Concetti Chiave
- Dopo la Grande Guerra, il Trattato di Versailles impose pesanti riparazioni economiche e territoriali alla Germania, contribuendo a un clima di instabilità in Europa.
- L'Italia, pur essendo tra i vincitori, affrontò gravi tensioni interne dovute a disparità economiche regionali e una deludente "Vittoria mutilata" che non soddisfece le aspettative nazionaliste.
- Il periodo del biennio rosso (1919-1920) fu caratterizzato da scioperi e manifestazioni in Italia, con richieste di migliori condizioni lavorative e redistribuzione delle terre.
- L'ascesa del Partito Fascista, guidato da Benito Mussolini, fu favorita dal supporto degli industriali, il disorientamento socialista e la debolezza dei governi successivi.
- Nel 1922, la marcia su Roma portò Mussolini al potere, instaurando un regime totalitario che limitava le libertà politiche e civili, culminando in leggi che consolidavano il controllo fascista.
Indice
- Conseguenze del congresso di Parigi
- Genocidio armeno e crisi economica
- Inflazione e disoccupazione post-bellica
- Disparità economiche in Italia
- Rivolte e biennio rosso
- Ascesa del partito fascista
- Giolitti e la crisi politica
- Marcia su Roma e regime fascista
- Assassinio di Giacomo Matteotti
- Leggi fascistissime e repressione
- Patti Lateranensi e religione di Stato
- Crisi del 1929 e politiche economiche
- Invasione dell'Etiopia e autarchia
Conseguenze del congresso di Parigi
La pace data dal congresso di Parigi, dopo la Grande Guerra, fu molto pesante per i paesi vinti: la Germania, dichiarata colpevole della grande guerra venne costretta a restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia, concedervi lo sfruttamento dei giacimenti di carbone della Saar (ovvero un bacino tedesco) e pagare 132 miliardi di marchi per riparazioni di guerra.
Genocidio armeno e crisi economica
Tra le altre drammatiche conseguenze della guerra si ricorda il primo genocidio dell’XX secolo. I turchi accusarono gli armeni delle loro sconfitte contro la Russia e in pochi mesi la popolazione armena passò da due milioni di abitanti a quattrocentomila.
Inflazione e disoccupazione post-bellica
Oltre ai danni fisici però, ci furono anche danni economici molto importanti, infatti i paesi che parteciparono al conflitto investirono ingenti somme di denaro per la produzione di armi e al contempo le fabbriche si convertirono dalla produzione di beni comuni a materiali bellici. Questo cambiamento incise molto sull’aspetto del lavoro, molte fabbriche fallirono e di conseguenza licenziarono molti operai. L’indebitamento degli stati durante la guerra portò a stampare più banconote e di conseguenza alla svalutazione della valuta. L’inflazione, a quel punto, aveva raggiunto livelli altissimi e i reduci della guerra che ritornavano a casa si sentivano presi imbrogliati perché al posto di trovare condizioni migliori come gli era stato promesso, ne trovarono di peggiori.
Disparità economiche in Italia
L’Italia, pur essendo tra i vincitori aveva grandi difficoltà interne: lo stato aveva investito nello sviluppo di grandi imprese al Nord e ciò accentuava maggiormente la disparità tra Settentrione e Meridione; l’inflazione aumentava a dismisura e la svaluta della moneta portò ad un altissimo elevamento del prezzo dei beni. Lo stato era quindi costretto ad importare i materiali e le risorse dall’estero, svantaggiando l’economia locale.
Rivolte e biennio rosso
Queste condizioni misero in crisi sia gli abitanti del meridione che non avevano ricevuto le terre promessegli, sia gli operai del Nord, i quali facevano fatica a trovare lavoro vista la scarsità delle fabbriche. Anche emigrare in America era diventato difficoltoso visti i requisiti che ciò richiedeva (bisognava non essere analfabeti). In queste condizioni non poteva che non scoppiare una rivolta, e nel biennio tra il 1919 e il 1920, (detto biennio rosso) la popolazione insorge con scioperi e manifestazioni, ottenendo così una diminuzione delle ore lavorative e una parziale redistribuzione delle terre.
