarichi e benefici era comune, con ecclesiastici che affidavano i loro compiti ad altri e non risiedevano nei loro ministeri.
- Il basso clero era spesso ignorante e immorale, con molti preti che amministravano i sacramenti solo per ottenere elemosine.
Indice
Crisi della Chiesa nel XV secolo
Alla fine del XV secolo, agli occhi dei fedeli il segno più evidente della grave crisi in cui versava la Chiesa era costituito dagli abusi ecclesiastici, cioè da quei comportamenti immorali diffusi a tutti i livelli delle gerarchie ecclesiastiche.
Interessi economici degli ecclesiastici
In particolare, invece di impegnarsi nei doveri pastorali, gli ecclesiastici sembravano spesso preoccupare sopratutto dei propri interessi economici.
Molti infatti si dedicavano alle carriere ecclesiastiche non per vocazione ma solo per assicurarsi i compensi e il prestigio che gli incarichi garantivano. Le grandi famiglie aristocratiche puntavano a occupare i vertici delle gerarchie ecclesiastiche e spesso vi riuscivano, approfittando della debolezza del papato: valga per tutti l'esempio di Giovanni de'Medici che divenne cardinale a tredici anni.Personaggi come questi ovviamente non avevano nessuna intenzione di dedicarsi realmente al ministero che ottenevano: di solito, infatti, assegnavano l'esercizio delle funzioni ecclesiastiche a un'altra persona, cui versavano una parte dei compensi che l'incarico garantiva.
Cumulo dei benefici e basso clero
Particolarmente grave era il fatto che l'ecclesiastico non fosse obbligato a risiedere nel luogo in cui doveva esercitare il ministero. Ciò infatti consentiva a una stessa persona di cumulare più incarichi, e quindi più rendite (cumulo dei benefici): i cardinali, per esempio, erano spesso vescovi di più diocesi.
Non erano migliori le caratteristiche del basso clero che spesso aggiungeva all'immoralità una profonda ignoranza: solo una minoranza dei preti conosceva il latino e comprendeva le parole che pronunciava sull'altare; molti amministravano i sacramenti solo per pretendere elemosine.
Percezione negativa del clero
Non stupisce, dunque, che alla fine del Quattrocento molti fedeli considerassero il clero un'associazione rapace, interessata solo ad appropriarsi del loro denaro. Questa percezione era particolarmente forte a Roma, dove i cardinali vivevano in lussuosi palazzi, circondati da una corte sontuosa come gli altri signori rinascimentali.
Domande da interrogazione
- Quali erano i principali abusi ecclesiastici che segnalavano la crisi della Chiesa nel XV secolo?
- Come influivano gli interessi economici degli ecclesiastici sulla loro vocazione?
- Qual era la percezione dei fedeli nei confronti del clero alla fine del Quattrocento?
Alla fine del XV secolo, la crisi della Chiesa era evidente attraverso comportamenti immorali diffusi a tutti i livelli delle gerarchie ecclesiastiche, con ecclesiastici più preoccupati dei propri interessi economici che dei doveri pastorali.
Molti ecclesiastici si dedicavano alle carriere ecclesiastiche non per vocazione, ma per assicurarsi compensi e prestigio, spesso delegando le funzioni ecclesiastiche ad altri in cambio di una parte dei compensi.
Alla fine del Quattrocento, molti fedeli percepivano il clero come un'associazione rapace, interessata solo ad appropriarsi del loro denaro, con una percezione particolarmente negativa a Roma, dove i cardinali vivevano in lussuosi palazzi.