Concetti Chiave
- Le incursioni di Saraceni, Vichinghi e Ungari hanno esposto la debolezza del Sacro Romano Impero, contribuendo al suo indebolimento.
- Il sistema di vassallaggio, sebbene inizialmente un punto di forza, conteneva elementi disgregatori che portarono alla frammentazione del potere centrale.
- I signori locali hanno iniziato a usurpare prerogative del re, come l'amministrazione della giustizia e la leva militare, indebolendo ulteriormente l'autorità centrale.
- L'impoverimento del patrimonio fondiario regio e la mancanza di una burocrazia centralizzata hanno accentuato il declino del potere centrale.
- La divisione dell'Impero tra gli eredi del sovrano ha trasformato lo Stato in un'entità privatistica, contraria alle concezioni giuridiche romane.
Le incursioni esterne
Le incursioni dei Saraceni, dei Vichinghi e degli Ungari contribuirono dall’esterno a indebolire ulteriormente il sistema politico del Sacro Romano Impero e a mettere a nudo la debolezza delle autorità centrali. La crisi però aveva radici più profonde e in gran parte era dovuta proprio a quelle Istituzioni che costituivano il fondamento dell’ordinamento carolingio.
Il vassallaggio e le sue conseguenze
Il vassallaggio, che era stato uno dei punti di forza del potere di Carlo Magno, conteneva, infatti, in sé potenti forze disgregatrici, come la tendenza a pretendere l’eredità dei feudi – quella dei feudi maggiori fu stabilita da Carlo il Calvo con il Capitolare di Quierzy nell’877 – la costante appropriazione da parte dei signori locali di prerogative un tempo spettanti al re (l’amministrazione della giustizia, la leva militare ecc), il moltiplicarsi dell’omaggio a più signori spesso in lotta fra loro. Quest'insieme di fattori aveva portato al costituirsi di innumerevoli nuclei di potere autonomo che sfuggivano al controllo del potere centrale e lo indebolivano.
Problemi interni dell'Impero
A ciò si devono aggiungere l’impoverimento continuo del patrimonio fondario regio e la mancanza di una solida burocrazia centralizzata. L’Impero, infatti, veniva ogni volta spartito fra i figli del vescovo del sovrano, a ciascuno dei quali toccava una porzione del territorio. Queste spartizioni, del resto, dimostravano che lo Stato era considerato alla stregua di un bene privato estraneo invece alle concezioni giuridiche romane.