Ascesa del partito fascista
A causare il malcontento della popolazione era anche la cosiddetta “Vittoria mutilata” perché secondo i nazionalisti gli altri stati non avevano riconosciuto l’importanza dell’Italia in trincea, non assegnandole quindi la città di Fiume e una parte della Dalmazia. Alle elezioni del 1919 si inserì un nuovo partito: il Partito popolare italiano (Ppi), che ai voti ottenne un grande successo ma nonostante avesse preso più del 20% dei voti, vinse il partito Socialista con il 32%. Questo, era però diviso in due sottoinsiemi, le cui idee divennero col tempo sempre più inconciliabili. I riformisti appoggiavano il popolo con riforme graduali. I secondi invece (i massimalisti) erano più radicali e puntavano ad una rivoluzione socialista.
Tra questi si formerà anche il primo partito comunista nel 1921. Dunque con le elezioni la situazione era peggiorata perché il distacco tra i due “sottopartiti” impediva ai Nazionalisti di avere un governo unito e forte. Tra i partiti in lista ce n’era uno che non ottenne più di un migliaio di voti ovvero il partito Fascista, con al vertice Benito Mussolini. Successivamente venne però cacciato a causa delle sue idee interventiste e antifasciste. Nel 1921 nasce il Partito nazionale fascista che aveva però un programma confuso e antisocialista.
Giolitti e la crisi politica
Nel 1920 ritorna al governo il liberale Giovanni Giolitti che fu subito obbligato a liberare militarmente Fiume che nel trattato di Rapallo tra Italia e Jugoslavia era stata dichiarata città libera. In settembre si realizzò uno dei timori di Giolitti: le fabbriche vennero “assediate” dagli operai, che ora le controllavano e fu costretto ad accettare alcune richieste da parte dei lavoratori. Ad una pessima situazione politica si aggiunse un’altrettanto pessima situazione economica, infatti le banche fallivano, aumentava la disoccupazione e i salari diminuivano. A questo punto il terreno era fertile per la crescita di un partito simile a quello di Mussolini, il quale sembrava avesse la capacità di smorzare la rabbia della piccola e brande borghesia. Da subito i fascisti crearono delle squadre d’azione che avevano il compito di sopprimere, anche con l’utilizzo delle armi, qualsiasi movimento contrario a quello fascista. I tre principali fattori che portarono al successo il partito fascista furono il sostegno degli industriali e dei latifondisti, il disorientamento del movimento socialista e l’appoggio di vari funzionari e organi dello stato.
Marcia su Roma e regime fascista
Dopo la caduta di Giolitti, al governo salirono governi deboli e nell’Ottobre 1922, 50 000 uomini con la camicia nera marciarono su Roma dando dimostrazione di forza. Vittorio Emanuele III affidò a Mussolini (che nel frattempo aspettava a Milano) l’incarico di formare un nuovo governo. Con questo fatto l’Italia si avviò a diventare un regime totalitario. Ottenne grande appoggio popolare nella speranza che mettesse fine a violenze ma si comportò diversamente ed i poteri del parlamento vennero assunsi dal “Gran consiglio del fascismo” ed entrò in funzione un esercito privato fascista (Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) che venne usato per soffocare le voci opposte al regime fascista.
Assassinio di Giacomo Matteotti
Nel 1924, dopo le elezioni, venne rapito e ucciso da dei sicari fascisti Giacomo Matteotti, un socialista che in parlamento tenne un discorso per denunciare l’irregolarità della vittoria. Mussolini non fu coinvolto nel processo nonostante fosse chiaramente il colpevole di quel delitto. In segno di protesta, molti parlamentari oppositori di Mussolini si ritirarono dal parlamento ma, sebbene questo gesto avesse avuto un forte impatto, ancora una volta Vittorio Emanuele III non reagì, permettendo a Mussolini di non pagare per i suoi reati.
Leggi fascistissime e repressione
Successivamente cominciò un periodo di fascistizzazione dello Stato e vennero emanate le “Leggi fascistissime” le quali miravano a concentrare i poteri nelle mani di Mussolini. Queste abolirono il controllo vicendevole dei tre poteri dello Stato: il capo del governo era solo sotto la giurisdizione del re, al quale doveva rispondere del suo operato; venne dato al governo il potere di emanare leggi senza l’esame del parlamento. Venne abolita la possibilità di stampaggio di qualsiasi giornale che comunicasse idee antifasciste e tutti i partiti al di fuori di quello fascista vennero dichiarati illegali. Venne instaurato inoltre un Tribunale Speciale per i reati politici. Tra le altre riforme del partito fascista vi fu la reintroduzione della pena di morte, gli oppositori vennero quindi perseguitati e uccisi; altri scapparono in Francia.
