Concetti Chiave
- Il 2011 è stato segnato dalle rivoluzioni democratiche nei paesi arabi, con il "manifestante" eletto personaggio dell'anno dalla rivista Time.
- Le proteste in Tunisia, Egitto e Libia sono state delle reazioni contro governi autoritari, con esiti diversi tra loro.
- Il movimento degli indignati è emerso come risposta alla crisi economica globale, coinvolgendo soprattutto la "generazione precaria".
- Internet e i social network hanno avuto un ruolo cruciale nel coordinamento e nella diffusione delle proteste, sfidando la censura.
- Nonostante le differenze regionali, i movimenti globali hanno condiviso l'uso delle nuove tecnologie per organizzarsi e comunicare.
Indice
Il manifestante dell'anno
È "il manifestante" il personaggio dell'anno per la rivista Time. Il 2011 è stato l'anno delle rivolte in Egitto, Tunisia, e Libia, paesi in cui le modalità e i destini delle rivoluzioni democratiche sono stati diversi. È stato, però, anche l'anno del movimento degli indignati e di tanti gruppi che si sono autorganizzati in Europa e nel mondo per fronteggiare il momento di grave crisi internazionale. Analizzare il fenomeno, tenendo anche in considerazione il ruolo svolto da internet e dai social network nell'ambito degli stessi movimenti.
Rivolte e primavera araba
Non un capo di stato, né una rock star o un astronauta. Non un premio Nobel, né un attore del cinema. A trionfare come personaggio dell’anno sulla copertina della rivista americana Time è stato quest’anno “il manifestante”, con evidente riferimento già nell’illustrazione, al fenomeno noto come “primavera araba”, un fenomeno sviluppatosi a partire dalla fine del 2010, e protrattosi durante l’arco di tutto l’ultimo anno. Con questa definizione si intendono le sollevazioni popolari che hanno coinvolto diversi paesi mediorientali e nordafricani, e hanno visto moltissimi cittadini scendere in piazza, anche in maniera violenta, nel tentativo, poi più o meno riuscito, di conquistare diritti civili fino a quel momento considerati un tabù. Si tratta, va detto, di paesi assai diversi tra loro, anche se tutti caratterizzati da una forma di governo fortemente autoritaria. È il caso per esempio della Tunisia, dove le proteste sono cominciate dopo il suicidio di un ambulante di Sidi Bouzid, datosi fuoco a seguito del sequestro della sua merce, da parte della polizia. Un movimento di protesta già da tempo pronto a esplodere, si è dopo quest’evento rapidamente organizzato, e le manifestazioni susseguite in tutto il paese, fino a che, nel mese di gennaio, il presidente Ben Ali è stato costretto, dopo ben ventiquattro anni di potere, a dimettersi. Ancora, particolarmente importante è quello che è accaduto in Egitto, dove tra gennaio e febbraio il movimento di protesta ha conosciuto una forte e sanguinosa repressione da parte del presidente Moubarak (poi dimessosi), e in maniera ancora più radicale in Libia, dove le proteste per chiedere l’abbandono del potere da parte del leader Gheddafi, sono sfociate in una vera e propria guerra civile.
Crisi mondiale e generazione precaria
Se il 2011 è stato l’anno del “manifestante”, però, non è solo grazie alle lotte e alle conquiste della generazione 2.0 in paesi come la Tunisia, l’Egitto, la Libia, o la Siria, dove il governo del presidente Al-Asad prova a resistere in ogni modo, effettuando una violenta repressione contro qualsiasi tipo di contestazione. L’anno della grande crisi mondiale - o meglio l’anno in cui la crisi che ormai va avanti da un bel po’ ha colpito tutti più fortemente - ha visto, infatti, una sorta di reazione d’orgoglio da parte di tanta parte di popolazione, in particolar modo di quella che più sta accusando le storture, e più sta vivendo sulla propria pelle, i problemi del tardo capitalismo del duemila. In paesi dove lo stato di diritto è (più o meno, a seconda dei casi) garantito dalle costituzioni, infatti, i problemi principali sono quelli che coinvolgono l’ormai celebre “generazione precaria”, quella fascia di cittadini compresi tra i venti e i quarant’anni che, soprattutto a causa dell’estremizzazione di un concetto quale quello della flessibilità del lavoro, si trovano ormai da anni in una specie di limbo sociale, impossibilitati a veder riconosciuto “completamente” il proprio ruolo (soprattutto lavorativo-economico) all’interno della società. Una società che è sì pronta a utilizzarli come risorsa, ma troppo spesso è incapace di ricambiare, fornendogli le tutele e i diritti adeguati, necessari a una sopravvivenza degna dell’apporto che invece danno all’economia.
