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Concetti Chiave

  • Nel V secolo, le scuole cristiane sostituirono quelle laiche, diventando centri di apprendimento elementare per i laici.
  • Il concilio di Vaison del 529 impose che i parroci rurali insegnassero a leggere i Salmi e altre Sacre Scritture, avviando l'evangelizzazione delle campagne.
  • L'epistolario di Gregorio Magno evidenzia l'analfabetismo dei laici e la necessità di divulgare la parola divina nel VI e VII secolo.
  • Dall'VIII secolo, le scuole monastiche nei monasteri favorirono nuovi sviluppi culturali grazie all'educazione impartita ai monaci e ai laici.
  • La politica culturale carolingia migliorò la liturgia, la formazione del clero e l'importanza della scrittura, ma non riuscì a superare l'analfabetismo della società.

Indice

  1. L'evoluzione delle scuole cristiane
  2. Il ruolo della chiesa nell'educazione
  3. L'analfabetismo e la politica carolingia

L'evoluzione delle scuole cristiane

Se ancora nel V secolo il principale canale di formazione era costituito dalle poche scuole laiche finanziate dall’impero, quando esso tramontò restarono in piedi solo le scuole cristiane che, se prima del 476 erano destinate alla formazione superiore dei sacerdoti, divennero il luogo dell’apprendimento elementare dei laici.

Il ruolo della chiesa nell'educazione

Ma nel 529 il concilio di Vaison stabilì che i parroci rurali dovevano poter insegnare a leggere il libro dei Salmi e altre parti della Sacra Scrittura, così la chiesa assunse il compito di formatrice culturale dapprima appartenuto all’impero e inaugurò un’autonoma politica culturale volta all’evangelizzazione delle campagne.

L'analfabetismo e la politica carolingia

Infatti tra VI e VII secolo l’epistolario di Gregorio Magno, la fonte più importante che possediamo di quest’epoca (poco illuminata dai documenti), mette in evidenza l’analfabetismo dei laici e la necessità, percepita dal pontefice, di divulgare la parola divina. Dall’VIII secolo la diffusione di scuole monastiche nei monasteri permise lo sviluppo di nuovi fermenti culturali. La politica culturale messa in atto dai sovrani Carolingi, volta a migliorare i meccanismi della formazione cultuale, si mosse su tre punti: riformò la liturgia affinché tutti i chierici dell’impero pregassero allo stesso modo, migliorò la formazione del clero soprattutto nella conoscenza del latino e riaffermò l’importanza della scrittura nel diritto e nell’amministrazione. Tuttavia, sebbene questa politica condusse a una «crescita qualitativa delle competenze all’interno di un contesto alfabetizzato», Carlo Magno e i suoi successori si dimostrarono incapaci di modificare sostanzialmente il contesto ereditato di una società analfabeta, in cui la cultura scritta rimaneva saldamente in mano ai chierici.

Il tempo continuo della storia, Le Goff

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