Patti Lateranensi e religione di Stato
Ben presto Mussolini si accorse che era impossibile ignorare la potenza cattolica in Italia e nel 1929 giunse a firmare col Papa i Patti Lateranensi, i cui punti principali riguardavano la sovranità del Papa nella zona circostante alla basilica di S. Pietro (Città del Vaticano), il pagamento di un’indennità dallo stato verso il Vaticano come risarcimento dei danni causati con la presa di Roma e la dichiarazione della religione cattolica come religione di Stato e cominciò quindi ad essere insegnata nelle scuole pubbliche. Nonostante ciò molti cattolici rimasero contrari al regime fascista e si unirono agli oppositori.
Crisi del 1929 e politiche economiche
Il fascismo si fece promotore di un’economia liberista, lasciando libertà ai privati e al contempo intervenendo a sostenere le aziende in difficoltà. Dopo questo periodo di crescita economica arrivò una grande crisi (la crisi del 1929) e per far fronte all’inflazione che aumentava incontrollatamente, Mussolini decise di rivalutare la lira stabilendo che una sterlina sarebbe valsa 90 lire. Per dare lavoro ai disoccupati si decide di investire in grandi opere pubbliche, come la bonifica, nel 1928, dell’Agro Pontino. Un altro provvedimento che venne preso fu creare l’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale) con il quale molte industrie e banche vennero salvate dal fallimento.
Invasione dell'Etiopia e autarchia
Per distrarre il popolo dalla crisi, Mussolini tentò di ricostruire un impero coloniale e nel 1935 invase l’Etiopia e la conquistò usando anche delle armi proibite dalle convenzioni internazionali. Approfittò di questa occasione per celebrare la potenza del governo fascista e definendosi l’erede dell’impero romano. Dopo aver violato gli accordi internazionali, Mussolini viene sanzionato economicamente e per rimediare a questo provò in tutti i modi a rendere l’Italia autosufficiente e che quindi non importasse dall’estero risorse come il grano ma al contrario esportasse di più. Per fare ciò convertì campi prima adibiti alla coltivazione del pregio in campi di grano danneggiando, però, gli allevamenti e le coltivazioni del Nord.
Domande da interrogazione
- Quali furono le conseguenze economiche e sociali della Grande Guerra per l'Italia?
- Come si sviluppò il Partito Fascista in Italia?
- Quali furono le principali azioni intraprese dal regime fascista per consolidare il potere?
- In che modo il fascismo cercò di affrontare la crisi economica del 1929?
- Quali furono le conseguenze dell'invasione dell'Etiopia da parte dell'Italia fascista?
L'Italia affrontò gravi difficoltà economiche e sociali dopo la Grande Guerra, tra cui inflazione elevata, disoccupazione, e disparità regionali accentuate. La situazione portò a scioperi e manifestazioni, culminando nel biennio rosso del 1919-1920.
Il Partito Fascista, guidato da Benito Mussolini, inizialmente ottenne pochi voti ma crebbe grazie al sostegno degli industriali, al disorientamento socialista e all'appoggio di funzionari statali. La marcia su Roma nel 1922 segnò l'inizio del regime fascista.
Il regime fascista emanò le "Leggi fascistissime" per concentrare il potere nelle mani di Mussolini, abolendo il controllo reciproco dei poteri dello Stato e sopprimendo l'opposizione politica e la libertà di stampa.
Mussolini rivalutò la lira e investì in grandi opere pubbliche per creare lavoro. Fu istituito l'Iri per salvare industrie e banche dal fallimento, e si tentò di rendere l'Italia autosufficiente.
L'invasione dell'Etiopia nel 1935 portò a sanzioni economiche internazionali contro l'Italia. Mussolini cercò di celebrare la potenza fascista, ma le azioni danneggiarono ulteriormente l'economia italiana.