Movimento degli indignati
Nato in Spagna, e successivamente sviluppatosi in tutta Europa, raggiungendo anche gli Stati Uniti e persino alcuni paesi asiatici, il movimento degli “indignati” è un movimento non violento, essenzialmente di giovani, che protestano contro le gravi situazioni economiche in cui versano i propri paesi, tenendo però ben presente come i problemi del proprio giardino siano collegati con quelli della finanza mondiale. Da un punto di vista pratico, gli indignati chiedono risposte, da parte dei governi, a favore e a tutela delle fasce economiche più deboli, in particolar modo in tema di lavoro e stato sociale. Altri momenti importanti, poi, durante lo scorso anno, hanno visto sotto i riflettori alcuni movimenti di cittadini che hanno provato (purtroppo in molti casi in maniera vana) a far valere i propri diritti nelle maniere più disparate possibili. È quello che è accaduto in Italia, per esempio, dove l’utilizzo della violenza, a cui è ricorso un numero tutt’altro che irrilevante di giovani, nel corso della grande manifestazione del 15 ottobre a Roma, ha avuto l’unico effetto di spaccare in due il movimento locale. O ancora in Russia, dove le proteste contro i presunti brogli nel corso delle elezioni, che avrebbero enormemente favorito il partito dell’ex presidente Putin, non sembrano aver condotto ad alcun risultato concreto.
Tecnologia e proteste
Una cosa, tuttavia, che accomuna tutti questi movimenti, è la centralità assunta dalle nuove tecnologie, in particolare dall’utilizzo di internet, o meglio della sua applicazione più immediata, nell’ambito delle proteste che hanno caratterizzato l’ultimo anno. Se nel corso della primavera araba, infatti, o delle proteste in Russia, i social network e in particolar modo Facebook e Twitter hanno assunto la doppia funzione di coordinamento per i manifestanti e di testimonianza degli eventi (in paesi dove fortissima è la censura, a tutti i livelli), per quanto riguarda gli indignati, internet è addirittura stata quella base capace di costruire un dibattito che ha portato (nonostante molte siano le inadeguatezze, rispetto alle esigenze di una così vasta “base”) alla costituzione di un vero e proprio movimento internazionale.
Domande da interrogazione
- Chi è stato nominato "personaggio dell'anno" dalla rivista Time nel 2011?
- Quali paesi sono stati coinvolti nelle rivolte della primavera araba?
- Qual è stato il ruolo di internet e dei social network nei movimenti di protesta del 2011?
- Quali sono stati i principali obiettivi del movimento degli "indignati"?
- Quali sono stati alcuni degli effetti delle proteste in Italia e Russia nel 2011?
Nel 2011, la rivista Time ha nominato "il manifestante" come personaggio dell'anno, in riferimento alle rivolte e ai movimenti di protesta che hanno caratterizzato l'anno, come la primavera araba.
Le rivolte della primavera araba hanno coinvolto paesi come Egitto, Tunisia, Libia e Siria, dove i cittadini hanno protestato contro governi autoritari per ottenere diritti civili.
Internet e i social network hanno avuto un ruolo centrale nei movimenti di protesta del 2011, fungendo da strumenti di coordinamento e testimonianza, specialmente in paesi con forte censura.
Il movimento degli "indignati" ha protestato contro le gravi situazioni economiche, chiedendo ai governi risposte a favore delle fasce economiche più deboli, in particolare in tema di lavoro e stato sociale.
In Italia, le proteste del 15 ottobre a Roma hanno diviso il movimento locale a causa della violenza, mentre in Russia le proteste contro i presunti brogli elettorali non hanno portato a risultati concreti.